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FESTIVAL PRINTEMPS DES ARTS 2021. -di Marta Romano

Tedi Papavrami, OPMC-Kazuki Yamada. Foto Alice Blangero Tedi Papavrami, OPMC-Kazuki Yamada. Foto Alice Blangero

L’edizione 2021 del Festival Printemps des Arts si è svolta dal 13 marzo all’11 aprile, ma quasi per miracolo, poiché in piena pandemia. Il Principato di Monaco e Monte-Carlo è uno dei rari luoghi (insieme alla Spagna e alla Russia) in cui la musica veniva suonata in presenza di pubblico. La crisi sanitaria è stata una sfida enorme per i suoi organizzatori, l’edizione 2020 è stata annullata alla vigilia della sua inaugurazione e il festival di quest’anno è stato seriamente minacciato.
Il Printemps des arts appena concluso, concentrato in 5 weekend con concerti programmati nella mattina e nel primo pomeriggio per tenere conto del coprifuoco delle ore 19, si è svolto comunque regolarmente, con successo di pubblico, sebbene distanziato e munito di mascherine e la gioia degli interpreti, solisti, orchestre e formazioni da camera, felici di potersi finalmente esibire dal vivo di fronte a spettatori partecipi, entusiasti e talvolta persino commossi.
Quattro prime assolute commissionate a Sebastian Rivas, Gérard Pesson, Fréderic Durieux e Marco Stroppa, musiche inedite di Liszt, la produzione della Scuola di Vienna, la musica francese per clavicembalo e per pianoforte sono stati alcuni degli assi su cui è stata imbastita la programmazione 2021. Tra i protagonisti figuravano l’Orchestre Philarmonique de Monte-Carlo, l’Ensemble Les Siècles, i violinisti Tedi Papavrami e Renaud Capuçon, il pianista Bertrand Chamayou, i virtuosi del clavicembalo Olivier Baumont e Pierre Hantaï.

Aline Piboule. Foto Alice Blangero

Il successo del Printemps des arts di quest’anno e delle passate edizioni è dovuto alla direzione artistica del festival, curata dal compositore Marc Monnet, che lo saluta dopo diciannove anni, gli succederà dal 2022 il compositore Bruno Mantovani.
Dal 2003 Monnet costruisce a Monaco un’esperienza musicale unica nell’ambito del panorama dei festival europei, presentando una programmazione che mescola stili ed epoche differenti, dalla musica tradizionale della Cambogia e del Congo a Kagel, dai quartetti di Beethoven a Stockhausen, dai dervisci rotanti a ritratti dedicati a Bach, Sibelius e Donatoni alla musica del Marocco. Nell’arco di quasi un ventennio sono state commissionate dal festival monegasco 68 creazioni. A queste prime assolute si aggiungono operazioni originali che spaziano dagli incontri tra artisti e pubblico, alla creazione di un nuovo e vincente format, il “viaggio a sorpresa”, l’ideazione di un’etichetta discografica del festival, l’inclusione di luoghi non convenzionali.
Sorpresa, curiosità, volontà divulgativa condita da un sapido sense of humour sono il diktat di ogni missione artistica di Marc Monnet: rivoluzionare i rituali di ascolto e inventare nuovi modi di fruire la musica, sradicando cliché e pregiudizi, al fine di coinvolgere più pubblico possibile, (dai giovanissimi e di tutte le fasce sociali), per condurlo in un viaggio alla scoperta di universi sonori di generi ed epoche differenti. Grazie ad un progetto audace e visionario, ma al contempo meditato e pianificato con cura, Monnet lascia al festival di Monte-Carlo un pubblico fedele, curioso disponibile all’ascolto di generi e autori diversi confortato da un rapporto di fiducia verso un progetto artistico sempre teso a porre al centro le esigenze del pubblico ma al contempo attento a non abbassare l’asticella della qualità.

Marta Romano

Ultima modifica il Sabato, 01 Maggio 2021 12:18

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