giovedì, 18 aprile, 2024
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L'ERT e l'invenzione della comunità. Politiche culturali e azioni teatrali: conversazione con Claudio Longhi. -di Nicola Arrigoni

Teatri di Realtà/4.
L'ERT e l'invenzione della comunità
Politiche culturali e azioni teatrali: conversazione con Claudio Longhi
di Nicola Arrigoni

«Il mondo d'oggi può essere espresso anche per mezzo del teatro, purché sia visto come un mondo trasformabile» – con allegata specificazione: e a patto che si veda l'«uomo» come un soggetto «mutabile e modificatore», cita Bertolt Brecht, Claudio Longhi, presentando la stagione 2019/2020, caratterizzata dall'interrogativo Bye bye, '900?. E aggiunge il direttore di Ert: «Se ci vogliamo interrogare radicalmente sul 'nuovo', quale è infatti il senso profondo che dobbiamo riconoscere alla trasmutabilità permanente del nostro mondo?».
Il teatro è pensiero, è relazione, è sguardo sul mondo, a questo Claudio Longhi non rinuncia ed esplora – nell'ambito delle tante, tantissime attività di Fondazione Emilia Romagna Teatro – ogni aspetto e ogni produzione nella tensione di leggere il mondo che viviamo, e non solo, di interrogarsi sul nuovo – ed è questo il filo conduttore della stagione prossima –, ma anche di utilizzare il teatro come straordinario detonatore, strumento per inventare, creare, elaborare un nuovo modo di intendere la realtà.

Longhi

«Nella consapevolezza semantica delle pratiche sceniche di cui il teatro, oggi, si sostanzia (dalla regia neocritica al teatro documento, dalla scena della rappresentazione negata alla performance che si teatralizza), la programmazione di ERT indaga il senso di un'azione che non solo documenta l'esistente, ma attraverso i linguaggi della scena rilegge, propone, interpreta la realtà. È accaduto l'anno scorso nel festival Vie con appuntamenti come The imitation of life di Kornél Mundruczó di Proton Theatre, El bramido de Duseldorf di Sergio Blanco, True Copy di Berlin, in cui i concetti di realtà e rappresentazione si sono variamente intrecciati, confermando come il 'racconto' della realtà sia uno dei nodi centrali della nostra contemporaneità. In questa direzione si muovono la programmazione di Ert e il pensiero che cerchiamo di portare avanti».

Una programmazione complessa e intrecciata in cui l'aspetto produttivo si unisce a quello di un coinvolgimento della comunità all'interno del quale agisce ERT?
«Non potrebbe essere altrimenti. Se non vogliamo ridurre il teatro a un mero consumo culturale, bisogna avere il coraggio di far sì che le potenzialità di questo linguaggio si mettano al servizio delle persone e che diventino uno strumento per cambiare il modo di vivere anche la quotidianità».

In merito viene da pensare ai progetti teatrali tra cui Il ratto d'Europa (2012-2014), Raccontare il territorio (2013-2014) e Carissimi Padri (2015-2016/ 2016-2017). In questi progetti lei ha messo in atto esperienze di teatro partecipato, volte a coinvolgere attivamente la comunità di cittadini nella costruzione del lavoro teatrale.
«Queste esperienze e il lavoro che ERT fa con le scuole prendono vita da una consapevolezza o da uno sforzo: usare le potenzialità relazionali del linguaggio teatrale per fare comunità, ricostruire un senso di appartenenza, la capacità e la voglia di stare insieme. Per incidere sulla realtà bisogna comunque partire da un dato documentale».

Cosa intende dire?
«Tutti i progetti di teatro partecipato sono nati da spunti concreti, da dati documentali, che fosse l'Arturo Ui di Brecht, oppure la riflessione sull'Europa con il Ratto d'Europa. Abbiamo coinvolto non solo le scuole, ma anche le associazioni culturali delle città, i gruppi di volontariato. In questo modo ciò che va in scena è patrimonio veramente comune».

Ma questo non vale solo per le attività di teatro partecipato, ma un po' per tutta la vostra programmazione?
«L'attività di ERT credo si distingua nel realizzare una fitta rete di relazioni all'interno della collettività, un lavoro che non solo produce, ospita e promuove spettacoli, ma realizza un sistema vastissimo di attività culturali. Non eventi isolati, ma attività durature, frutto di una progettualità condivisa con le istituzioni cittadine: i cicli di letture a puntate dedicate ai grandi romanzi per approfondire i temi e gli autori della stagione, gli incontri con le compagnie, le proiezioni dei film, le attività per studenti e docenti, le rassegne di teatro scolastico. "Il teatro di classe" a Modena è giunto alla 27ma edizione, "Il teatro delle scuole" a Bologna alla 34ma edizione e una delle più importanti manifestazioni in questo ambito, il "Festival Nazionale del Teatro Scolastico Elisabetta Turroni" a Cesena, è alla sua 22ma edizione. E sempre in ambito scolastico organizziamo i 'blitz spettacolo' durante le ore di lezione, ci sono poi le attività di formazione dedicate agli insegnanti e i Classroom Play. Oltre ancora a vari appuntamenti in cui i teatri si aprono alle città con laboratori, visite, corsi, concerti, feste, serate con ospiti d'eccezione».

Insomma la scuola e l'attenzione ai giovani diventano prioritarie?
«Lo sono, se vogliamo rinnovare il pubblico, offrire la possibilità di saper leggere e condividere il linguaggio del teatro, oggi una necessità più che mai urgente. I giovani con il teatro riescono a confrontarsi con la realtà, a capire come spesso ciò che percepiscono come reale possa essere la rappresentazione del reale. Tutto ciò è tanto più vero, oggi, in un tempo in cui i ragazzi si ritrovano soggetti perennemente a rappresentazioni di realtà, a un rapporto con il reale sempre mediato dai nuovi mezzi di comunicazione, anche nelle relazioni costruite e sentite reali nei social media. L'intento dei Classroom Play, ad esempio, è quello di educare la sensibilità teatrale dei giovani attraverso copioni a contenuto storico-filosofico, destinati a essere recitati come veri e propri 'spettacoli didatticiʼ nelle scuole e in orario scolastico».

Fra gli ospiti di eccezione e di casa al tempo stesso non si può non pensare a Lino Guanciale, oggi personaggio televisivo, ma da anni suo stretto collaboratore...
«Con Lino c'è in atto un sodalizio che parte oltre dieci anni fa con lo spettacolo Prendi un piccolo fatto vero, da un componimento di Edoardo Sanguineti. A lui, ad esempio, devo l'azzardo, rivelatosi poi vincente, di realizzare lo spettacolo La classe operaia va in paradiso, dal film di Elio De Petri».

Perché azzardo?
«Perché quando Lino me lo propose ero scettico ed invece ho dovuto ricredermi. Lo spettacolo è andato benissimo».

Anche in questo caso – come per molti suoi allestimenti – La classe operaia va in paradiso ha raccontato un mondo: il film, la sua genesi, il contesto in cui la pellicola si inseriva e in fondo la sua natura profetica... Non c'era rischio che lo spettatore non capisse.
«A vedere la Classe operaia sono venuti in tantissimi, si è mobilitata anche quella comunità di persone che abbiamo contagiato a suo tempo con il Ratto d'Europa. Credo che La classe operaia va in paradiso possa rappresentare l'esempio di un teatro che incide sulla realtà, che è consapevole di essere una lente di distorsione, uno specchio anamorfico in cui mostrarci come siamo, di rivelare le nostre debolezze. E dopotutto è quanto accade al protagonista. Citando Victor Turner possiamo dire che la potenza del teatro è quella di essere una struttura all'interno della quale la città/comunità cerca di oggettivare uno stato di crisi per poi superarlo».

Confrontarsi con la realtà, oggi, vuol dire mettersi in discussione davanti alla pretesa di un 'nuovo' che si fa imperante, necessario, ricercato, ma anche a tratti asfissiante. Ed è per questo che ha legato il diktat del nuovo con l'addio interrogativo al XX secolo?
«Tra le pieghe di quell'incessante rinnovamento, di cui ci nutriamo quotidianamente e che quotidianamente ci travolge, potrebbe certo covare il sogno della liberazione o del progresso, ma in esso potrebbe pure dormire l'incubo della catastrofe. Detto in altri termini, sulla scorta di quella incerta condizione esistenziale di trasformazione cronica che oggi siamo costretti a vivere, l'impero del nuovo può agevolmente trascorrere dalla promessa del riscatto alla condanna inappellabile alla crisi. Ancora una volta Žižek docet: per il filosofo sloveno, infatti, i 'tempi interessanti' che si profilano al nostro orizzonte, o che forse già abitiamo, gravidi di promesse, sono 'periodi' nefasti 'di irrequietezza, guerra e lotte per il potere'».

In tutto questo il teatro cosa può fare, quale può essere il suo contributo?
«Il teatro instilla le domande, pone interrogativi, proprio come il nostro dubbioso addio al secolo breve. Nella lunga stagione 2019/2020 ci interrogheremo, insieme alle comunità che si avvalgono dell'azione politica e poetica di ERT, su ciò che vuol dire 'nuovo', sulla necessità (obbligata?) del rinnovamento e su quale possa essere e se ci sia una eredità del '900 di cui tener conto»

E tutto questo come si realizza nell'azione culturale e poetica di Fondazione Emilia Romagna Teatro?
«ERT con il suo palinsesto 19-20 intende offrire un'occasione di riflessione condivisa. Cerchiamo di proporre – nel variegato programma di spettacoli e iniziative di coinvolgimento e partecipazione comunitaria e culturale – un esame di coscienza del 'cambiamento' declinato su più livelli: dalla paura della trasformazione che ci porta ad erigere mura per difenderci all'opposto senso della trasgressione che ci sprona a superare i confini, magari attaccandoci al feticcio dell'arte; dal valore dell'errore che ti blocca al prezzo doloroso dei fallimenti, passando per il potere fascinoso della crisi; e, ancora, dalle ragioni della partecipazione all'etica del costruire relazioni – premesse necessarie per il conseguimento di una novità autenticamente condivisa. Sui palcoscenici ERT, questo complesso esame di coscienza incontra infine la famiglia, quello spazio intimo e misterioso dove il manifestarsi del 'nuovo' fa tutt'uno con il parto e il suo prender forma si consuma, attraverso i figli, nello scontro generazionale. Una strana lotta tra età (o lotta di classe) combattuta nel segno del P/padre o della M/madre – da uccidere e da amare; da comprare e vendicare...».

Ultima modifica il Sabato, 12 Ottobre 2019 12:58

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