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Sinopsi testi

Sinopsi testi (160)

Mercoledì, 18 Dicembre 2013
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CIELO NERO
di Giacomo Sartori

Nell’ottobre del 1943 Galeazzo Ciano viene imprigionato nel carcere degli Scalzi di Verona, in attesa del processo per il suo coinvolgimento negli avvenimenti che hanno portato al 25 luglio e alla destituzione del suocero, Benito Mussolini. La giovane spia Hildegard Beetz, o “Felicitas”, incaricata dalle alte gerarchie naziste di sorvegliarlo, passa le giornate accanto a lui. Inizialmente ostile al vanitoso personaggio italiano furioso di essere confinato in una cella dell’ex convento, finisce con il tempo per esserne sedotta dal fascinoso quarantenne, sempre più provato dalla detenzione ma pur sempre brillante e spiritoso. Nel tentativo di sottrarlo alla morte comincia a fare il doppio gioco, esponendosi a gravissimi pericoli. D’accordo con la moglie Edda Mussolini, alla quale è negato l’accesso al carcere, e con l’amante di questa, il marchese Emilio Pucci, propone lo scambio dei diari tenuti da Ciano quando era il potentissimo (seppure succube del genero) Ministro degli Esteri, ai quali i nazisti tengono, contro la liberazione del prigioniero. Poche ore prima all’attuazione del piano la trattativa fallisce, bloccata dallo stesso Hitler. Al termine di una estenuante notte di attesa di una eventuale grazia del genero, la mattina dell’11 gennaio 1944 Ciano viene prelevato dal carcere per essere fucilato.
In Cielo nero la vicenda è raccontata dalla protagonista, ormai molto anziana e malata, che dopo la fine della guerra ha lavorato per decenni come giornalista. Servendosi del computer del suo studio osserva, e proietta sullo schermo addossato alla parete del fondo, delle immagini e dei filmati d’epoca, che intervallano e accompagnano la sua narrazione. In scena è presente anche la stessa protagonista all’epoca dei fatti, e quindi ventitreenne. Questo secondo personaggio alterna la sua ricostruzione dei fatti a quella dell’anziana.

Mercoledì, 18 Dicembre 2013
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TORTELLINI CRUDI
Monologo di Marco Filatori

Sul palco una sedia a rotelle di spalle al pubblico, che davanti ha una tv e di fianco un tavolino con un bicchiere d'acqua. Dall'altro lato un tavolino e un computer portatile che l'attore userà per leggere al pubblico informazioni legate all'Alzheimer.
È un figlio che racconta l'irruzione nella sua vita di una madre malata della cosiddetta “malattia di Alzheimer”. Parla con lei, o con ciò che resta di lei, o con la sua idea di lei. E con gli spettatori, costretti a subire una specie di confessione pubblica. E con parte della famiglia, convocata in platea come in un triste tribunale, dove chiudere alcuni conti e, di conseguenza, aprirne altri. Ogni famiglia ha le sue ombre e le sue bombe innescate, e lui maneggia con sofferta franchezza quelle della sua. È un piccolo gioco al massacro, dove tutti appaiono nudi e indifesi, proprio come la madre, su una sedia a rotelle, di spalle. E anche il pubblico.
Il titolo nasce da un episodio preciso: entrando in casa della madre la trova che mangia tortellini crudi. Lei è convinta che siano buoni e solo un po' duri per i suoi denti, ma passate le feste sarebbe andata dal dentista e avrebbe risolto il problema. E questo spostare la responsabilità torna spesso: non riuscire a leggere le ore è colpa della vista, non farcela ad aprire una porta è colpa delle troppe chiavi. E poi l'alcol, che all'improvviso diventa lo strumento con cui lei riesce ad essere un po' serena e obnubilata. Perché in qualche recesso del suo cervello lei ha “consapevolezza” del suo stato. E la consapevolezza a volte è come una sentenza.

Mercoledì, 18 Dicembre 2013
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VOGLIA DI CORRERE
di Elio Forcella

"Voglia di correre”, ripercorre (correndo!) quasi un quarantennio di storia italiana vista attraverso il buco della serratura di un paese del mezzogiorno d’Italia. Nel testo sono fissate le tappe di un’esistenza che sfiora il vissuto di più generazioni, passando dal secondo dopoguerra, con le difficoltà di una comunità rurale, sino alle soglie della contemporaneità e del disimpegno. La povertà e la “voglia di correre” sono insite in quell’epoca di sofferenza e ricostruzione, di privazioni, emigrazioni e sogni. L’occhio del protagonista ne coglie la drammaticità, nella totale assenza di possibilità; le quali crescono e sono cercate con forza e ribellione (dalla sessualità urlata contro i tabù e le convenzioni sociali, alle utopie sessantottine di “un altro Mondo è possibile”), non negli gli scontri, nei manganelli o i lacrimogeni di Valle Giulia, ma nella lotta politica di Provincia, dove il massimo della violenza è dato dalla scazzottata tra “diversi estremismi” indistinti nel loro spasmodico bisogno di distinguersi.
La narrazione scorre veloce (anzi corre, come il protagonista) attraverso una successione continua di flashback vividi, scarni ed essenziali. I momenti di vita del protagonista si alternano e si uniscono a quelli della collettività seguendo il leitmotiv della corsa, intesa sia come vitalità fisica, che metafora della libertà.

Mercoledì, 18 Dicembre 2013
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HABLA CON EVA
Studio teatrale liberamente tratto dal film "Eva contro Eva" - omaggio a Pedro Almodovar, da un'idea di Nevia Martén - testo di Anna Martinenghi

La storia del film “Eva contro Eva” rivive nell’adattamento teatrale per soli tre personaggi (il narratore – Albah e Eva) e una comparsa; ma non si tratta di una riduzione, bensì di una “moltiplicazione”. Ogni personaggio presenta la sua “duplice” faccia, mettendo in scena le sue maschere. La precarietà della vita, i suoi meccanismi effimeri e crudeli si riversano nello specchio del mondo dello spettacolo, dove notorietà e successo durano un attimo, minacciati e consumati dalle novità.
La storia è raccontata da una voce fuori campo: un narratore-intermediario fra spettatore e spettacolo. L’attrice teatrale Albah Divina, all’apice del successo, sente la sua carriera minacciata dalle prezzemoline di turno, che le vengono continuamente raccomandate da personaggi importanti, giovani che aspirano solo alla popolarità e non hanno amore per il teatro e nessuna intenzione di sacrificare la propria vita per la carriera, come lei ha fatto.
Per questo, quando “Evaristo”, attore giovane e appassionato, bussa alla sua porta, presentandosi come “Eva” (perché il suo nome gli fa orrore) dimostrando una sconfinata ammirazione nei suoi confronti e raccontandole quante difficoltà e pregiudizi ha dovuto superare nell’ambiente teatrale da attore omosessuale per ottenere lo stage presso di lei, Albah cederà alle sue lusinghe, senza sentirsi minacciata da quel ragazzo, che considera pur sempre un uomo.
In realtà Eva non è altro che un’arrivista senza scrupoli, che ha imbrogliato per ottenere lo stage con Albah e che vuole solo sfruttare e approfittare del suo nome e della sua fama, accelerando il suo declino per toglierla di mezzo e prenderne il posto. La storia si ripete: nel momento del trionfo di Eva, un bellissimo giovane attore, busserà alla sua porta, pronto a fare quel che Eva ha fatto ad Albah. E’ in questo frangente che il narratore entrerà in scena svelando che la storia che ha raccontato finora con distacco è la sua storia: Eva gli ha rubato il posto che era destinato a lui nello stage con Albah e questa è la sua vendetta. Il successo dura un attimo e c’è sempre qualcuno di più giovane, bello e spietato disposto ad approfittarne.

N.B. Trattandosi di un “omaggio ad Almodovar”, che ha fatto del “meta-linguaggio” il “suo linguaggio”, sono state utilizzate battute originali tratte dai film del regista spagnolo integrate con battute originali dal film “Eva contro Eva” tutte evidenziate in neretto in copione.

Martedì, 17 Dicembre 2013
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ROSSI DI SERA
di Augusto Bianchi Rizzi

Sono passati quarant’anni abbondanti da quando si gridava nelle piazze “Il regime borghese si abbatte e non si cambia”. Che fine ha fatto quella generazione? Sconfitta? Dispersa? Scomparsa? Rossi di sera racconta la storia dei componenti di un gruppo di ex-sessantottini: com’erano allora e come sono adesso, il “noi” di quegli anni e l’”io” di oggi, le speranze tinte di rosso e le odierne delusioni senza colore.

La commedia è stata scritta senza risparmio di personaggi, di scene e di luoghi (interni ed esterni), pensando a una commistione di teatro e altri mezzi visivi (video, proiezioni digitali, cartellonistica, documentari, ecc.) aperta alle invenzioni registiche che mescolano per l’appunto tecniche teatrali e filmiche, documentaristiche, ecc. in una specie di caleidoscopio allegramente “schizofrenico”. Gli attori possono essere quindici o venti o trenta oppure ridotti al minimo, a solo due donne e a tre/quattro uomini che interpretano tutte le parti con cartelli identificativi (nomi, ruoli o simboli). Le scene collettive possono essere impostate con manichini o sagome e il cambio veloce, per l’appunto filmico, di quadri brevi può essere operato con inserti video preregistrati o anche in diretta o soltanto con elementi simbolico-didascalici che indicano le localizzazioni e descrivono le situazioni. Video e/o cartellonistica possono illustrare le indicazioni registiche annesse ai dialoghi. Come pure i costumi e i trucchi possono acquisire un carattere molto didascalico (barbe posticce, eschimo, maschere, ecc. che gli attori trovano già in scena e indossano e dismettono velocemente quasi parossisticamente). Anche gli arredamenti possono essere indicati con proiezioni pop sulle pareti di un ambiente neutro-base oppure solo accennati con simbologie elementari mutevoli (manifesti politici che diventano sul retro pubblicità, scaffali di libri che diventano contenitori di mercanzie, bandiere che diventano foulard, ecc.). Il montaggio sonoro può avere la stessa struttura (vagiti quando si parla di nascite, tamburi quando si parla di rivoluzione ecc)

Lunedì, 16 Dicembre 2013
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TILLY
Monologo di Francesca Camponero

Un uomo si sveglia all'interno di un posto che non riconosce, stenta anche a ricordare il suo nome, ma pian piano i ricordi arrivano forti e violenti. Alle spalle un percorso di sofferenza dovuto ad un episodio drammatico di cui è stato artefice da bambino e che lo ha segnato per tutta la vita conducendolo al punto in cui si trova al momento.

Venerdì, 13 Dicembre 2013
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FOTOCOPIE
di Sara Beinat

Cinque sconosciuti si ritrovano nella stessa stanza per affrontare un colloquio di lavoro collettivo. A condurre la selezione un esaminatore con il compito preciso di valutare la solidità della loro motivazione, tralasciandone volutamente il percorso formativo, le specializzazioni, le esperienze. Ne deriva una situazione studiata ad arte per creare nei candidati dapprima imbarazzo, quindi disagio e destinata infine a cadere, complici le inusuali richieste dell'esaminatore, in un gioco al massacro. Tutto per un posto di lavoro da fotocopiatore. Fotocopie illumina di una luce grottesca le dinamiche dei colloqui di lavoro e le tecniche di selezione del personale, soffermandosi non tanto sull'assurdità delle domande quanto sulla parvenza di normalità conferita alle risposte. In un momento in cui anche un impiego umile diventa desiderabile, non è scontato chiedersi fino a che punto si è disposti ad arrivare per ottenerlo.

Giovedì, 12 Dicembre 2013
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KAMCHATKA (… E IO MI DIFENDO CON TRE)
di Mario Alessandro Paolelli

Quattro fratelli uniti da un'ironica e terribilmente cinica partita a Risiko. Sembrerebbe che non ci sia nulla di strano a riunirsi per giocare con un gioco da tavolo. La particolarità è che i membri di questa famiglia si riuniscono per giocare a Risiko solo quando accade un certo avvenimento che, pare, sia l’unico modo di farli incontrare tutti insieme. Quattro storie diverse, quattro realtà diverse, quattro fratelli diversi, quattro diversi modi di affrontare la vita. Tra un whiskey e un lancio di dadi, ogni fratello ha l’occasione di ripercorrere la propria esistenza sotto la lente d’ingrandimento del giudizio degli altri tre, in un cinico ed ironico ‘gioco nel gioco’. Ma alla fine l'importante sarà quello... di difendersi con tre.

Mercoledì, 11 Dicembre 2013
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IL CONSIGLIO RISTRETTO
Commedia di Daniele Trovato

La recessione economica si fa sentire, il Governo è in crisi e ci si prepara alle elezioni. Il Presidente Vitaliano Galtan convoca con urgenza un Consiglio dei Ministri ristretto ai principali esponenti del Governo. A favor di telecamera sotto lo sguardo attento dei TG, fioccano gli annunci di provvedimenti tempestivi e risolutori, che verranno annunciati in una conferenza stampa finale. Quando le porte di Palazzo Chigi si chiudono però, le esigenze del paese vengono presto accantonate a favore delle strategie elettorali. Circondato da Ministri nostalgici, corrotti, arrivisti e cialtroni oltre ad ambigui consulenti alla comunicazione, il vecchio Galtan cerca l’asso nella manica che può fargli ottenere l’ennesima rielezione. Nella turbolenta riunione verranno allo scoperto tradimenti, congiure, trame di partito, precari equilibri di potere e scandali diplomatici, mentre l’inaspettata ancora di salvezza sembra arrivare da una sconosciuta ed esotica pratica giapponese, il Bonji. Nel frattempo il competente ministro Pinardi, entrato da poco in politica e da essa travolto, si trova di colpo a dover scegliere tra ascoltare la propria coscienza e salvaguardare gli interessi propri e del partito. Una satira in chiave di farsa, dove il gorttesco si mescola a tragici elementi di realtà, descrivendo una classe dirigente italiana in cui rappresentanza politica e rappresentazione teatrale sconfinano sempre sempre più spesso l’una nell’altra.

Martedì, 10 Dicembre 2013
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MEIN KAMPF REPORTAGE
Atto Unico di Giacomo Quinti

WASHINGTON - Joseph, 12 anni, è cresciuto non proprio in un nido. Fin da bimbo ha visto attorno a lui divise nere da SS, bandiere con la croce uncinata, fucili. Fin da piccolo invece che fiabe ha sentito risuonare il saluto «Sieg Heil», accompagnato dal braccio teso e da lunghe «tirate» del padre neonazista, Jeff Hall. Un uomo severo che volentieri gli riservava trattamenti duri e disciplina. Ma che comunque Joseph amava. Amava. Al passato. Sì, perché all'alba del Primo Maggio di un anno fa, il ragazzino ha fatto fuori il papà a colpi di 357 Magnum sottratta da un armadio. Gli ha sparato alla testa mentre dormiva su un divano. Senza alcuna esitazione.

Corriere della sera, 30 ottobre 2012

Se la domanda è "com'è possibile che un ragazzo di dodici anni possa uccidere suo padre?", nessuna risposta può essere considerata di per sé esaustiva. Porsi questa domanda però non può esimere dal gettare almeno uno sguardo, necessariamente inclemente, su quelli che sono alcuni tra i principali "attori" che, in una tragedia come quella evidenziata, inevitabilmente entrano in gioco: la famiglia; i media; la scienza; il carcere; e, ultimo solo in questa lista, il mostro violento del secolo scorso con le sue costanti reminiscenze: il nazismo.

Cinque i personaggi in scena ognuno prigioniero a suo modo di una propria battaglia, in una storia che, prendendo spunto da un fatto di cronaca, ripropone allo spettatore alcuni sostanziali interrogativi attraverso una proiezione, certo visionaria ma non irrealistica, della nostra società.

Gli spazi scenici sono nel testo genericamente definiti in funzione di opportune soluzioni registiche al riguardo (loro separazione e/o uso articolato di uno stesso spazio). E' previsto l'uso di alcuni elementi video, sia in proiezione diretta che registrata.

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