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Lunedì, 11 Aprile 2016
Pubblicato in Interviste

La nave da crociera "Buena Onda" di Rocco Papaleo prosegue la sua avventura attraverso i maggiori teatri italiani. Tappa di questo viaggio è stato il Teatro dei Marsi di Avezzano, in cui l'attore e regista lucano, coadiuvato dello straordinario Giovanni Esposito, ha portato in scena lo spettacolo del teatro-canzone.
È stato lo stesso Papaleo ad esporci la volontà di rendere parte attiva dello show il pubblico presente in sala: "vogliamo che si sentano come i passeggeri di una nave da crociera, che possano divertirsi ed emozionarsi insieme a noi. Con Giovanni e la nostra ciurma composta da ottimi musicisti, promettiamo una vera e propria crociera dove l'orchestrina jazz vi intratterrà facendovi ballare e divertire". Per l'occasione gli spettatori hanno abbandonato le loro classiche vesti per mettersi in gioco e trasformarsi in passeggeri della nave, divenendo parte integrante dell'intero spettacolo. L'interazione tra pubblico ed attori è stata totale, con Esposito sugli scudi a coinvolgere l'audience presente con battute, gag e cori. Prima di lasciarsi andare alle nostre domande, Papaleo vuole lanciare un messaggio: "Non abbiate paura di divertirvi, anche a costo di sembrare buffi. Ridere è un grandissimo gesto di generosità verso se stessi e verso gli altri. Non c'è nulla da vergognarsi nel sembrare buffi perché fa stare più leggeri". Cos'altro aggiungere, buona lettura!

In compagnia di Giovanni Esposito sta portando in scena nei teatri italiani lo spettacolo "Buena Onda" che segue l'uscita nelle sale del suo terzo film da regista "Onda su Onda". Cosa l'ha ispirata nella stesura di questo progetto così particolare?

Tutto parte dal teatro-canzone che posso considerare come il percorso centrale della mia carriera. L' idea era quella di proseguire l'esperienza di Gaber, vero fondatore e padre putativo del teatro-canzone. Il primo segnale di evoluzione si è avuto quando ho realizzato il mio primo film, ormai circa sette anni addietro, con cui si è avuto un primo vero parallelismo perché in uno spettacolo del teatro canzone, "Basilicata Coast to Coast", evocavo l'idea del viaggio a piedi da una costa all'altra della Basilicata. L'idea si prestava per un progetto cinematografico in cui il cinema e la canzone viaggiavano sulla stessa linea d'onda. Raccontare storie impregnate di musica era il mio primo obiettivo. Da quel momento in poi le cose sono andate parallele, ho fatto altri due film ed altri due spettacoli e da un punto di vista nobile si potrebbe dire che le due esperienze si alimentano a vicenda. Da un punto di vista meno nobile potremmo sostenere che ci viene un'idea ogni 3 anni e la dobbiamo far fruttare come un maiale e quindi spolparla sia cinematograficamente che teatralmente (ride ndr). Per non dare l'idea che tra il film e lo spettacolo non ci fosse un trend d'union, abbiamo cercato di mettere ulteriore carne al fuoco. Prima di tutto sul palco non ci sono solo io con i musicisti, ma c'è anche il grandissimo interprete Giovanni Esposito. E' un teatro canzone un pò snaturato e tendente al musical, questo si. La forma è quella classica del teatro canzone ma vi è più di qualche momento di interazione tra i narratori con i musicisti, i quali non si limitano solo a suonare ma sono parte attiva della narrazione.

Ha apertamente definito la sua terza pellicola come un grandissimo flop, forse causato dal mix poco riuscito tra comicità e malinconia, componenti che in realtà emergono anche nei precedenti due film, soprattutto in "Una Piccola Impresa Meridionale" che ha ottenuto un successo considerevole. Provando ad analizzare il perché di questo insuccesso, da dove partirebbe? Ritiene che l'italiano abbia difficoltà ad approcciare a questo genere?

Difficile dirlo perché al film proprio non ci sono andati dall'inizio (ride ndr) per cui non è facile rispondere a questa domanda, ma è innegabile che sia stato un sorprendente flop. Il pubblico è il mio primo referente e per quanto possa tenere in considerazione il parere degli addetti ai lavori, il mio primo obiettivo resta sempre quello di interessare la maggior parte delle persone. Pur se ben protetto e distribuito, grazie ad un grande battage pubblicitario, con partecipazioni a Sanremo, da Fazio, a Domenica In ed in molti altri posti ancora, non si può dire che la promozione non sia stata cospicua. Sono state fatte tante analisi ed ogni componente del progetto ha detto la propria per trovare una giustificazione. Per quanto mi riguarda posso solo dire che se il film non viene visto, come si può dire che sia troppo malinconico? Il problema principale è che il film è stato un insuccesso al botteghino perché la gente non si è proprio recata a vederlo. Non so, magari è stato sbagliato il trailer o la promozione oppure le sale in cui è stato proiettato erano sbagliate. C'è una magagna che sfugge e quindi non credo dipenda dal film o dal tono dello stesso. A dirla tutta il film è anche divertente, non è un film dark. Mi servirà da lezione per concentrarmi su una storia con un appeal maggiore e che possa arrivare in maniera più diretta al pubblico. Magari non è piaciuta la storia di Gegè, musicista imbarcato su questa nave. Anche questa è una chiave di lettura.

Il film è ambientato in Uruguay, paese che lei definisce come "la Basilicata del Sud America". Quali sono in realtà gli elementi comuni tra questo paese e la sua regione d'origine? Cosa l'ha affascinata e spinta a girare il film in un paese così lontano ma anche poco conosciuto?

Anzitutto la collocazione geografica perché l'Uruguay è situato in mezzo a due colossi come l' Argentina ed il Brasile e proprio in questo mi ricorda tantissimo la Basilicata, stretta tra Campania, Puglia e Calabria. Poi la poca popolazione, in Uruguay sono tre milioni e mezzo di abitanti sparsi su un territorio relativamente vasto, un pò come la Basilicata che di abitanti ne fa sedicimila. Vi sono tante zone non abitate, stiamo larghi anche in un posto piccolo (ride ndr). In ultimo c'è un fatto di indole che deriva naturalmente dalla propria collocazione geografica, quindi c'è molta similitudine tra lucani e uruguagi, i quali sono discreti, modesti, umili ed hanno un grandissimo orgoglio e senso di appartenenza, esattamente come noi lucani. Strada facendo mi sono reso conto di come queste assonanze fossero così forti, al tal punto da spostare il film in Uruguay dalla destinazione originaria che invece era Buenos Aires. La troupe era quasi tutta del posto, tranne i capi reparto, e questo li ha motivati non poco. Considero il luogo come un attore poiché caratterizza molto la storia, ed in questo l'Uruguay era perfetto in quanto mi ha suscitato da subito una sensazione molto malinconica. Montevideo è una città che ha quest'aria un po' decadente, un po' vecchia, un Sud America atipico, ancora un po' selvaggio, era perfetto.

La storia e la vita del Presidente uruguagio Josè Mujica è particolarissima ed estremamente affascinante...

Esatto, questo è stato un altro dei motivi che mi ha spinto ad andare lì. La storia di Mujica è chiaramente esemplare, un personaggio così c'è stato solo in Uruguay, un Presidente davvero anticonformista che merita di essere preso ad esempio in tutto il mondo.

È evidente il suo interesse per i secondi, per chi ha bisogno di rivalsa o per chi non è mai arrivato primo. In "Una Piccola Impresa" si intrecciano dinamiche differenti: un ex prete, le due donne lesbiche o l'ex prostituta, dinamiche abbastanza particolari ma di stretta attualità. Da lucano e meridionale quale è, pensa possa esserci un riscatto per il sud in tal direzione?

Sicuramente uno dei mezzi per provocare questo riscatto è il cinema. Nel caso di "Piccola Impresa" qualcuno ha scritto, anche giustamente, come fosse un po' retorico il matrimonio tra due donne, quando invece poi la questione si è posta ora, a distanza di tre anni. L'idea era che il film potesse vederlo mia madre, e la figura di due spose, due ragazze vestite in bianco nel pieno della bellezza di quel momento, mi sembrava fosse un'opera di culturizzazione importante, quindi è evidente il mio punto di vista. A proposito del riscatto del sud, il cinema e la cultura in generale possono cambiare le cose e quando questa cosa sarà compresa ed i politici capiranno che per farlo si renderanno necessari maggiori investimenti, allora le cose potranno cambiare, anche se ho i miei dubbi. Mi rendo però conto che anche fare politica non è facile, se pensiamo che Mujica, pur con la sua mentalità non ha risolto i problemi dell'Uruguay! Sarebbe importante e fondamentale partire dalla meritocrazia e dal dare la possibilità di emergere ai migliori, ma sappiamo benissimo che in Italia non sempre accade. L'unico processo è un'evoluzione culturale, non c'è altro da dire a mio avviso. Il cinema ha un forte impatto per fornire spunti di riflessione e di crescita sia personale che collettiva. Cinema e teatro concedono momenti di approfondimento e di incontro esattamente come la letteratura e la poesia. Bisognerebbe ridare alla scuola il ruolo da protagonista che merita e su cui investire per il futuro, ridare carisma agli insegnanti che nel corso degli anni hanno perso gran parte dei privilegi che meriterebbero. Solo investendo nella cultura possiamo sperare in un cambiamento. È difficile ma resto fiducioso.

Cambiamo argomento. È innegabile che nel corso della propria carriera la figura di Giorgio Gaber l'abbia influenzata moltissimo. Quanto deve a questo straordinario artista?

A livello formale direi molto perché sono sempre stato attratto da questa forma di espressività, e l'idea di alternare canzoni a racconti mi ha sempre entusiasmato. Per quanto cerchi di sviluppare un mio modo di lavorare, di rielaborare le esperienze, è innegabile che inconsciamente le influenze stesse vengano a galla. Rispetto a Gaber il mio approccio è più esistenziale, mentre lui aveva un'idea politica più marcata. Non posso e non voglio mettermi a confronto con Gaber perché non è un paragone sostenibile. Mi limito a portare avanti il mio stile sperando che piaccia.

Se dovesse scegliere un brano come colonna sonora di questo splendido percorso artistico che ha avuto e sta avendo, quale sceglierebbe?

La mia canzone preferita in assoluto è "Via con me" di Paolo Conte che peraltro portiamo in scena durante lo spettacolo, anche se revisionata. È una canzone che racchiude il mio gusto sia per il sound che per il testo e che descrive alla perfezione ciò che sono. La scelta ricade indubbiamente su questa grande canzone.

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