RIGOLETTO alle Chorégies d'Orange
La ricetta di un buon Rigoletto sta innanzitutto nel catturare la concentrazione dello spettatore. Ma, si potrebbe obiettare, allora sulla scena possono anche sgolarsi, però se lo spettatore è distratto e pensa ai fatti propri, la colpa non è degli artisti. Può essere vero, ma se a distrarsi, malauguratamente, è lo spettatore esigente, allora questo Rigoletto ha qualcosa che non va.
Non è normale distrarsi alle Chorégies D'Orange, l'11 luglio 2017... Rigoletto è un'opera d'atmosfera: già renderla in un teatro all'aperto è prova improba. Se poi ci si mette pure la poca immedesimazione degli interpreti, intenti più a blandire il pubblico, di sua natura entusiasta, delle Chorégies, tenendo fiati lunghissimi, che non si ascoltavano così plateali dai tempi della Callas ed a sfoggiare i sovracuti, prendendosi però più di una licenza nel fraseggio e non si sa bene perché, ecco che lo spettatore esigente si è persa perfino "La donna è mobile". Niente di grave: semplicemente un po' di noia, di fronte a tanta routine e a tanta spettacolarizzazione dello spettacolo e degli interpreti, intesi come spettacolo nello spettacolo.
E mentre la mente dello spettatore esigente vagava altrove, il tenore Celso Abelo emetteva le sue perfette note scritte, nella parte del duca di Mantova..."Emetteva", né più né meno. Corrette, perfette, ma totalmente accademiche e inespressive, con tanto di braccio proteso in avanti a sottolineare le frasi musicali e una presenza scenica assolutamente tutta da rivedere. Ormai si è abituati a cantanti che siano anche attori consumati. L'Abelo, date le doti vocali non indifferenti, sarebbe bene che si aggiornasse in tal senso. E il suddetto spettatore si perdeva, tra le altre, pure la suddetta aria.
Passando poi a Nadine Sierra, Gilda, lo spettatore esigente si arrabbiava, pure: perché una voce così dotata di natura non affina allo spasimo la tecnica? E' grossolana, non ha i pianissimo, ma forse neanche i piano. Tutto forte, tutto spinto. Viva la gioventù, ma le si augura un futuro radioso di molto e molto studio ancora. E' straordinariamente piena di potenzialità in ogni senso: sarebbe un delitto lasciare ad una scuola poco raffinata doti di questa portata.
Quanto a Rigoletto Leo Nucci, era il suo milionesimo buffone a muoversi sulla scena, gigioneggiando come al solito, con grande padronanza dell'immenso palcoscenico di Orange, ma la routine e l'età possono anche assassinare vocalmente un personaggio. Si spera che il Nucci lo comprenda prima che sia troppo tardi. Visto e recensito a Palermo come Giorgio Germont ne La Traviata, era già alla frutta. Ad Orange il diabolicamente bravo M° Alain Guingal, che sostituiva l'indisposto M° Mikko Franck, alla guida della Orchestre philharmonique de Radio France, gli ha fornito su un piatto d'argento tempi su misura perfetta, stringati, spediti, anche troppo. Il che, ovviamente, faciliterebbe qualsiasi interprete, consentendogli, come il Nucci necessita ormai, di non dover supplire coi portamenti alla carenza di appoggio.
Maddalena, Marie-Ange Todorovitch, incolore; Sparafucile, il valido Stefan Kocan, trasformato in un brigante di strada con tanto di coltello a serramanico: lui che era, a suo modo, "un uom di spada", si è ridotto perfino a fare il cameriere nelle feste alla corte di Mantova. Corte, per altro, traposta negli ormai inflazionati anni '40 del secolo scorso, dove oggi molti registi, dunque ad Orange anche Charles Roubaud, e i costumisti, nella fattispecie Katia Duflot, vanno a parare non si sa bene perché, allo scopo, si suppone, di "svecchiare" ciò che in realtà non ne ha bisogno, perché vecchio non sarà mai.
Unica cosa rilevante, nell'insieme, il bellissimo bastone da giullare, ingigantito e posto di traverso sulla scena, per il resto pressoché vuota, di Emmanuelle Favre, colorato grazie alle luci abilissime ed alle altre proiezioni di Jacques Rouveyrollis. Un po' come si vide con l'enorme rosario nelle scene di Bernard Arnould di quella celebre Cavalleria rusticana del 2009 con Roberto Alagna e Béatrice Uria-Monzon diretti dal compianto George Prêtre... Ma quella era tutta un'altra storia.
Natalia Di Bartolo
Charles Roubaud | Stage director
Emmanuelle Favre | Scenography
Katia Duflot | Costumes
Jacques Rouveyrollis | Lighting
Vurgile Koering | Video
Jean-Charles Gil | Choreographer
Nadine Sierra | Gilda
Marie-Ange Todorovitch | Maddalena
Cornelia Oncioiu | Giovanna
Amélie Robins | La Contessa di Ceprano
Leo Nucci | Rigoletto
Celso Albelo | Il Ducca di Mantova
Stefan Kocan | Sparafucile
Wojtek Smilek | Il Conte Monterone
Christophe Berry | Matteo Borsa
Jean-Marie Delpas | Il Conte Ceprano
Igor Gnidii | Marullo
Violette Polchi | Il Paggio
Choirs of the Operas of Avignon, Monte-Carlo, and Nice
Orchestre philharmonique de Radio France
Alain Guingal Music director