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"ABBECEDARIO DELLA QUARANTENA", ideazione e composizione drammaturgica di Emma Dante. -di Valeria Minciullo

"Abbecedario della quarantena", ideazione e composizione drammaturgica di Emma Dante. Foto Marco Fato Maiorana "Abbecedario della quarantena", ideazione e composizione drammaturgica di Emma Dante. Foto Marco Fato Maiorana

Abbecedario della quarantena
tratto dagli scritti degli allievi
ideazione e composizione drammaturgica di Emma Dante
elaborazione drammaturgica Carmine Maringola
movimenti distanziati di scena Sandro Maria Campagna
luci Nino Annaloro
con Serena Ganci
e Giulia Bellanca, Costantino Buttitta, Martina Caracappa, Chiara Chiurazzi, Martina Consolo, Danilo De Luca, Adriano Di Carlo, Valentina Gheza, Cristian Greco, Federica Greco, Paola Gullo, Giuseppe Lino, Beatrice Raccanello, Francesco Raffaele, Valter Sarzi Sartori, Calogero Scalici, Maria Sgro, Gianluca Spaziani, Nancy Trabona
e con Claudio Zappalà
coordinatore dei servizi tecnici Giuseppe Baiamonte
capo fonico Giuseppe Alterno
elettricista Piero Greco
primo macchinista Mario Ignoffo
macchinista Francesco La Manna
produzione Teatro Biondo Palermo

“Abbecedario della quarantena”
Saggio finale degli allievi della Scuola dei mestieri dello spettacolo diretta da Emma Dante

Con il cauto avvio della "fase 3" si sono sbloccati i confini regionali, gli studenti fuori sede, rimasti per precauzione nelle città universitarie, hanno raggiunto - pur senza riabbracciarli - i propri cari, i fidanzati lontani si sono finalmente ricongiunti. Mano a mano, le strade, i negozi, i locali, si sono ripopolati; i cinema e i teatri, dopo mesi di incognite, hanno avuto anche loro una data da cui poter ripartire.
C’è una nuova atmosfera in questo affacciarsi d’estate, una strana leggerezza, e il desiderio di lasciarci tutto alle spalle come se le parole “virus” - “lockdown” - “emergenza” non ci riguardassero più. Persino l’odiata mascherina è quasi diventata un accessorio di moda: sul viso al chiuso, al polso fuori. Ma è solo un’illusione momentanea. Ce lo ricordano i focolai che si accendono talvolta qua e là, l’emergenza non ancora finita in altre parti del mondo, le commissioni diventate snervanti, le saracinesche mai rialzate, le prenotazioni obbligatorie per i primi eventi a numero più che limitato.
Quest’esperienza è parte di ognuno di noi, anche se a volte sembra di averla soltanto sognata, ed è inevitabile non trascinarla con sé anche su un palco - adesso che finalmente si può - facendone materia di teatro.

Il primo spettacolo a tema: “Abbecedario della quarantena”

Il 14 giugno, alla vigilia dell’ufficiale riapertura dei teatri, è andato in scena a Palermo, nell’atrio del Palazzo Belmonte Riso che lo ha ospitato in anteprima nazionale, il saggio di fine corso degli allievi della Scuola dei mestieri dello spettacolo del Teatro Biondo, diretta da Emma Dante. Riservato dal vivo ai pochi spettatori che sono riusciti a prenotarsi per tempo, è stato quindi trasmesso in diretta streaming su TGS, YouTube e Facebook, com’è ormai consuetudine.
Anch’io, attraverso il mio schermo connesso col mondo, ho assistito a questa “inaugurazione”, che è stata definita da Pamela Villoresi - direttrice artistica del Biondo - una (ri)nascita dopo la gravidanza del lockdown. Un esordio di belle speranze, dunque, dove a venire alla luce - oltre al teatro, dopo mesi oscuri di quarantena - sono questi giovani attori che hanno mosso i primi passi sulla scena a conclusione dei tre intensi anni di formazione. Connessi via Skype, ma soprattutto tra loro, emotivamente, gli allievi della scuola hanno continuato a lavorare senza sosta, scrivendo (e provando) l’intero spettacolo durante la reclusione, e anzi ispirandosi ad essa. Il risultato non sembra aver risentito dell’imprevisto accaduto, ma ne è stato inevitabilmente investito nei contenuti e nella prossemica sul palco, curata da un’insolita figura professionale: il responsabile dei movimenti distanziati di scena.

Una storia che sembra fantascienza ma non è

Vestiti di un bianco incontaminato, separati dal metro minimo di distanza e muniti di flaconcini di disinfettante e mascherina, gli attori eseguono movimenti robotici in una sorta di danza tribale e futuristica assieme, esasperando quello che è ormai diventato un rituale consolidato: il lavaggio chirurgico delle mani. Murati dietro i loro cartelli, si scoprono e li mostrano a turno, ripercorrendo lettera dopo lettera l’intero alfabeto e le parole salienti di questa assurda esperienza. È una sensazione ambivalente quella che avverto: tutto sembra lontano e fantascientifico, ma al contempo familiare, già vissuto. Esattamente alla stessa maniera. Nonostante le vite differenti, che hanno reso differenti anche le nostre quarantene, c’è un sentimento identico in ognuno, che questo spettacolo risveglia e ripercorre per fatti, simboli e personaggi, generando un senso di unione.
E così come gravità e umorismo sono coesistiti nello strano periodo trascorso, anche questo teatro racconta gli eventi ora con fare comico, ora - a tratti - drammatico; talvolta affiancando le due modalità. La performance, inoltre, è accompagnata da alcuni brani "a tema", come “La cura” di Battiato, interpretati dalla cantautrice palermitana Serena Ganci.

Tra commedia, critica e tragedia

Mi colpisce soprattutto l’accostamento, arrivati alla lettera “F” che sta per “femminicidio”, di aneddoti e curiosità sulle donne uccise - costrette a convivere con un mostro ben più spaventoso del virus - e i crudi dettagli del loro assassinio. È straniante, come lo è sentire gli incomprensibili numeri pronunciati a macchinetta del bollettino delle 18, o ascoltare la voce perentoria che intima di restare a casa mixarsi con quella di un prete che recita preghiere; e ancora assistere al mimo della violenza subita, di una donna con guanti di lattice che non proteggono ma deformano, le tirano i capelli, la oltraggiano. Ma sono solo brevi e intense parentesi di uno spettacolo perlopiù giocato su un registro comico, con parti che le giovani leve dimostrano di saper ben padroneggiare, servendosi talvolta del dialetto a seconda della loro provenienza: dall’ipocondriaco al complottista, dal ragazzo affetto da “sindrome della capanna” e indolenza, fino alla #bimbadiConte invasata di fitness casalingo e show dai balconi. Non manca nemmeno l’imitazione del primo ministro e una critica al governo per la scarsa o nulla considerazione ricevuta in quanto lavoratori dello spettacolo, oltre all’urgente rivendicazione dei propri diritti una volta arrivati alla lettera “L”, quando non più soli ma insieme, sollevano per protesta i loro cartelli.
E una critica espressa infine, in silenzio, anche da Emma Dante, che ha disertato a malincuore l’anteprima del saggio per non condividere il suo lavoro col nuovo assessore regionale ai Beni culturali, il leghista Alberto Samonà, invitato alla prova generale dello spettacolo.

I diciannove attori, adesso proiettati verso il futuro e la loro sbocciante carriera, si lasciano alle spalle un periodo intenso, narrato come chi guarda da lontano e con ironia un pericolo scampato, prendendone le distanze e facendoci divertire; ma una volta spente le luci, alla fine dell’esibizione, una voce esorta il pubblico ad uscire a poco poco, mantenendo il consueto distanziamento.
E questa nuova, strana, realtà torna a prendere il posto di una solo momentanea illusione.

Valeria Minciullo

Ultima modifica il Martedì, 14 Luglio 2020 10:34

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