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William SOMERSET MAUGHAM - Lady Frederick

Radiocorriere, 12 luglio 1958

 

Il successo si paga sempre; e lo pagano in modo particolare coloro che, in possesso di un talento indiscutibile, vi sottomettono l’ardimento e l’originalità. Accade generalmente a quella categoria di scrittori di non sufficiente maestà per poter testimoniare, e quindi condizionare e indirizzare, un aspetto della cultura, quando non anche un momento storico; e tuttavia di troppo gusto ed abilità per rassegnarsi a scodinzolarle dietro al guinzaglio.

Publicasse romanzi o facesse rappresentare commedie, questo è sempre stato il caso di William Somerset Maugham: uno Shaw, si potrebbe dire, mutilato dell’appassionato rigore o della patetica indignazione del moralista che fecero dell’irlandese una delle presenze più provocanti e mordenti della coscienza contemporanea. Quanto incomodo il primo, altrettanto comodo il secondo: un umanitario anarchico contro uno scrittore gentiluomo. Ma le belle maniere, in letteratura, sono sempre un po’ sospette.

Egli appartiene alla folta schiera dei medici scrittori. Laureatosi ad Aidelberga, esercitò a lungo, ed anche in questo campo con molto profitto, la professione, a Londra, mentre contemporaneamente scriveva e faceva conoscere i primi racconti e i primi copioni. Ricco, vario, vigilato, elegante, fortunato; dalla disciplina scientifica che educò la fondamentale lealtà e dignità laica della sua originaria mentalità, egli deduce un umanistico scetticismo e una spontanea facoltà nel penetrare e sviscerare, con disinvolta obbiettività che rasenta la facilità, i più riposti moti del cuore umano, compenetrandone la naturale dialettica del comico e del tragico, colta nelle occasioni più minute e trascurabili; col risultato, nel migliore dei casi, di una temperata amarezza e di una contemplativa malinconia che costituiscono l’elemento lirico della sua arte. Non è che i vasti e gravi problemi sociali, morali e di costume vengano elusi dalle sue pagine e dai suoi dialoghi; anzi la loro intelligenza è sempre acutamente presente; li svigorisce soltanto la costrizione entro gli schemi preordinati di una convenzione rinfrescata ma non respinta; ne attenua la portata il riserbo, per non dire il rifiuto di un deciso giudizio morale; li rende elementi marginali la mancanza di un fervore spirituale disposto a sfidare il rischio necessario. Si chiude, insomma, il libro eroico delle inchieste della coscienza e dei processi alla società, scritto da Ibsen, da De Curel, da Shaw; e si apre la pagina borghese di una acuta, non conformistica, meditata, ma scettica, ironica, accondiscendente pittura di costume. A tendere un po’ l’orecchio, dietro Maugham si sente chiacchierare Bourget, il romanziere, fu detto, specialista in psicologie da ventimila franchi di rendita in su (franchi di prima della guerra).

Lady Frederick, in programma questa settimana alla televisione – da Milano – con interpreti principali: Elsa Merlini, Paolo Carlini, Ernesto Calindri, Armando Francioli, è la sua terza commedia. Fu rappresentata nel 1907, ma era già stata scritta alcuni anni prima. La sua origine fu rievocata da Renato Simoni, in occasione della prima esecuzione italiana, avvenuta tardi: nel 1932, per merito di Emma Gramatica che toccò, in quest’interpretazione, una delle sue più fulgide creazioni. Come al solito, non era mancato il critico illustre il quale, giudicandolo negato al teatro, aveva consigliato l’autore, per il suo meglio, ben s’intende, di desistere dalla strada intrapresa, come la meno adatta al suo temperamento. Ostinato, viceversa, ad ottenere un’affermazione clamorosa, egli si era chiesto – movente indicativo di una mentalità, ahimè! – che tipo di commedia potesse interessare qualcuna delle attrici più in vista del momento, atta ad imporla ed a imporlo sui grandi palcoscenici. La risposta – cito le sue parole – era ovvia:”l’avventuriera dal cuore d’oro; aristocratica, poiché il sesso gentile predilige gli splendori romanzeschi, affascinante scialacquatrice, lusinghiera, di impeccabili virtù” e così via.

Ad onta di tanti calcoli e lusinghe nessuna delle tigri reali della scena inglese abboccò. E più che per i bigotti interdetti di un superstite puritanesimo vittoriano che dava ancora l’ostracismo agli ibseniani Spettri e conservava sempre in quarantena La professione della signora Warren dello Shaw, forse perché maldisposte a recitare la scena divenuta celebre, del terzo atto; dove, al fine di scoraggiare un giovane innamorato e spegnerne gli ardori, la protagonista, tre lustri più anziana di lui e tenuta su a forza di fascinose galanterie e cosmetici restauri, gli si presenta, per così dire, allo stato naturale: scarduffata, spettinata, senza trucco, nella patetica rovina dell’età critica.

Una volta tanto, a far credito al giovane autore ed a togliergli la commedia dal cassetto dove era finita, fu un impresario. Egli pose una condizione sola: che il dialogo venisse reso accidentato dalle punte di qualche satirico epigramma, secondo la lezione di Oscar Wilde, suppongo. Detto e fatto, Maugham, in due ore, ne buttò giù ventiquattro, come egli stesso ebbe a scrivere; e li collocò nei punti strategici del copione. Però, che bel caso: un impresario che sollecita un autore a farsi provocante! E così ebbe vita questa avventuriera onorata, disistimata, ma onesta, imprudente e cauta; impasto volubile e cangiante di sfrontatezza morale e delicatezza d’animo, di cerebrale puntigliosità e cordiale abbandono, di calcolo egoistico e altruistica generosità, di snobistica galanteria e femminile gentilezza. Personaggio affascinante, anche se, in essa, lo spicco teatrale prevarica sulla verità umana, e la qualifica assai meglio come figlia del palcoscenico che della vita. Le sue parentele sono inconfondibili e individuabili a prima vista. Toccano Demi monde del giovane Dumas, L’avventuriera di Augier, Il ventaglio di Lady Windermere di Wilde: una famiglia, tutto considerato, abbastanza illustre, nella quale la Signora Frederick non sfigura per niente. Essa ha compiuto cinquant’anni e, bene o male, tira avanti ancora. Francamente, non sono molte le donne, pardon! volevo dire i personaggi, che possono vantare altrettanto.

Carlo Terron

Ultima modifica il Mercoledì, 10 Dicembre 2014 11:08
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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