giovedì, 05 dicembre, 2024
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La parola che dischiude la resilienza del teatro. La drammaturgia conquista la scena del teatro sospeso dalla pandemia. -di Nicola Arrigoni

"Dead man waiting" di Manlio Marinelli "Dead man waiting" di Manlio Marinelli

La parola che dischiude la resilienza del teatro
La drammaturgia conquista la scena del teatro sospeso dalla pandemia
Le esperienze di «Prove generali di solitudine», «Mezz’ore d’autore» e «Pubblicazione»
di Nicola Arrigoni

«Chiamare intorno all’immagine il più e il meglio della parola, del gesto, della memoria. Saggiare sui nuovi e sui vecchi testi i nuovi modi che il nuovo teatro propone, intenso come attuale e istantaneo itinerario da persona a persona attraverso il verbo fatto proprio della persona, ciascuno rivelandosi nel concorso della vita di tutti, accresciuto ognuno della vita di tutti». Così scriveva Mario Apollonio, docente di storia del teatro e ideatore dell’indirizzo di Comunicazioni sociali dell’Università Cattolica, nel pezzo d’apertura dei quaderni di Drammaturgia, nel primo numero, datato Inverno 1954. «Drammaturgia» cessò le pubblicazioni con il numero di Primavera 1959, cinque anni di intense riflessioni sulla parola, la centralità del coro, l’attore come corpo mistico del verbo e il teatro come collante di comunità. Intorno a Drammaturgia, Mario Apollonio costruì i Circoli, una comunità chiamata a riflettere sul teatro, su trittico: Parola, Attore e Coro. La prosa impegnativa di Apollonio rappresenta lo sforzo sofferto e partecipato di un intellettuale intento a recuperare la potenza del teatro, attraverso la parola condivisa con un coro e incarnata dall’attore, una tensione forse oltrepassata, antica, anacronistica che riemerge oggi in tempi di teatri chiusi e di pervasività di una nuova medialità. In questo senso appaiono profetiche le parole di Sisto Della Palma che nel volume che raccoglie gli scritti del suo maestro, Mario Apollonio, pubblicati dalla Fondazione Civiltà Bresciana, osserva: «Alla dislocazione irresistibile del teatro verso un’altra scena, verso gli orizzonti inquietanti della medialità, può conseguire, come controtendenza, una parola che si fa voce, corpo vivente, espressione totale, astro incarnato nelle umane tenebre».
Perché questa lunga premessa? perché scomodare un intellettuale quanto mai antiquato, soprattutto nel suo linguaggio ampolloso e denso di tensione? Perché torna prepotente la parola del teatro e per il teatro? La scrittura come mezzo proiettato a una oralità incarnata è tornata profondamente protagonista nel tempo che si sta vivendo in cui distanziamento sociale, comunicazioni da remoto, assenza di teatro dicono di una clausura che toglie il respiro eppure sollecita un fiorire di iniziative di resilienza che nella parola scritta – comunicazione asincrona per eccellenza – trova il corpus di una coralità del sentimento, del vivere comune, sospesi in un presente infinito, richiusi in spazi domestici che gli orizzonti inquietanti della medialità proiettano in un altrove comune, in un ovunque indistinto in cui la voce del racconto è appiglio di vita. In questo senso l’invito a scrivere, raccontarsi, il bisogno di immaginare una parola teatrale che documenta lo spettacolo inatteso della pandemia si è moltiplicato in esperienze di scrittura sospese fra concorsi a premi e mise en espace… Piace allora raccontare tre esperienze differenti di drammaturgia che vivono sotto la comune esigenza: di affidare alla parola teatrale il sentire, il documentare la pandemia come Prove generali di solitudine, coordinato da Carrozzeria Orfeo, Mezz’ora d’autore di Fondazione Teatro Due di Parma e Pubblicazioni del Teatro i di Milano. Si tratta di tre esperienze, diverse per temperatura e modalità che raccontano di come la drammaturgia, la parola siano diventati strumenti di resistenza all’assenza del teatro, all’impossibilità del contatto fisico. La parola che fa, la parola che scritta per essere detta trasforma e ci fa sentire meno soli.

Prove generali di solitudini
A raccontare Prove generali di solitudine è lo stesso Gabriele Di Luca, regista di Carrozzeria Orfeo: «Durante il primo lockdown abbiamo ideato Prove generali di solitudine, un concorso di scrittura teatrale aperto a tutti, con il patrocinio di Fondazione Cariplo e il sostegno di Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro Bellini di Napoli, Teatro Nazionale di Genova, in collaborazione con PAC Paneacquaculture.net. Il progetto è nato per contribuire attivamente all’emergenza attraverso una nuova sfida: intercettare il maggior numero di sensibilità possibili da coinvolgerle in un percorso di indagine creativa sulle disfunzioni del presente con lucidità critica e ironia. Abbiamo chiesto di fare testi di non più di tre pagine, prendendo come modello la stand-up comedy con parole chiave: contagio, #andràtuttobene, complotto». E se la pandemi ha fatto da ovvio sfondo a molti dei testi, le drammaturgie inviate hanno raccontato di un paese tutt’altro che rassegnato, ma si era nel primo lockdown, in cui comicità e atti di denuncia si intersecano sotto il segno di dati di realtà mediati da stupore, rabbia, ironia se non feroce comicità: «Ne sono fuoriusciti pezzi curiosi, feroci j’accuse come situation comedy legate all’impossibilità di incontrarsi, agli imprevisti del lockdown – prosegue Di Luca -. L’iniziativa, accolta con grande attenzione e segni di gratitudine, ha saputo intercettare vari pubblici non solo teatrali, rispondendo a un bisogno diffuso: circa 2000 i testi ricevuti, 12 i vincitori per un montepremi complessivo di 4000 euro con quattro presidenti di giuria di tutto rispetto: Luca Zingaretti, Vinicio Marchioni, Paola Minaccioni, Lino Guanciale»

Mezz’ore d’autore di Fondazione Teatro Due

Mezz’ore d’autore di Fondazione Teatro Due
Con Mezz’ore d’autore, Fondazione Teatro Due lancia il proprio contest drammaturgico, accade a dicembre. L’invito è a produrre un testo che non duri più di mezz’ora, è questa l’unico paletto, per il resto possono partecipare autori di ogni fascia d’età, l’importante è che il testo sia inedito e originale. Al teatro di Parma sono arrivati oltre 300 testi che la commissione esaminatrice ha valutato, letto, analizzato, selezionandone otto. A confrontarsi con i 300 elaborati è stato un gruppo di professionisti che ha offerto al giudizio complessivo il proprio punto di vista registico, drammaturgico, attoriale, produttivo. Roberto Cavosi ha offerto il punto di vista del drammaturgo, Lisa Ferlazzo Natoli l’occhio dell’esperienza della scena e Tamara Török del Teatro Katona di Budapest lo sguardo internazionale del dramaturg. Roberto Abbati e Paola De Crescenzo (rappresentanti dell’Ensemble Teatro Due) hanno incarnato l’approccio attorale e Paola Donati la visione d’insieme del direttore di teatro. A questi si sono aggiunti la sensibilità critica della giornalista Francesca De Sanctis, l’esperienza dell’editore Mattia Visani direttore della casa editrice specializzata in teatro Cue Press, oltre che l’esperienza in campo televisivo di Giulia Morelli, creatrice di contenuti editoriali per la tv, e di Andrea Occhipinti, fondatore della casa di produzione e distribuzione cinematografica LuckyRed. La scelta della giuria ha premiato otto testi: Focus group di Marco Di Stefano, Il principe dei sogni belli di Tobia Rossi, Il Fiore rosso di Maria Teresa Berardelli, Ottavo Livello di Giuseppe Viroli, Le conseguenze del surriscaldamento globale di Giulia Lombezzi, Il Serraglio di Carlo Galiero, Dead man waiting di Manlio Marinelli e Bestie incredule di Simone Corso. I testi sono stati affidati all’ensemble attoriale di Fondazione Teatro Due Roberto Abbati, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Davide Gagliardini, Luca Nucera, Massimiliano Sbarsi, Nanni Tormen, Emanuele Vezzoli insieme a Marina Occhionero che ne hanno proposto letture a tavolino, filmate e poi trasmessa sui canali social di Teatro Due. La regia video e il montaggio sono stati curati da Lucrezia Le Moli. Ed in merito la regista Le Moli osserva: «Lo stallo forzato si è trasformato in opportunità di creazione e abbiamo studiato le possibilità che il video ci poteva offrire. In teatro è difficile mostrare un primo piano, una prospettiva zenitale o isolare la reazione di un attore, mentre in questa dimensione abbiamo potuto farlo. Intimità, segretezza, tensione sono state le nostre parole d'ordine - racconta Lucrezia Le Moli - Gli attori sono colti in quella fase della prova che precede l’andata in piedi, abbiamo fatto la scelta precisa di averli sempre presenti, anche quando si limitavano al ruolo di ascoltatori. Ci siamo convinti che l'immaginazione andasse nutrita, ci sembrava che il pubblico lo esigesse. Partendo da questo assunto, abbiamo esasperato l’assenza: nessuna scenografia, le americane sono a vista, non c’è alcuna musica diegetica né tantomeno extradiegetica, la platea è ossessivamente vuota e ci siamo totalmente negati l'utilizzo di costumi e di oggetti di scena». I contenuti dei diversi appuntamenti: i testi sono stati raggruppati a due a due sono visibili sui canali social e sul sito del Teatro Due di Parma e saranno disponibili gratuitamente fino al termine del mese di aprile 2021.
Tratto distintivo e per certi versi comune dei lavori è un senso più o meno ricorrente di costrizione, di impedimento fisico o metafisico di libertà, una sorta di rispecchiamento conscio o inconscio della situazione che stiamo vivendo. E allora che si tratti dell’araba fenice de Il serraglio di Carlo Galiero, piuttosto che dei genitori tiranneggiati dalla figlia eco-friend de Le conseguenze del surriscaldamento globale di Giulia Lombezzi o della situazione costrittiva vissuta dal protagonista di Ottavo livello di Giuseppe Viroli il tema comune sembra essere quello dell’impossibilità di agire, si racconta di una situazione vessatoria imposta o auto/imposta al protagonista. In questo contesto si pone anche Focus Group di Marco Di Stefano in cui un apparente traguardo del posto fisso si traduce in una estenuante tortura: In Dead man walking di Manlio Marinelli la banalità del male accomuna due uomini intenti a preparare la stanza per l’esecuzione di un condannato a morte. Non mancano ovviamente riferimenti alla situazione pandemica, ma raccontata con una sorta di sguardo rivolto al passato di un narratore che in un lontano futuro guarda al nostro presente con il distacco di una situazione definitivamente trascorsa. Ed è questo che accade in Bestie incredule di Simone Corso. Tutto ciò – in una veloce e non esaustiva disanima dei testi selezionati dalla giuria di Teatro Due – per dire che nel transfert della scrittura emerge più o meno inconsapevolmente una sorta di riflessione sulla condizione pandemica che stiamo attraversando. Valore aggiunto dell’iniziativa di Fondazione Teatro Due è quello di aver voluto dare corpo teatrale, respiro attoriale a quei testi che recitati dagli attori dello stabile, vengono restituiti agli spettatori in video, riprese curate da Lucrezia Le Moli, che offrono la testimonianza di un’ideale preparazione dello spettacolo legato al testo, quella lettura a tavolino che introduce lo spettatore nella possibile corporeità di una scrittura che si completa del volto, della voce, dello sguardo dell’attore che lo incarna e che si fa immagine per noi spettatori davanti al video, intenti a spiare come la scrittura diventa corpo nel rito del tavolino in un teatro che attende di essere e resiste alla sospensione della sua esistenza.

Alcuni link dei testi online:
IL SERRAGLIO/LE CONSEGUENZE DEL SURRISCALDAMENTO GLOBALE
https://www.youtube.com/watch?v=9E9kpGNcTU8
FOCUS GROUP/IL PRINCIPE DEI SOGNI BELLI
https://www.youtube.com/watch?v=FIucxHJf2KU&t=1590s
IL FIORE ROSSO/OTTAVO LIVELLO
https://www.youtube.com/watch?v=rrVUPM5j0iw&t=344s

Pubblicazioni del Teatro i di Milano
Se in un certo qual modo Mezz’ore d’autore di Teatro Due tolgono la drammaturgia dalla pagina scritta per consegnarla alla lettura a tavolino e alla sua diffusione sui social, Pubblicazioni di Teatro i esplicita una urgenza che ha mosso il diluvio drammaturgico in tenti di lockdown dell’arte teatrale: non scomparire, non essere dimenticati, promuovere azioni pubbliche, completando il trinomio della semantica del teatro comunitario di Mario Apollonio: la parola, incarnata dall’attore, ma condivisa da un coro/pubblico. In questa direzione va Pubblicazioni di Teatro i a Milano, che dalla drammaturgia, dalla scrittura passa per chiedere poi agli spettatore di farsi lettori testimoni di un rapporto quello fra palco e platea interrotto dalla pandemia. Pubblicazioni nasce con l’obiettivo di scoprire nuove autrici e nuovi autori, nuovi testi, nuove lingue, facendo in modo che la loro ricchezza possa essere accessibile a tutti attraverso una Biblioteca virtuale. L’obiettivo è quello di dare vita a uno spazio online dedicato alla drammaturgia contemporanea, accessibile dal sito web di Teatro i, dove le opere saranno disponibili in forma di estratti e ci sarà la possibilità di richiederle integralmente alla direzione del teatro: ponte tra gli autori e i lettori, ma anche future e possibili produzioni
«Alla segreteria di Teatro i sono stati recapitati 230 testi ricevuti da tutta Italia, 170 le autrici e gli autori che hanno risposto alla call, 12 i componenti di un Comitato di Lettori composto da professionisti del settore: Magdalena Barile, Federico Bellini, Chiara Lagani, Valentina Diana, Claudia Di Giacomo e Valentina De Simone di PAV, Omar Elerian, Federica Fracassi, Francesca Garolla, Renzo Martinelli, Pier Lorenzo Pisano, Michelangelo Zeno – spiegano gli organizzatori - Ciascun componente del comitato ha letto oltre 40 scritti individuando 129 titoli che presto saranno disponibili nella Biblioteca. Opere sono state realizzate da drammaturghe e drammaturghi di tutte le esperienze, di tutte le provenienze e di tutte le età – dai 17 agli 80 anni – le cui tematiche affrontano temi del presente, dalla violenza sulle donne all’integrazione della diversità, dalla malattia ai nuovi media». Ma è questo solo il primo step del progetto Pubblicazioni. Ora 100 spettatori volontari, anch’essi coinvolti grazie ad una call, sono chiamati ad individuare cinque testi, in collaborazione col comitato di esperti, destinati ad essere realizzati, da attori professionisti e a cura di Renzo Martinelli, in versione audio: podcast scaricabili dal sito di Teatro i. Le preferenze espresse dagli spettatori, che appunto andranno a sommarsi a quelle espresse dal Comitato di Lettori, permetteranno anche di scoprire, il loro coup au coeur, il colpo al cuore del pubblico.
Ed è in questo ideale passaggio di testimone, dall’autore all’attore per giungere al pubblico che con Pubblicazioni di Teatro i si compie l’itinerario di uno sviluppo corale della drammaturgia, azione del fare, progetto di un fare e un dire insieme che chiama in causa il mondo fantasmatico del teatro, bloccato, sospeso dall’emergenza sanitaria eppure vivace, vivacissimo per necessità e sopravvivenza, per virtuoasa urgenza di dire non siamo fantasmi, ci siamo ed esistiamo. «Chi sono gli scomparsi del teatro? Tutti, potremmo rispondere, in questo tempo che ha cambiato completamente le nostre abitudini e la nostra presunta normalità. Ma è vero solo in parte si chiede Francesca Garolla di Teatro i -. Ci sono ‘invisibili’ che sono più invisibili di altri. Gli autori. E gli spettatori. Coloro che sono all’inizio del processo creativo di realizzazione di uno spettacolo e coloro che ne sono i naturali destinatari. Le parole teatrali smettono di esistere quando nessuno può ascoltarle. E lo spettatore perde la sua funzione nel momento esatto in cui gli è impedito di partecipare ad una visione. Pubblicazioni nasce dalla volontà di mantenere vivo questo collegamento impalpabile, dalla necessità di rendere visibile qualcosa che non si manifesta perché, per tradizione e per ruolo, non ha voce o è dato per scontato. Ma, oggi, nulla può essere dato per scontato. E mantenere il collegamento tra chi crea e chi contribuisce alla creazione con il suo sguardo è un compito. Un compito importante che non può prescindere da un’idea di cultura ‘partecipata’. Un compito che deve essere alla base della cultura di domani».

Nell’atto drammaturgico guidar l’uomo a intender tutto il mondo
In questo senso suonano come un ammonimento profetico le parole di Mario Apollonio nell’editoriale di esordio dei quaderni di «Drammaturgia», quando scriveva: «Nell’atto drammaturgico guidar l’uomo a intender tutto il mondo, a tutto tenere di sé stesso. Convertibilità della persona nella dimensione orizzontale del mondo, nella dimensione verticale dell’essere. Val la pena che una nuova società si abitui a celebrarsi in nuove forme con questo proposito da assolvere». Ed il proposito è nella restituzione alla parola poetica, ovvero la parola che fa ed agisce (drammaturgia), il racconto del teatro che verrà e sarà dopo il Covid 19. Ed è questa la convinzione di Apollonio: «la parola, nell’attualità extratemporale del teatro, aggrega intorno a sé, istintivamente, la rispondenza dei molti e diventa l’occasione massima del loro successivo agire». E tutto ciò suona come un augurio che ben fa sperare.

Ultima modifica il Lunedì, 22 Marzo 2021 11:55

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