venerdì, 29 marzo, 2024
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INTERVISTA a FRANCESCO MARIOTTINI - di Michele Olivieri

Francesco Mariottini. Foto Chris Philippo Francesco Mariottini. Foto Chris Philippo

Francesco Mariottini nasce a Jesi il 6 Novembre 1985. A undici anni inizia i corsi di danza moderna nella sua città. Nel 2000 ottiene una borsa di studio che lo porta a Firenze, presso la scuola del "Balletto di Toscana" e "Opus Ballet", diretta da Cristina Bozzolini e Rosanna Brocanello. Segue corsi di tecnica classico-accademica e contemporanea, oltre a numerosi stage con insegnanti di chiara fama quali: Stefania Di Cosmo, Victor Litvinov, Raffaele Paganini, Marco Pierin, Frédéric Olivieri, Fabrizio Monteverde, Bruno Collinet. A partire dall'anno successivo prende parte al musical "Passeggeri" di Daniel Tinazzi e danza nella compagnia giovanile del BdT alcune coreografie, anche da Solista, create da Fabrizio Monteverde, Orazio Messina, Rosanna Brocanello, Arianna Benedetti, Daniel Tinazzi e Alessandro Bigonzetti. A diciotto anni entra nel corpo di ballo dello "Stuttgart Ballet", in cui danza pezzi di repertorio classico e contemporaneo ("Romeo e Giulietta", "La Bella Addormentata", "Onegin", "La Bisbetica Domata", "Un tram chiamato desiderio" su coreografie di John Cranko, John Neumeier e Marcia Haydée). Nel settembre del 2005 entra a far parte della Compagnia "Aterballetto", sotto la direzione di Mauro Bigonzetti, dove esegue anche ruoli da Solista danzando in varie parti del mondo tra cui New York, Houston, Messico, Cina, Nuova Zelanda e gran parte dell'Europa. Nel 2007/2008 partecipa alla settima edizione della trasmissione "Amici di Maria De Filippi", arrivando in finale e aggiudicandosi il premio della critica. Al termine del programma prende parte come professionista al musical "IoBallo" e alla trasmissione televisiva "Il Ballo delle Debuttanti". Da ottobre 2008 si specializza nell'insegnamento della tecnica contemporanea e modern-jazz e prende la direzione artistica della scuola "Umbria Ballet" di Gubbio. Nel gennaio 2010 entra a far parte del cast dei ballerini professionisti della trasmissione "Amici di Maria De Filippi". In seguito danza in vari galà e serate di danza in qualità di free lance ed ospite. Instaura una collaborazione con le giovani compagnie italiane "Emox Balletto" di Beatrice Paoleschi e "MM Contemporary Dance Company" di Michele Merola. A settembre del 2015 entra a far parte della compagnia tedesca "Stadttheater Giessen - Tanzcompagnie" come solista e l'anno successivo inizia a lavorare con la compagnia del "Balletto di Monte-Carlo" diretto dal coreografo-direttore Jean-Christophe Maillot sotto la presidenza di S.A.R. la Principessa Carolina di Hannover. Attualmente lavora come Solista Principale stabile della compagnia.

Carissimo Francesco, iniziamo col parlare de "Les Ballets de Monte-Carlo", un punto fermo nella tua variegata carriera artistica, come si è sviluppato il tuo rapporto all'interno della Compagnia fino ad essere nominato Primo Solista e quali le maggiori emozioni ricevute ad oggi?
La compagnia del Balletto di Monte-Carlo era un sogno che avevo sin da bambino, all'epoca non conoscevo la qualità della compagnia, ma sognavo lo stesso di vivere in Costa Azzurra. Mio padre scherzava sempre sul fatto che essendo quasi coetanei avrei dovuto trovare il modo di sposare la principessa Charlotte di Monaco perché è di una bellezza eccezionale. Ovviamente la realtà è ben diversa oggi, ma il caso ha voluto che mi ritrovassi comunque a vivere a Monaco e che la presidentessa della compagnia con cui lavoro è proprio la mamma di Charlotte. Monte Carlo ha dato una svolta artistica di notevole valore alla mia carriera. Non mi aspettavo di essere promosso Solista dopo soli due anni di lavoro. I rapporti all'interno sono molto belli, perché (cosa a mio avviso fondamentale) c'è assoluta chiarezza e sincerità, da parte dei ballerini e dello staff. Lavoriamo parecchio, non lo nego, anche di più rispetto ad altre compagnie con cui ho collaborato; ma c'è una bella serenità che ti spinge a superare la stanchezza. Fino ad oggi ho provato tantissime emozioni, forse una delle più forti è quando il primo anno ho danzato nella reggia di Versailles il ruolo del principe nella "Cenerentola" del nostro direttore, spettacolo voluto proprio dalla famiglia reale di Monaco.

Cosa ti affascina in questo percorso artistico, cosa rende speciale la tua permanenza a Montecarlo?
Una delle cose che mi affascinano di questa compagnia e del repertorio di Maillot è il fatto che uno degli aspetti più importanti delle sue coreografie è la presenza scenica e la maturità nel raccontare una storia. Sicuramente la tecnica classica, la pulizia e la dinamica sono di fondamentale importanza, ma in primo piano c'è la storia da raccontare e questo per me, dopo anni di esperienze in moltissimi campi, è senza dubbio una delle cose più stimolanti artisticamente parlando. Se vado a vedere uno spettacolo con dei ballerini bravissimi tecnicamente, ma freddi e senza espressione in viso, rischio di addormentarmi dopo cinque minuti.

Un domani, abbandonato il ruolo dell'esecutore, ti vedi in quello di docente oppure a cosa ambisci?
Non ho ben chiaro cosa farò del mio futuro, sicuramente insegnare è uno degli aspetti che amo di più. Da anni sono direttore di una scuola di danza in territorio umbro, e certamente una volta lasciata la carriera del danzatore potrò dedicare molto più tempo ai giovani allievi. Quello che so per certo è che rimarrò nel mondo artistico creativo, perché la mia natura mi spinge a cambiare e creare situazioni sempre nuove. Ma di questo Michele ne parleremo in una prossima intervista, tra qualche anno.

L'arte in generale, sinonimo di cultura, quali valori implica nella società odierna?
L'arte in generale è sempre stata fondamentale per la società, in quanto motivo di svago. Dopo una lunga giornata di lavoro, andare a teatro a vedere un'opera lirica, un balletto o un concerto è sicuramente un momento di felicità e di distacco dallo stress quotidiano. Per questo è importante cercare di mantenerla viva, indipendentemente dalla forma che scegli di assistere. Puoi visitare un museo, o una galleria fotografica, di pittura, di arte contemporanea o classica, puoi assistere a spettacoli di prosa, di poesia, di danza o di canto, qualsiasi forma d'arte ha lo scopo di intrattenere il pubblico, che sia per due ore, o per un minuto o per anni interi.

Chi sono gli artisti e i maestri, incontrati nel tuo percorso, i quali ti hanno arricchito a livello formativo ma anche di pensiero?
Devo ammettere che durante la mia carriera artistica ho incontrato davvero tantissime persone, alcune veramente fondamentali per il mio percorso artistico. La base del ballerino è lo studio, anche da grande non si smette mai di apprendere, il mondo è in continua evoluzione e per stare al passo con i tempi devi sempre metterti in gioco e studiare. Ogni persona che è passata nella mia vita ha lasciato qualcosa di forte e unico dentro di me. A partire da quando ero piccolo, le direttrici della scuola di Firenze, Cristina Bozzolini e Rosanna Brocanello, mi hanno indirizzato verso quella che poi sarebbe diventata la mia quotidianità, formandomi sia come ballerino, che come persona. Ripeto sempre, quando me lo chiedono, che un buon insegnante di danza non è colui che ti spiega soltanto il passo da eseguire, ma colui che ti spiega come avere la giusta dedizione nell'imparare quel passo e come perseverare per poter migliorare sempre di più, questo formerà il tuo carattere e ti servirà per affrontare la vita lavorativa futura. Mauro Bigonzetti è il coreografo che più è riuscito a toccare le mie corde artistiche, con lui ogni movimento aveva un senso logico e lo sentivi arrivare da dentro quasi fosse automatico, istintivo, forse è stato uno dei pochi coreografi che è riuscito a farmi ballare qualcosa che percepivo mio nonostante fosse creato da lui. Spesso invece il ballerino diventa solo esecutore (talvolta meravigliosamente) di quello che frulla nella testa di un coreografo. Beatrice Paoleschi con la quale oltre ad avere un legame artistico solido ho instaurato negli anni anche un legame personale. Il bello di questa giovane coreografa è il fatto di provare ogni volta cose diverse, di non aver paura di osare e soprattutto il fatto di fidarsi del suo istinto che fino ad ora l'ha portata a raggiungere notevoli risultati, senza spinte politiche o economiche. Grazie a lei ho conosciuto Eleonora Di Vita, solista della compagnia "Emox Balletto" e già solista della compagnia "Kataklò", subito ho instaurato un feeling speciale con lei e insieme a Beatrice abbiamo sperimentato cose che vanno anche un po' al di fuori del mondo "classico" della danza. Due delle persone importanti che hanno toccato la mia essenza di ballerino sono Stefania Figliossi (già solista Aterballetto), neo mamma ora e inconfondibile partner prima, e Alessandra Tognoloni che conosco da circa sedici anni e con la quale danzo insieme da quell'epoca. Ho la fortuna di aver iniziato la mia carriera con lei nel "Balletto di Stoccarda" e ora che mi sto avvicinando alla conclusione ci siamo ritrovati insieme al "Balletto di Monte Carlo" e, ovviamente avendo visto il feeling che ci contraddistingue da sempre, subito è diventata la mia 'Cenerentola' o la mia 'Katherina' ne "La bisbetica domata". Questi sono alcuni esempi delle persone che hanno fatto parte della mia carriera artistica, ma ci tengo a ripetere che tantissimi artisti hanno toccato la mia anima e mi hanno ispirato o lasciato qualcosa. L'artista è una spugna, e ovunque c'è acqua intorno lui assorbe.

Francesco, che tipo di disciplina coreutica prediligi?
Sicuramente la danza contemporanea, ma non troppo concettuale.

Se ti capita di andare a teatro ad assistere ad uno spettacolo di danza, cosa scegli?
Qualcosa che colpisca la mia attenzione, qualcosa che racconti una storia, o che lasci un messaggio. Qualcosa che mi incuriosisca. Per esempio adoro assistere ai grandi Musical.

Il Principato di Monaco come accoglie la danza, com'è vissuta a livello sociale ed istituzionale?
Il Principato di Monaco ama la danza e il teatro in generale. Ci sono numerosi spettacoli e molte compagnie ospiti. Il governo di Monaco e la famiglia reale sostengono economicamente e artisticamente la nostra compagnia. Per un ballerino è particolarmente piacevole andare in giro per il Principato, alcune persone seguono il tuo percorso artistico nella compagnia e organizzano anche eventi appositi dopo alcuni spettacoli. Il teatro è sempre pieno quando danziamo in sede, insomma è veramente una bella e positiva situazione.

"Les Ballets de Monte-Carlo" godono della presidenza di S.A.R. la Principessa Carolina di Hannover. Hai avuto modo di conoscerla personalmente?
Sì, la Principessa Carolina è molto presente nella compagnia, ci tiene a conoscere tutti i ballerini e viene spesso ad assistere a prove e a spettacoli. È una persona di grande cultura e molto alla mano.

Da cittadino privato cosa ti piace maggiormente di Montecarlo?
La tranquillità, il fatto che puoi girare anche di notte senza problemi; le persone sono rilassate e c'è un clima realmente internazionale. E poi oltre al fatto di vivere nella meravigliosa Costa Azzurra, sono a due passi dalla mia amata patria.

Qual è l'autentica emozione che regala l'arte della danza in ogni sua sfumatura, tutto ciò visto dall'interno, dal tuo osservatorio personale?
Credo che la danza ti offra una sensazione di leggerezza, riuscire a fare le cose che normalmente non riesci a fare, ma solo nella tua testa, come se per quel breve lasso di tempo di uno spettacolo, lo spettatore possa sognare ad occhi aperti, immedesimandosi nella figura del ballerino, volando sul palco insieme a lui. Ti fa vivere per un breve periodo, solo di emozioni, ti può rendere felice, triste, arrabbiato, tutto in base allo spettacolo che stai guardando.

Oggi dove tutto "fa danza ed è danza" credi che la vera differenza risieda nella memoria storica?
Sicuramente la memoria storica è molto importante, le origini non vanno mai dimenticate. Questo non vuol dire che oggi ci siano solo situazioni non professionali. Concordo sul fatto che spesso oggi ci si 'inventi' insegnanti di danza (per esempio), ma non per questo gli unici insegnanti bravi sono quelli più anziani. Conosco alcuni docenti che hanno più o meno 35/40 anni e che secondo me figurano tra i migliori al mondo. La differenza, a mio avviso, risiede nel talento della persona, e nella dedizione di quest'ultima in ciò che sta facendo.

Che tipo di evoluzione personale ed artistica hai avuto negli anni, la maturità in un ballerino come la si acquisisce?
Nella mia vita ho sempre avuto un pregio, la curiosità. Questo ha fatto sì che toccassi con mano anche dei mondi all'apparenza lontani. Non mi sono mai fermato davanti ai 'paletti' che spesso la società ti impone. Per esempio nel 2007 era considerato quasi da disprezzare il ballerino che dal teatro voleva sperimentare la televisione. L'accumulo di queste esperienze hanno formato il mio carattere e hanno riempito il mio modo di danzare. La maturità di un ballerino arriva intorno ai 28/30 anni, quando inizi a percepire un filo meno di energia fisica e inizi ad usare meno l'istinto e più la coscienza del tuo corpo. Incominci a sentire dentro il carattere del personaggio che interpreti e lo rendi tuo, lo vivi, lo racconti... e se un passo non viene perfetto capisci che poco conta se stai raccontando la storia con tutta la tua passione. In scena diventi vero. Secondo il mio parere la maturità di un ballerino è pari alla verità che trasmette su un palcoscenico.

Qual è il teatro in cui ti sei emozionato maggiormente calcando il suo palcoscenico?
Mi riallaccio alla prima domanda e ripeto che una delle emozioni più forti che ho vissuto negli ultimi anni è stato danzare presso la reggia di Versailles nelle vesti del principe nella 'Cenerentola' di Maillot, accanto alla mia partner artistica Alessandra Tognoloni. Un'altra grande emozione è arrivata lo scorso anno dove sempre con un ruolo solistico (il padre del principe) ho danzato al prestigioso Teatro Bolshoi di Mosca ne "La Bella Addormentata" sempre di Maillot. In passato moltissimi teatri mi hanno emozionato, le prime tournée con Aterballetto saranno sempre nel mio cuore perché per la prima volta potevo visitare ed esibirmi dall'altra parte del mondo. Ma vorrei dedicare anche un paio di righe ad un altro tipo di teatro, quello dello Studio 5 di Cinecittà dove anni fa giravano le puntate di "Amici". Il momento più emozionante in assoluto è stata la prima sigla in diretta come professionista. Non appena si è aperto il led wall noi professionisti eravamo in fila con l'orchestra che suonava dal vivo accanto, poi l'ondata di calore proveniente dalle fiamme che si accendevano nell'ultimo accento musicale introduttivo, lì iniziavi a correre e subito dopo il calore che ti faceva quasi socchiudere gli occhi, ti trovavi di fronte una "muraglia" di 1800 persone che urlavano talmente forte da farti quasi dimenticare la musica. Lo ricordo ancora vivo come se fosse ieri. Bellissimo! Diverso dal teatro, ma pur sempre molto emozionante.

Nel tuo percorso formativo, prima da allievo, poi danzatore in celebri compagnie italiane ed estere, professionista televisivo, attore cinematografico ed infine Solista ai Balletti di Montecarlo, hai affrontato la danza mediante diverse declinazioni stilistiche. Cosa ti affascina, in senso lato, nel "teatro"?
Mi affascina l'interpretazione di un carattere, renderlo tuo, raccontarlo a tuo modo. Mi piace perché oggi sei Achille in cerca della sua Pentesilea e domani sei il Principe in cerca della sua Cenerentola, e perché no, anche Oberon il re degli elfi, in cerca della sua Titania. Sognare e vivere quel sogno, questo è quello che rende per me la danza teatrale un mondo magico. Questo è quello che mi ha sempre affascinato. E danzare in teatro ti permette di replicare lo spettacolo più e più volte, così da ottenere pian piano il massimo della verità nella tua interpretazione di quel ruolo.

Nel tuo repertorio, il ruolo che hai prediletto?
Credo sia stato proprio il principe della "Cenerentola" di Maillot. Ma nel mio cuore c'è sempre anche l'Achille coreografato da Beatrice Paoleschi. Ultimamente ho avuto l'onore di danzare il ruolo principale nel "White Darkness" di Nacho Duato, un vero e proprio Masterpiece e anche quello ha veramente toccato il mio cuore.

Mentre quello che speri di interpretare un giorno?
Non ho mai avuto l'occasione di danzare il ruolo di Romeo, magari in futuro, sarebbe bello. Ho preso parte in passato alla creazione di "Romeo and Juliet" di Mauro Bigonzetti, dove eravamo tutti Romei e tutte Giuliette, bellissima interpretazione e un momento speciale da danzare, ma non ho mai avuto l'occasione di ballare "Romeo" in una versione più tradizionale.

Dal punto di vista professionale ti manca l'Italia?
Sì e no. Mi mancano i rapporti professionali che ho instaurato con alcune persone. Ovunque cerco di mettere il massimo della mia professionalità, quindi pretendo che mi venga data la stessa professionalità. Tutto quello che facevo in Italia era di un certo livello artistico, questo è quello che mi manca. Purtroppo però l'Italia non ha le stesse risorse economiche che hanno a Monaco, e diciamo anche che c'è meno tempo e interesse da dedicare purtroppo al lato artistico.

Dove ricerchi e trovi nuovi spunti di riflessione per continuare ad essere un artista alla ricerca della perfezione e dell'essenza?
Tutti i giorni, a partire dalla lezione la mattina. La danza è un lavoro quotidiano che non smette mai di evolversi. Sta a te stare al passo con i tempi. Lo studio e la costanza sono qualcosa che ti insegnano sin da piccolo, per cui è quasi normale lavorare tanto e spingere il tuo corpo fino all'estremo, cercando la perfezione.

Chi sono i tuoi coreografi preferiti oggi (anche con i quali non hai mai lavorato)?
Mauro Bigonzetti come già detto, sicuramente Jiří Kylián.

Mentre del passato?
Mi affascina particolarmente lo stile di Maurice Béjart, ma non ho avuto modo di danzare niente del suo repertorio.

Quanto è importante ascoltare il proprio corpo?
Questa è forse la cosa più importante in assoluto, dovrebbe essere il primo insegnamento da inculcare. Il vero maestro principale dovresti essere tu stesso, perché solo tu senti il tuo corpo, sai quanto puoi spingere, sai quando è troppo e sai come arrivare all'obiettivo nella maniera più consona a te stesso. Molto spesso però questo viene capito troppo tardi, dopo un infortunio per esempio. Sovente si vuole 'strafare' ed ecco che poi il corpo non risponde più.

Come convivi con il dolore fisico che spesso accompagna la professione del danzatore?
Questo è un lato da considerare sempre. La soglia del dolore per un ballerino è già di per sé molto alta, siamo abituati a spingere il nostro corpo all'estremo. Con il passare degli anni ti accorgi che i dolori aumentano e che il tempo di recupero è più lungo. Ci convivi e cerchi di lavorare intelligentemente.

Un libro di danza che hai amato in particolar modo?
Devo essere sincero... leggo solo libri del genere fantasy, stimolano particolarmente la mia fantasia e sin da piccolo ne sono sempre stato affascinato.

Mentre un film, sempre dedicato al mondo della danza e del balletto?
Uno dei miei film preferiti in assoluto è sicuramente "Center Stage" in italiano "Il ritmo del successo". Ma lo storico film che mi ha fatto avvicinare al mondo della danza è stato "Dirty Dancing", ancora oggi se ci penso conosco quasi tutti i dialoghi a memoria per tutte le volte che l'ho guardato. Un film che mi ha toccato molto e che ho apprezzato è "La Danseuse", film francese di Stéphanie Di Giusto, che racconta la complicata relazione tra la coreografa Loïe Fuller e la sua rivale prodigio Isadora Duncan.

L'incontro e il lavoro con Jean-Christophe Maillot dove ti porta a trovare in lui il genio creativo?
Jean-Christophe è una persona molto creativa, ogni prova aggiunge dei piccoli dettagli alla coreografia, sistema delle cose che non vanno, aggiusta gli accenti musicali. È sempre in continua evoluzione, nonostante alcune delle coreografie che balliamo siano state create più di vent'anni fa. Tutto ciò è assai stimolante per un ballerino, altrimenti si rischierebbe la noia.

Come ti prepari ad un ruolo, non solo dal punto di vista tecnico ma soprattutto emotivo?
Tecnicamente studi per giorni ogni passo, emotivamente parto dalla storia famosa (se esiste), una volta che la conosco parlo con il coreografo e gli chiedo esattamente cosa lui vuole rappresentare; se ho l'opportunità, vado poi da altri ballerini che hanno già danzato il ruolo e chiedo anche a loro. Alla fine di questo sono pronto per 'eseguire'... e da lì in poi inizio a raccontarmi la mia versione dei fatti, inizio a pensare 'come reagirebbe Francesco se vedesse la fata madrina portarsi via Cenerentola allo scoccare della mezzanotte?' E pezzetto per pezzetto, giorno per giorno, prova dopo prova... ecco che alla fine si crea il giusto mix tra la mia personalità e quello che il coreografo desidera raccontare.

Un tuo ricordo particolare legato alle prime lezioni di danza da bambino, al di là della magia del luogo... qual è il momento di maggior tenerezza e poesia che ti lega ai tuoi inizi verso un futuro ricco di soddisfazioni?
Ce ne sono tanti, ogni giorno entravo in sala danza e per me era come se stessi finalmente respirando. Prima ancora di iniziare il primissimo corso, mi ricordo che andavo sempre a casa di mia cugina Carla che all'epoca già frequentava una scuola di danza, e lei mi insegnava alcuni pezzi di coreografia che io imparavo velocemente, riuscendo subito a ripeterli bene, mia mamma vedendo questo decise di portarmi nella sua stessa scuola di danza. È stato amore a prima vista, non me ne sono più staccato. Potevo evitare di uscire con gli amici, di guardare un film, di mangiare... ma mai avrei saltato una lezione di danza.

Quanto è cambiata oggi, in termini evolutivi e fisici, l'arte della danza?
Moltissimo secondo il mio parere. Negli anni i ballerini hanno acquistato una forza tecnica, una pulizia ed una precisione più difficile da raggiungere. La danza contemporanea è ormai totalmente contaminata da qualsiasi altra forma d'arte. Si vedono spettacoli di danza mescolati alla pittura, alla scultura. Ci siamo avvicinati sempre più alla ginnastica, fortunatamente però mantenendo il nostro lato artistico vivo e ben saldo.

Ognuno di noi possiede dei miti, tu lo sei stato particolarmente nel periodo legato ad "Amici" e lo sei sicuramente anche oggi per tanti ammiratori... ma i tuoi miti personali di ieri e del presente chi sono?
Indubbiamente Rudolf Nureyev, è uno dei miei miti sin da piccolo. Jiří Kylián per parlare del presente rimarrà sempre un altro dei miei miti.

L'essere danzatore implica anche la responsabilità di non deludere mai il pubblico e, a volte, di reggere uno spettacolo sulle proprie spalle. Come è l'attimo prima di entrare in scena?
C'è sempre un po' di nervosismo poco prima di entrare, anche se hai ballato lo stesso ruolo già molte altre volte. Ma il nervoso sparisce subito appena eseguito il primo passo, a quel punto il tutto si trasforma in adrenalina che ti porta dritto alla fine della tua performance.

Che bambino eri Francesco?
Molto molto tranquillo, sin da neonato mi bastava un ciuccio e un fazzoletto in mano e non avevo bisogno nemmeno di una ninna nanna che riuscivo ad addormentarmi da solo senza storie. Durante la mia infanzia mi ricordo che la cosa che più amavo fare era creare oggetti con qualsiasi cosa trovavo intorno a me, allo stesso tempo inventare storie e viverle insieme ai miei amici o cugini. Poi quando sono diventato adolescente ho scoperto la danza, il pattinaggio artistico e lo studio del violino e sei giorni su sette ero impegnato tutto il pomeriggio con tali attività. Ovviamente trovavo anche il tempo per uscire con i miei amici, però senza mai sacrificare una delle mie occupazioni.

Quanto devi alla tua famiglia in termini di supporto e vicinanza?
Tantissimo, tutto quanto! Ho avuto la fortuna non solo di avere una famiglia di mentalità molto aperta, ma anche di aver avuto un sostegno e una spinta ogni qual volta sentivo di non farcela. Mi hanno sempre lasciato libero di scegliere se andare avanti o tornare indietro, ma cercando di farmi ragionare su cosa davvero volessi fare. In questo modo nella mia crescita non ho mai avuto paura di deluderli se non ce l'avessi fatta, ma allo stesso tempo sentivo il loro sostegno forte che mi dava una spinta nei momenti più difficili. Troppo spesso ho visto ragazzi con tantissimo talento essere bloccati dai genitori che non credono che questa sia una vita possibile. E non lo credono perché non lo sanno veramente, cioè non conoscono la danza come un vero e proprio lavoro, è un hobby al massimo, un'attività extra... Questo ovviamente è colpa della società che non sostiene totalmente l'arte della danza. Basta pensare che ogni qualvolta mi capita di andare in un ufficio per delle pratiche e mi chiedono la professione che svolgo, non sanno come riempire la casella perché non esiste la voce 'danzatore' o simile. Ma questo è un altro argomento!!

Che rapporto nutri con le scarpette da mezza punta?
È esattamente come se chiedessi ad un cantante che rapporto nutre con il microfono. Sono sempre con te, sono parte di te. Quando prepari la valigia per un viaggio in aereo ne metti un paio di sicurezza nel bagaglio a mano, così se tante volte la valigia non arriva, tu le hai comunque con te. Ci sono periodi che arrivi ad usarne e buttarne anche dieci al mese. Visto che mi hai fatto questa domanda Michele ti dirò un piccolo segreto che penso di non aver mai detto a nessun organo di stampa. Da quando sono piccolo io e mia mamma collezioniamo le mie mezze punte più importanti. Ne avrò circa trecento paia, ognuno con una storia ben precisa scritta con il pennarello all'interno.

Sono una prerogativa delle donne, però spesso i danzatori usano le punte a lezione per rafforzare le caviglie e anche il collo del piede, tu le hai mai usate?
Certo, ed è importantissimo usarle. Rinforzano la caviglia e sviluppano il collo del piede, soprattutto in fase di crescita.

Le ragazze hanno le "punte" e i ragazzi hanno i "salti", una sorta di bilanciere?
Sì, diciamo di sì. Questo per quanto riguarda la danza classica. Nel contemporaneo si potrebbe addirittura arrivare ad invertire la cosa.

Che cosa provi quando danzi in palcoscenico davanti agli spettatori?
Adrenalina, forza, coraggio, istinto, spontaneità... un insieme di emozioni cullate dalla musica e arricchite dalle luci. Sei tu il responsabile dello spettacolo, e devi far sì che lo spettatore rimanga colpito al cuore.

Il momento dell'applauso si può descrivere?
È difficile in realtà. Potrei pensare a quando vinci una bella cifra alla lotteria, o quando a scuola il professore ti da un bel voto. Ecco un'emozione del genere. Come se lasci su quel palco tutto quello che hai dentro e nell'esatto momento in cui si chiude il sipario realizzi di avere quasi una sensazione di vuoto interiore. Questo dura per pochi secondi, il tempo di creare una fila con gli altri danzatori e aspettare che il sipario si riapra. A quel punto oltre a percepire il suono dell'applauso, senti il calore del pubblico e capisci se lo hai soddisfatto o no. E in meno di un secondo ti esce un sorriso in volto, forse uno dei sorrisi più spontanei della tua vita, senza nessuna forzatura, e ti senti di nuovo pieno, riempito da quel calore, sei stato ripagato per lo sforzo che hai fatto, fisico e mentale. Questo per lo meno è quel che succede a me. A volte purtroppo si è molto critici andando a vedere uno spettacolo. Se quello che vediamo non ci piace, alla fine non applaudiamo. Questa per me è una cosa molto brutta e di poco rispetto. Moltissime volte mi è capitato di assistere a qualcosa che non fosse per niente di mio gradimento, ma l'applauso finale per gli artisti che si sono esibiti ho sempre cercato di farlo forte e caloroso. Perché in quanto artista, so cosa vuol dire salire su un palcoscenico e mettersi a nudo artisticamente di fronte ad un pubblico. Un merito va comunque al coraggio di fare questo lavoro, indipendentemente se lo spettacolo è di tuo gradimento o meno.

A tuo parere, cosa si potrebbe e dovrebbe fare, per avvicinare ulteriormente la danza al pubblico, soprattutto quella classica nei grandi teatri di tradizione?
Sicuramente abbassare il prezzo dei biglietti in teatro. Ormai andare a vedere un balletto classico alla Scala di Milano a Natale (per fare un esempio) è diventata una cosa da benestanti. Le famiglie con reddito normale non possono permettersi di pagare per quattro persone. Abbassando i prezzi e aumentando il numero di spettacoli son sicuro che il pubblico aumenterebbe. Lo stesso accade, a volte, quando sono in una città e vedo che ci sarà una compagnia ospite nel teatro... ci penso due o tre volte prima di spendere una tale cifra per una serata di due ore. E molto spesso sinceramente decido di non andare. Sicuramente anche maggiore pubblicità televisiva aiuterebbe ad avere i teatri più pieni. Si potrebbe partire dalle scuole elementari, introducendo l'arte del balletto come studio teorico. Si potrebbero organizzare degli spettacoli mattutini per gli studenti. Alcune città lo fanno, ma non così spesso e non ovunque.

Qual è stato il ruolo che più hai sentito "tuo", fino ad oggi?
È una domanda difficile, perché quando prepari un ruolo, cerchi sempre di fartelo totalmente tuo. Oltre il principe della Cenerentola come già detto sopra, ho sentito molto mia l'interpretazione di 'Petruccio' ne 'La bisbetica domata' di Jean-Christophe Maillot. In ogni ruolo cerchi di trovare un pezzetto di te stesso che si avvicini al personaggio. Quando ero 'Achille' ho ricercato la parte guerriera dentro di me, quando ero 'Oberon' ho cercato la parte regale e un po' bizzarra e così via.

In cosa la danza ti è servita come insegnamento di vita?
In tutto, la danza è disciplina di vita in primis. Mentre mangi, mentre cammini, mentre parli, fa tutto parte dell'essere ballerino perché il danzatore è colui che offre la sua vita intera alla danza. Non esegue un lavoro, ma è lui stesso il suo lavoro. Sin da piccolo impari a dedicarti al 100% allo studio, all'apprendimento e al miglioramento tecnico e impari il rispetto verso l'insegnante, i tuoi compagni e verso te stesso e il tuo corpo. E impari anche a tirarti su nei momenti difficili; usi la danza come sfogo quando ne hai bisogno, come divertimento, come passione, anche come routine giornaliera. La danza è effettivamente la tua vita e tu letteralmente vivi per la danza. E questo poi si riflette sul palcoscenico perché più dedichi la tua vita alla danza più trasmetterai verità al pubblico danzando.

Qual è la magia che si respira alla Salle Garnier del Grand Théâtre de Monte Carlo?
È un teatro magico, un piccolo gioiello, un'opera d'arte... ed è proprio l'arte che si respira all'interno. Da nativo italiano devo dire che siamo molto fortunati perché la maggior parte dei nostri teatri hanno mantenuto la magia storica sin da quando son stati costruiti e di questo dovremmo esserne fieri, dovremmo anzi sponsorizzarli molto di più.

Il balletto del grande repertorio accademico che si avvicina maggiormente al tuo carattere?
"Don Chisciotte", sicuramente! Pieno di temperamento, ma anche di verità, amore, delicatezza, a volte follia. Un insieme di emozioni e di energia.

Hai dei riti scaramantici in teatro?
Non molti fortunatamente. Ripeto sempre la coreografia che devo eseguire dall'inizio alla fine poco prima di entrare in scena. Se ripeto lo stesso spettacolo nello stesso teatro per vari giorni, metto sempre la borsa, la bottiglia d'acqua e la felpa nello stesso punto prima di iniziare lo spettacolo.

Per molti danzatori la danza è sacrificio e per molti altri è solo passione... per te la danza in termini di rinunce cosa ha rappresentato?
Sicuramente da piccolo ho dovuto 'rinunciare' ad alcuni passaggi fondamentali dell'adolescenza; mentre i miei amici uscivano a divertirsi, io ero chiuso in una sala di danza a migliorare i passi. Però ad oggi posso dire che non ho mai sentito una mancanza di qualcosa, perché quello a cui ho rinunciato è stato in realtà sostituito da altro che mi faceva star bene. Quando per esempio organizzavano delle gite scolastiche o degli scioperi alle superiori, per me era un regalo perché potevo stare a scuola di danza dalla mattina alla sera. Per esempio non ho mai amato andare in discoteca e molti coetanei negli anni mi hanno detto che non sapevo come divertirmi. In realtà ho ben altre passioni che mi divertono moltissimo e sono felice così. Amo gli sport all'aria aperta, la natura, la montagna, questo è quello che faccio per divertirmi, altri invece vanno in discoteca. Allo stesso modo, da piccolo, passavo ore e ore in una scuola di danza e questo era quello che mi rendeva felice ed appagato.

Ai moltissimi giovani che desiderano intraprendere la professione del "danzatore" qual è il tuo primo e spassionato consiglio?
Se questo è quello che sentite dentro, se non potete farne a meno, se tutto vi spinge verso questo mondo, allora è il vostro destino e probabilmente il vostro futuro. Il mio consiglio a voi ragazzi è quello di sedervi a tavola con i vostri genitori e aprire loro il vostro cuore cercando di fargli capire quanto conta la danza per voi e che rinuncereste ad un viaggio con gli amici pur di non perdere una lezione di danza. Fateglielo capire, così ho fatto io quando avevo quattordici anni.

Come vivi e hai vissuto la tua grande popolarità?
Diciamo che non ho mai considerato la popolarità come un obiettivo da raggiungere. C'è stata e c'è ancora in parte e questo scalda sempre il mio cuore. Ci sono persone che seguono il mio percorso sin dal 2007 e sono ancora lì. E per me non sono numeri, follower o conquiste, ma altresì persone vere che amano la danza o che amano il mio modo di danzare e questo le rende davvero speciali ai miei occhi. Sono coloro che hanno anche capito come sono fatto caratterialmente e non si sono fermate all'innamoramento iniziale (di solito molto breve) che a volte succede quando un ragazzo va in televisione per un periodo.

Dalla carriera artistica hai avuto molto ma c'è qualche altro obiettivo che vorresti raggiungere?
In realtà ho già toccato con mano moltissimi mondi, anche lontani dalla danza. L'unico obiettivo che mi pongo sempre è quello di non restare fermo e adagiarmi su quello che ho. Mi piace ricevere stimoli nuovi e se voglio provare un qualcosa di diverso cerco di mettere tutto me stesso per raggiungere la mia prerogativa.

Come recepisci le correzioni in sala danza o direttamente in palcoscenico?
Le correzioni sono il pane quotidiano del ballerino, in sala o in palco servono a migliorare lo spettacolo che stai facendo. Sono sempre costruttive. Ad ogni prova e ad ogni spettacolo ricevi delle correzioni.

L'equilibrio tra classico e contemporaneo è il principio che porta da sempre grande successo alla Compagnia di Montecarlo?
Direi di sì in parte; un altro aspetto che rende la compagnia particolare è il carattere singolo di ogni danzatore, in gruppo o solista. Ognuno ha una dinamica forte e una bella espressione. La diversità dei singoli ballerini però si fonde in un'unica energia durante lo spettacolo e solitamente lo spettatore rimane sempre colpito da questo.

Viviamo giornate difficili, contrassegnate da violenza, intolleranza e razzismi. La danza pensi possa ancora insegnare qualche valore etico e morale ai nostri tempi?
Vorrei sperare di sì. Ma non ne sono molto sicuro. Quello che posso dire è che forse sarebbe un mondo più pacifico se tutti dedicassero qualche minuto in più all'arte.

Ti ha pesato essere spesso al centro dell'attenzione, l'essere troppo guardato anche solo per la tua avvenenza?
Dipende dal contesto in cui sei guardato. Durante uno spettacolo vuoi essere guardato, sei al centro dell'attenzione e questo è quello che rende speciale il lavoro del ballerino. Sai che tutti quelli che ti stanno guardando hanno pagato un biglietto per essere intrattenuti da te per le prossime due ore, è il tuo compito farli andar via felici e appagati. Allo stesso tempo io che ho fatto anche un po' di televisione, non ho mai veramente amato il fatto di stare al centro del mirino nei momenti di vita privata.

Un ballerino è un atleta, a tutti gli effetti. La disciplina, la preparazione, le ore quotidiana di allenamento in sala danza: tutti elementi imprescindibili?
Assolutamente sì, come uno sport a livello agonistico, se vuoi raggiungere certi livelli devi per forza studiare tanto, con determinazione, sacrificio e disciplina.

Sei seguito da un nutrizionista?
Fortunatamente no, ho un metabolismo molto veloce. Allo stesso tempo cerco di mangiare sano e bilanciato.

Per concludere, Francesco, la passione per la danza è sempre la stessa o nel tempo muta?
Non muta la passione, quella rimane sempre uguale, forte, presente. Cambia invece la conoscenza del tuo corpo. Con gli anni che passano arrivi ad una certa maturità che ti permette di controllare meglio i movimenti che devi eseguire. Questo fa sì che l'ansia da spettacolo si attenui un po', lasciando maggiore spazio all'adrenalina.

Michele Olivieri

Ultima modifica il Sabato, 29 Dicembre 2018 08:44

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