Editoriale
di Mario Mattia Giorgetti
Dalla parte del pubblico
Apriamo con questa affermazione: non c’è teatro se non c’è pubblico.
Ciò vuol dire che il pubblico è il fondamentale fruitore dell’evento teatrale determinandolo e giustificandone l’esistenza.
Per avere in teatro presenza di pubblico occorre la corretta informazione sugli eventi programmati da ogni singolo tetro. Il tramite più immediato tra il pubblico e l’evento teatrale sono i mass-media e i social. Ciò configura un problema da indagare ponendosi la domanda se la promozione effettuata sia sufficiente per raggiungere il pubblico, sia quello affezionato che il nuovo da incentivare. Questo è un tema che ci proponiamo di valutare in altro momento.
La riflessione che ora vogliamo tentare riguarda le ragioni e gli interessi che spingono i singoli individui a farsi pubblico.
Attingo alla mia memoria un’esperienza indimenticabile: per diversi anni ho ricoperto il ruolo di presidente di giuria di una rassegna di teatro amatoriale che si svolgeva a Vicenza (allorquando ero direttore artistico del teatro Olimpico della città) organizzata dalla Federazione Italiana Teatro Amatoriale (FITA).
Ad ogni spettacolo (erano decine in programma), la sala di quattrocento posti era sempre piena, sold-out in ogni ordine di posti.
Scoprii che ogni compagnia amatoriale aveva il suo pubblico disposto a seguirla ovunque essa rappresentasse gli spettacoli, un pubblico probabilmente formato da parenti, amici, conoscenti degli amici. Ciò a dimostrazione che la compagnia aveva coltivato un rapporto di affetto, di stima, direi d’amore con quel pubblico. Veri tifosi.
Avviene questo nel teatro professionistico? Non direi. I singoli spettatori ricorrono agli abbonamenti di stagione per meri interessi economici di risparmio, per dimostrare che sono affezionati al rito teatrale, sebbene manchi loro l’attaccamento che riscontravo negli eventi armatoriali. La causa principale perché questo accade sta nel fatto che le compagnie non hanno stabilità nel teatro della città e, dunque, non si creano rapporti d’affetto ma unicamente d’interesse o per quell’autore, o regista, o attore. Nulla più.
Ma se ogni esercizio teatrale avesse al suo interno un’anima, attori e tecnici in pianta stabile, professionisti, anche il suo pubblico sarebbe diverso, non di passaggio ma legato da affetti che consentono una crescita culturale di ogni singolo spettatore e della compagnia scelta.
Urgono compagnie stabili in ogni città. Ciò nulla togliere alle compagnie di giro che meritano sia di essere seguite che l’apprezzamento di ogni singolo spettatore.
L’importanza che riveste il legame di conoscenza che ogni singolo spettatore sperimenta con uno o più attori della compagnia è fondamentale per compiere un viaggio di crescita insieme. Questo è il compito del teatro e non quello di colmare un tempo libero.
Torneremo sulla questione dell’informazione del pubblico citata sopra, rivolgendoci alla fonte dei finanziamenti, ossia al Ministero, il quale dovrebbe imporre ai beneficiari una quota del finanziamento da destinare in promozione sui mezzi idonei alla formazione del pubblico.