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Milano e i teatri perduti: Trianon-Mediolanum, alle Maschere e Poliziano

Interno Teatro Trianon Interno Teatro Trianon

Se osserviamo l'indice dei due volumi "I teatri di Milano" di Domenico Manzella ed Emilio Pozzi sul panorama teatrale milanese del '900, ci rendiamo conto subito, di quanto fosse ricca l'offerta artistica. Ad un esame più approfondito, ci accorgiamo poi, che molti di quei teatri hanno chiuso e, in particolare, che il numero dei teatri che hanno chiuso è di gran lunga superiore al numero dei teatri rimasti aperti. Il saldo è negativo. Il dato è ancora più significativo oggi, a Milano, dove la richiesta di spazi da parte delle compagnie teatrali professionali e non per allestire spettacoli è grande ma la risposta è inadeguata se non insufficiente.
Viene lecito chiedersi, quindi, cosa sia successo? Qual era la vita artistica dei teatri che arricchivano con i loro cartelloni l'offerta culturale milanese e che poi sono scomparsi? Quali sono state le ragioni della loro chiusura? A queste domande vogliamo rispondere, sulla scia di un lavoro già iniziato e pubblicato, nel 2010, in un editoriale di Mario Giorgetti sulla Rivista Sipario.
Lo scopo è, in primo luogo, quello di ravvivare la memoria storica dei teatri soppressi come restituzione grata a coloro che vi hanno lavorato e al pubblico che animava le loro sale e, in secondo luogo, quello di offrire alla comunità, in generale, una maggiore consapevolezza del tesoro artistico e culturale perso.
Per farlo, abbiamo scelto di ripercorrere le tappe cronologiche della vita artistica di tre teatri perduti nati a Milano in diversi periodi storici del '900, utilizzando le informazioni contenute nell'opera di Manzella e Pozzi. Le schede proposte sono quelle relative al grande teatro Trianon - Mediolanum nato agli inizi del '900, al piccolo e intimo teatro alle Maschere fondato nel secondo dopoguerra e al teatro Poliziano, dal sapore internazionale, fondato negli anni della contestazione giovanile.

Teatro Trianon – Teatro Mediolanum
Il Trianon nacque nel 1903. Il teatro, diretto da Alfredo Bracchi e Arturo Boccassini, fu un esempio di liberty architettonico applicato in campo teatrale. Inizialmente era un caffè – concerto all'interno dell'Albergo del Corso, in corso Vittorio Emanuele, a fianco della Galleria Tre Arti. Il Trianon era a piano terra e si integrava con una sala sotterranea, il Pavillon dorè, in cui, dopo lo spettacolo, si ritrovavano gli spettatori per bere qualcosa in compagnia, attratti anche dall'idea di ammirare e conoscere da vicino le ballerine applaudite in palcoscenico. Una novità strutturale del teatro, che poteva contenere circa mille persone, era la balconata.

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L'interno, del Teatro Trianon.
La programmazione del Trianon era basata sul teatro- varietà (anche se d'estate funzionava il Trianongiardino che ospitava Compagnie di prosa). Il teatro divenne presto uno dei ritrovi più alla moda, avvalendosi degli elogi dei futuristi capeggiati da Marinetti e dei nostalgici della "belle epoque".
Il suo palcoscenico fu calcato da presenze artistiche importanti. Nel 1908 Ettore Petrolini, di ritorno dall' America del Sud dove era andato a cercare quella fortuna che non riusciva a trovare in Italia, fece la sua presenza al Trianon.
É qui che è nata, quasi per scherzo, la più famosa canzone di Giovanni D'Anzi "La Madonnina". Tra il 1937 e il 1941, D'Anzi suonava il pianoforte al Pavillon dorè e, nel finale di uno spettacolo romano partenopeo, inserì quella canzone come finale a sorpresa.
Nel 1938 il teatro cambiò nome. Dopo varie discussione fra i direttori Bracchi e Boccassini e il federale fascista di Milano che non avrebbe apprezzato appellativi stranieri, si scelse il nome Mediolanum. Il Mediolanum, nella tradizione del passato, incentrava la sua programmazione sul varietà: tra i nomi più celebri ricordiamo Walter Chiari, Marisa Maresca, Ugo Tognazzi, Gino Bramieri, Raffaele Pisu, Wanda Osiris e Rascel. Oltre al varietà, il Mediolanum ospitava commedie di origine partenopea (autori e interpreti). Tra le più significative spiccano Napoli Milionaria, Quei Fantasmi e Filomena Marturano interpretata da Titina De Filippo.
Nel 1954 il teatro venne demolito, "nella febbre di cose nuove", come recita l'opera di Manzella e Pozzi, facendoci intuire il travolgente processo di industrializzazione e modernizzazione che, negli anni a venire, avrebbe coinvolto Milano e non solo. Sempre in quell'anno, a ricordare gli antichi albori, la piccola sala del Pavillon dorè riprese il nome di Trianon con la funzione di sala da ballo e night club fino al 1985.

Teatro alle Maschere
Se non fosse per l'insegna che indicava l'ingresso, questo piccolo teatro, in via Borgogna n.7, poteva essere scambiato per la continuazione delle vetrine della Galleria d'arte Borgogna o di quelle di un negozio di abbigliamento. Il teatro, gestito dalla Società Doremì, poteva ospitare 158 spettatori, dei quali 53 seduti su due file di poltrone che da una balconata semicircolare si affacciavano sulla saletta e sul palcoscenico largo sette metri.

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L'ingresso al Teatro alle Maschere, in Via Borgogna dopo la "conversione " allo streap – tease e la spogliarellista Rita Renoir.

L'inaugurazione avvenne la sera del 9 gennaio 1956 con lo spettacolo "Piccolo Cabotaggio", insieme di vari generi di spettacoli suddiviso in due tempi, tra cui c'era il teatro di Achille Campanile e gli atti unici "Il secondo lume" di Giovanni Mosca, il "Conte nel baule " di Carlo Manzoni e "L'occhiatina" tratto da Orio Vergani da una novella di Maupassant. In quell'occasione, Elena Giusti presentò il teatro e lo spettacolo, facendo notare al pubblico che avrebbe potuto riconoscere ogni spettatore e stringergli la mano come fa ogni padrone di casa nel ricevere gli ospiti.
La vita artistica del teatro, basata su un genere di programmazione non ben definito, incontrò un percorso difficile. Dopo l'inaugurazione con "Piccolo Cabotaggio", seguì la rivistina da camera di Giustino Durano.
Il teatro, però, faticava a decollare tanto che andò incontro a ripetute chiusure e riaperture. Nel 1957, nel tentativo di sollevare le sorti del teatro, si scelse di proseguire la programmazione artistica puntando sulla prosa, in particolare, su numerosi atti unici già conosciuti e apprezzati dal pubblico come: "Lui, Lei, Lui" di Roberto Bracco, "Gli occhi degli altri" di Sabatino Lopez, "Il braccialetto" di Giannino Antona Traversi.
Nell'anno successivo, i titoli del cartellone confermavano la scelta degli atti unici fra cui ricordiamo quelli di: Carlo Terron, "La libertà"; Enrico Bassano, " La ragazza della giostra"; Luigi Pirandello, "Bellavista"; Umberto Simonetta e Guglielmo Zucconi "Il fidanzato di città"; Carlo Maria Pensa, "La chitarra di Bed"; Riccardo Bacchelli, "La notte di un nevrastenico", "La famiglia del caffettiere", "Il figlio di Ettore", "Nostos" (questi due ultimi già rappresentati nel teatrino di Villa Olmo a Como); Rosso di San Secondo, "Copecchia e Marianorma"; Dino Falconi, "Serata d'onore", "Due figli in boccio"; Sabatino Lopez, "Il principe azzurro", "Gli occhi degli altri"; Vittorio Beonio Brocchieri, "Un attimo di luce"; Massimo Binazzi, "Whisky e fumo", "Il solito veleno" (monologo); Indro Montanelli, "Cesare e Silla"; Willy Lukas, "Capogiro", "L'appuntamento"; Peppino De Filippo "La collana di cento noccioline", "Noi due", "Dietro la facciata"; Gino Pugnetti, "La domenica di Angiola e Bortolo"; Turi Vasile, "La cruna dell'ago"; Giovanni Mosca, "La sommossa". Vanno anche ricordate le riprese sette e ottocentesche di opere come "L'avaro" di Goldoni e "La partita a scacchi" di Giacosa e le novità di autori italiani fra cui quella di Ferdinando Visconti di Modrone "L'uomo nuovo".
Negli anni seguenti, spogliarelliste con il nome d'arte di Dodò d'Ambourg, Rita Cadillac, Rita Renoir, Giselle Flash, Margot segnarono la fine delle rappresentazioni di prosa sul palco del Teatro alle Maschere e diedero inizio agli spettacoli di strip-tease.

Teatro Poliziano
Prima di diventare un teatro, il Teatro Poliziano era una sala cinematografica costruita nel 1930 e collocata in Via Poliziano, una perpendicolare a metà del rettilineo di Corso Sempione. Da quell'anno si proiettarono film per quarantacinque anni fino al 1976, anno in cui la sala venne ristrutturata da una società immobiliare sulla spinta dell' "Associazione Produzioni Artistiche Culturali" comprendente tra gli altri Jan Battistoni (architetto e scenografo del Piccolo Teatro), Sergio Dragoni (dei Pomeriggi Musicali), la ballerina Anna Maria Razzi e capeggiata da Ruggero Jannuzzelli, collaboratore per diversi quotidiani tra cui il Tempo e il Giorno. L'associazione assunse per due anni la gestione del teatro rendendolo degno di attenzione nella vita artistica cittadina e nella cronaca giornalistica di quel periodo. Il teatro aveva 800 posti e un palcoscenico di m 9 per m 14.

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La sala e la galleria del Teatro Poliziano.

Il teatro venne inaugurato il 25 settembre 1979 dalla Compagnia di Victoria Chaplin e Jean Baptiste Thierrèe, ideatori di "Le cirque imaginaire".
Seguirono "Il generale Della Rovere" di Indro Montanelli, presentato dalla Compagnia PR.IN.CI.TE., diretta da Mario Carotenuto, "Il galantuomo per transazione" di Giovanni Giraud, con la Compagnia di Mario Scaccia, "Candida" di Shaw, Compagnia Odeion, "Amore e magia nella cucina di mamma", di Lina Wertmuller, Compagnia Teatro Moderno.
Il CRT, nel dicembre del 1980, entrò nella gestione del teatro per poter rispondere più adeguatamente all'aumento del suo pubblico che la sala di via Dini non riusciva più a contenere. E, proprio in quell'anno, il Centro di Ricerca per il Teatro inaugurò la stagione nel nuovo spazio con "Gli ultimi giorni di Pompei" della Compagnia Carlo Colla. La linea artistica del CRT fu una vera novità per la programmazione teatrale di Milano. La sua caratteristica innovativa si basava sull'inserimento, nella stagione, di Compagnie estere la cui conoscenza era ancora teorica e fondata sull'informazione libresca e giornalistica. Fra queste vanno ricordati il Gruppo Cricot 2 Treat che ha rappresentato "Wielopole – Wielopole" di Tadeusz Kantor e, poco meno di due mesi dopo alla fine di febbraio 1981, un'altra Compagnia polacca, lo Stary Treat di Cracovia, che mise in scena una riduzione teatrale del romanzo di Fiodor Dostoevskij "I demoni", più accessibile al pubblico grazie alla traduzione simultanea.
Ma è il 1982 a decretare il successo della scelta artistica esterofila del CRT. In quell'anno, precisamente il 15 dicembre, andò in scena "Il mattatoio" di Slawomir Mrozek, per la regia di Krzysztof Zanussi, con gli attori Delia Bertolucci, Flavio Bonacci, Lella Costa, Nicola De Buono e Giovanni Visentin. Alla "prima" parteciparono anche importanti esponenti del mondo della cultura e della politica.
Il 1983 è l'anno in cui la parabola ascendente del successo delle scelte artistiche del CRT trova il suo apice nella rassegna "Alle radici del Sole", sulle diverse forme del teatro giapponese, organizzata in collaborazione con il Comune di Milano e "Milano Estate". Fu la rassegna più importante organizzata in Europa sul teatro giapponese. Ma il 1983 è anche l'anno in cui la Commissione provinciale di Vigilanza decide di porre fine all'attività artistica del Teatro Poliziano dichiarandolo inagibile. Nel marzo del 1984, dopo lunghe discussioni, l'attività del CRT si sposta al Teatro dell'Arte.

Andrea Pietrantoni

Ultima modifica il Giovedì, 19 Maggio 2016 09:15

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