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Domenica, 30 Ottobre 2011
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MALAMORE. ESERCIZI DI RESISTENZA AL DOLORE

Al centro dello spettacolo storie ordinarie e straordinarie di donne e del loro rapporto con gli uomini, perché “ci sarà pure una maniera per andare avanti”. In scena un’attrice, Lucrezia Lante della Rovere, capace di viaggiare tra i volti e i suoni di una narrazione multipla senza perdere di vista il senso di un racconto civile che parla al tempo presente senza deroghe o digressioni. A lei fa da controcanto la sensibilità di Vicky Schaetzinger, che al pianoforte trova tra le note altre suggestioni e altre storie.

«Le storie che ho raccolto sono scie luminose, stelle cadenti che illuminano a volte molto da lontano una grande domanda: cosa ci induce a non respingere, anzi, a convivere con la violenza? Perché sopporta chi sopporta, e come fa? Quanto è alta la posta in palio? Alcune soccombono, molte muoiono, moltissime dividono l’esistenza con una privata indicibile quotidiana penitenza. Alcune ce la fanno, qualche altra trova nell’accettazione del male le risorse per dire, per fare quel che altrimenti non avrebbe potuto. Grandissimi talenti sono sbocciati da uno sfregio. Altrettanto grandi sono stati spenti. Per mille che non hanno nome, una cambia il corso della storia. Sono, alla fine, gesti ordinari. Chiunque può capirlo misurandolo su di sé. Sono esercizi di resistenza al dolore».

Concita De Gregorio

Domenica, 30 Ottobre 2011
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LIMON DANCE COMPANY

José Limón è uno degli esponenti più luminosi e carismatici della modern dance. Tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta ha entusiasmato il pubblico sia come interprete che come coreografo, trasformando il suo modo di danzare – elegante, fluido, vitale – in uno stile inconfondibile che i suoi danzatori e le sue danzatrici hanno preservato come eredità negli anni, un imprinting dato non solo dall’arte di Limón, ma anche dagli ideali di umanità che ha saputo trasmettere, dando alla sua danza un carattere etico che continua a parlarci ancora oggi.

La Limón Dance Company, fondata nel 1946 da José Limón e da Doris Humphrey, è l'eredità vivente della tecnica e della filosofia di movimento teatrale sviluppata da Limón, le cui opere innovative sono state riconosciute come grandi capolavori della danza americana. Ancora oggi, dopo oltre sessanta anni dalla sua fondazione, la Compagnia continua ad essere apprezzata nel mondo per la grande abilità tecnica e la ricchezza di sfumature espressive. I ballerini sono attualmente sotto la conduzione di Carla Maxwell, che ha lavorato in stretta collaborazione con Limón prima di diventare Direttore Artistico della Compagnia nel 1978. L'impegno nella produzione e presentazione di programmi contenenti sia opere classiche di danza moderna americana che opere commissionate a coreografi contemporanei ha dato vita negli anni ad un repertorio molto ampio ed affascinante, vero tratto distintivo di questa Compagnia ovunque applaudita nel mondo.

Domenica, 30 Ottobre 2011
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SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE

«Chi non ha visto Sei personaggi? Chi non ne è rimasto sorpreso e affascinato la prima volta, e poi l’ha voluto rivedere e di nuovo l’emozione è tornata? Molte sono le edizioni proposte in questi ultimi anni. E perché allora riprenderlo? Il fatto è che solamente vedendolo e rivedendolo lo spettatore potrà cogliere il fondo della sua misteriosa teatralità. E poi ci sono i giovani, che non l’hanno mai visto. Non possiamo privarli di questa scoperta, se li vogliamo anche spettatori di domani. Sei personaggi è esploso negli anni Venti, ma è rimasto in vita per ogni generazione, e chiunque abbia scritto di teatro non ha potuto fare a meno in seguito di tenerne conto. Da parte mia posso dire di essere stato a lungo vicino a questo testo. Fui ‘’il Figlio’’ all’inizio della mia carriera, nella messa in scena con maschere curata da Gianfranco De Bosio. E poi lo misi in scena io negli anni Settanta e lo replicai a lungo recitando il ruolo del ‘’Padre’’. E ancora fui ‘’il Padre’’ negli anni Ottanta, quando chiamai Peppino Patroni Griffi per la regia, e Peppino ci fece ottenere un successo clamoroso, che si ripeteva ogni sera in tutti i teatri della penisola. Ecco: ricordando Peppino e il lavoro fatto da lui mi occuperò della nuova messa in scena, che voglio dedicare ai giovani. Vedendo per la prima volta Sei personaggi si sentiranno partecipi di una grande avventura teatrale».

Giulio Bosetti

(nota che Giulio Bosetti volle inserire nel programma di sala dello spettacolo al suo debutto al Teatro Carcano, nell’ottobre 2008, e che ben evidenzia la sua predilezione per questo testo, da lui interpretato in due acclamate messinscene, una prima volta, giovanissimo, nel ruolo del Figlio, e negli anni della maturità in quello del Padre).

Domenica, 30 Ottobre 2011
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LAVIA DICE LEOPARDI

«Le poesie di Leopardi sono talmente belle e profonde che basta pronunciarne il suono, non ci vuole altro. Da ragazzo volli impararle a memoria, per averle sempre con me. Da quel momento non ho mai smesso di dirle. Per me dire Leopardi a una platea significa vivere una straordinaria ed estenuante esperienza. Anche se per tutto il tempo dello spettacolo rimango praticamente immobile, ripercorrere quei versi e quel pensiero equivale per me a fare una maratona restando fermo sul posto».

Gabriele Lavia

Lavia «dice Leopardi»: dice, perché non legge né interpreta, ma riversa sul pubblico, in un modo assolutamente personale nella forma e nella sostanza, le più intense liriche leopardiane, da A Silvia a Passero solitario, dal Canto notturno di un pastore errante dell’Asia a La sera del dì di festa. Leopardi soggiornò a Pisa nove mesi fra il 1827 e il 1828, dove sembrò rinascere, e ritrovare un equilibrio che lo portò a stemperare di nuovo nella dolcezza dell’intuizione poetica il disincanto e l’amarezza delle Operette morali. L’attore e regista milanese vuole rendere omaggio al poeta, al suo soggiorno pisano, a quella sua nuova voglia di sondare la parola e il suono in un momento della sua esistenza che si tramutò in esaltante creatività artistica.

Domenica, 30 Ottobre 2011
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OTELLO - BALLETTO DI ROMA

Fabrizio Monteverde, dopo l’importante successo di critica e pubblico riscosso nelle scorse stagioni dal suo Giulietta e Romeo, torna con una nuova versione dell’Otello (su musiche di Antonin Dvorˇák), in cui rivisita il testo di Shakespeare lavorando soprattutto sugli snodi psicologici che determinano le dinamiche dei rapporti ambigui e complessi nel triangolo Otello-Desdemona-Cassio, dove i tre vertici risultano costantemente intercambiabili grazie agli intrighi di Jago e alle varie maschere del ‘non detto’ con cui la Ragione combatte – spesso a sua stessa insaputa, ancor più spesso con consapevoli menzogne – il Sentimento. L’ambientazione costante in un moderno porto di mare (un dichiarato omaggio agli sgargianti fotogrammi fassbinderiani di Querelle) chiarisce e amplia l’intuizione di base: se Otello davvero è, com’è stato sempre, un “diverso”, un outsider non tanto per il colore della pelle quanto per il suo essere straniero, ovvero qualcuno abituato ad altre regole del gioco, è anche vero che la banchina di un porto è una sorta di zona franca, un limbo dove si arriva o si attende di partire, un coacervo di diversità dove tutte le pulsioni vengono pacificamente accettate come naturali e necessarie proprio per il semplice fatto che lì, nel continuo brulicare del ricambio umano, lo straniero, il diverso, il barbaro non esistono. Precoce dramma romantico, l’Otello ben si presta alla lettura elaborata da Monteverde, dove anche l'enfasi di Dvorˇák trova una sua pertinente collocazione fungendo spesso da sottile contrappunto ironico all’azione dei personaggi.

Domenica, 30 Ottobre 2011
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L'ASTICE AL VELENO

«L’astice al veleno è una commedia che ho scritto nell'autunno del 2010. Protagonisti sono Barbara e Gustavo. Lei è un’attricetta amante addolorata e delusa del regista dello spettacolo che sta provando, Gustavo è un pony express che porta in giro pacchi dono per il Natale imminente. La vicenda nasce infatti, e finisce, nella giornata del 23 dicembre, e si svolge nel teatro dove Barbara debutterà tra pochi giorni. In scena con i protagonisti ci sono quattro statue facenti parte della scenografia: una lavandaia del Cinquecento, uno scugnizzo di Gemito, un poeta rivoluzionario tratto dal Regno delle Due Sicilie e un ‘munaciello’, figura mitologica dell’iconografia popolare napoletana che si esprime come un primitivo. Barbara parla con con queste figure inanimate che nella sua fantasia prendono vita, e solo lei (con il pubblico in sala) le vede “vivere”, come gli amici immaginari dei bambini... ma quando in teatro arriva Gustavo vestito da Babbo Natale, e anche lui vede le statue che si muovono, è il segno che tra i due c’è molto in comune…».

Vincenzo Salemme

Domenica, 30 Ottobre 2011
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IN QUESTE STAGIONI FURIOSE

L’opera di Raymond Carver, uno dei più grandi romanzieri americani, considerato erede di Hemingway, in realtà artista dall’originalità spiccata e capace di raccontare l’animo umano fin dentro le estreme sue pieghe, ben si presta ad essere narrata e posta sul palcoscenico. Maddalena Crippa e Andrea Nicolini propongono in questo recital alcuni dei racconti più forti e coinvolgenti della vasta opera dell’autore americano, storie di uomini nel quotidiano scontro con le miserie dell’esistenza, storie di coppie che vedono morire impotenti la loro storia d’amore nel caldo pomeriggio di un motel (Gazebo), o terremotate dalla semplice e terribile scoperta di antichi e mai confessati tradimenti (Vuoi star zitta, per favore?). I testi di Carver si alternano alle musiche originali per pianoforte solo di Andrea Nicolini eseguite dal vivo da Caterina Picasso.

Lunedì, 14 Novembre 2011
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ENRICO VIII

Spazio scenico polidimensionale in cui il pubblico interagisce, scene a forte impatto spettacolare per quello che è l’ultimo dramma scritto da William Shakespeare. Trionfo di un’illuminata monarchia, il dramma ha il suo punto di forza nei temi, nelle vicende e nel poetico tratteggio dei suoi numerosi personaggi, tra cui spiccano il passionale Enrico, l’intrigante Wosley e Caterina, la regina abbandonata che conclude la serie delle figure femminili dei “romances”.

“Questa volta” dice l’autore “non vengo a farvi ridere; abbiamo da presentarvi cose gravi accigliate e tristi per alti travagli: scene di dolore d'una tale maestà e nobiltà da strapparvi dagli occhi fiumi di pianto. Quelli d'animo tenero e pietoso potranno ora, se vogliono, versare una lacrima; la vicenda la merita. Chi ha speso il suo denaro con la viva speranza di veder cose credibili, questa volta vedrà cose vere”.

Lunedì, 14 Novembre 2011
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ODIN TEATRET NORDISK TEATERLABORATORIUM

ORME SULLA NEVE

Ogni spettacolo racconta una storia. I personaggi che appartengono al mondo della finzione diventano realtà credibile per lo spettatore grazie alla tecnica dell'attore. In ORME SULLA NEVE é la tecnica stessa che diventa protagonista. L'attrice, in prima persona dialoga, esponendoli, con i segreti che precedono e seguono la costruzione di un personaggio e la creazione di uno spettacolo. La tensione che caratterizza ogni dramma appare in questo spettacolo/dimostrazione di lavoro attraverso un confronto tra il comportamento quotidiano dell'attrice e la sua trasformazione in comportamento scenico.

“Chi viaggia incontra qualcosa di nuovo. Ma non dimentica mai ciò da cui si sta allontanando. L’orizzonte delle conoscenze si dilata, ma non si tratta di vere scoperte. La vera scoperta è quando lentamente affiora ciò da cui il viaggio sembra liberarlo: “le ferite”. Si aprono gli occhi nel momento in cui lo sguardo è concentrato altrove” Eugenio Barba

Lunedì, 14 Novembre 2011
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ODIN TEATRET NORDISK TEATERLABORATORIUM

SALE

Un'odissea al femminile. Una donna viaggia da un'isola all'altra del Mediterraneo alla ricerca di un amato scomparso. Un fantasma la accompagna e la dirige in una danza sempre più vicina alla consapevolezza di una definitiva lontananza. SALE prende spunto da un testo non teatrale, LETTERA AL VENTO l'ultima lettera del romanzo epistolare di Antonio Tabucchi “Si sta facendo sempre più tardi”, per entrare nelle pieghe dell' animo umano, «fotografando» la voce di un amore, la voce di una vita in un sovrapporsi di ricordi amari come il sale delle lacrime. La novella di Tabucchi viene distillata in un crescendo di emozioni, segni, parole, gesti, musiche che rinnovano il sapore di un amore invecchiato nei ricordi. Un amore forse mai nato, ma sicuramente vissuto e sicuramente morto, un amore che ha lasciato nella vita della donna che l' ha coltivato una lunga traccia di sale.

“C’è un battello all’orizzonte che lascia nell’azzurro una striscia di spuma bianca. Sarai tu anche quella? Forse. Potrei metterla nella mia tasca” Antonio Tabucchi

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