Attrice duttile e naturale, con aspetto perenne da ragazzina, Marina Rocco si appassiona al teatro e alla recitazione sin da giovanissima, a 15 anni, studiando con Rino Silveri e Piero Mazzarella e successivamente a Roma con Francesca De Sapio. Alcuni la ricordano nei primi anni di carriera ne La Melevisione, spettacolo televisivo per bambini, nei primi anni Duemila, ma presto Marina arriva ad accumulare esperienze diverse e ad affrontare con disinvoltura cinema, fiction, e teatro. Tra i suoi lavori al cinema, La giusta distanza, di Carlo Mazzacurati e Notti magiche di Paolo Virzì, mentre in tv è stata tra gli interpreti della serie Tutti pazzi per amore, e la si trova anche in episodi de Il commissario Montalbano, Imma Tataranni, Stucky. In teatro da anni è forte e duraturo il sodalizio con il Teatro Franco Parenti, Filippo Timi e Andrée Ruth Shammah, con i quali ha recitato in numerosi lavori (Amleto, La Sirenetta, Il Don Giovanni, Gl’Innamorati, Un cuore freddo in inverno, La Maria Brasca) e ha appena terminato a Firenze, proprio con Filippo Timi la nuova edizione di Amleto² .
Com’è andata con Amleto² ,dopo un bel po’ di anni dal primo debutto, dello spettacolo di e con Filippo Timi?
E’ stata una vera gioia, un’esperienza eccezionale che mi ha fatto tanto piacere. Quindici anni fa è stato il primo spettacolo importante e prima di quell’esperienza non avrei mai pensato di riuscire a fare teatro, anche perché non venivo dalle scuole teatrali quelle classiche. Avevo fatto altre cose di recitazione, ed ero arrivata a pensare che il teatro non facesse per me, che non fossi proprio destinata a entrare in quel mondo. L’ingresso di Filippo Timi nella mia vita da questo punto di vista è stato rivoluzionario, mi ha veramente aperto quelle porte e in questi quindici anni mi sono molto affezionata sempre più al teatro, in maniera totale, e naturalmente anche al modo di lavorare di Timi. Dunque, trovarmi in scena ancora con questo importante spettacolo, una ripresa in effetti, che allora fu la prima regia di Filippo era importante sia per me che allo stesso modo anche per gli altri interpreti, era un’idea molto emozionante, che si è avverata. E che ci ha dato ancora grandi soddisfazioni.
Con della sicurezza in più, probabilmente…
Sì, anche se allo stesso tempo un po’, ora, si aveva il dubbio di chissà cosa potesse succedere, dopo tanti anni, cosa lo spettacolo potesse dare ancora. Rispetto ad allora è stata un’esperienza completamente nuova ma anche un qualcosa di particolare, come se ci fossimo goduti finalmente di una maggiore soddisfazione rispetto a quel primo momento, proprio allora perché c’era più paura, più incertezza, anche se andò molto bene anche anni fa e quella cosa mi cambiò la vita. Purtroppo io non ero stata in grado di godermi veramente del tutto quella situazione. Diciamo che ora, anche dopo qualche batosta ricevuta negli anni mi godo un pochino di più quello che faccio.
E comunque continua il tuo grande sodalizio con il Parenti e con Filippo Timi, appunto. Bella cosa…
Sicuramente, ed è stato, parlando ancora di quest’ultima esperienza appena terminata, in qualche modo pazzesco ritornare un po’ come agli esordi, perché è stato vissuto tutto come una nuova ripartenza, tutto il lavoro fatto all’epoca e anche negli anni successivi ha avuto ora lo spazio per venire fuori come un’esperienza rafforzata. Poi, Amleto² tra le tante cose che ha avuto di speciale è che era, ed è, un contenitore straordinario, che ancora ci contiene tutti nelle nostre diversità. Sono proprio entusiasta di continuare a fare un teatro così.
Un’attrice come te usa qualche scaramanzia prima di entrare sul palcoscenico?
No, nessuna in particolare. Piuttosto ho, diciamo così, delle piccole ossessioni riguardanti il trucco, per cui deve essere tutto a posto. Faccio delle cose sempre identiche prima di entrare in scena, sto parlando della preparazione che faccio per me stessa, sono piccoli riti, ecco, non esattamente delle scaramanzie.
Parliamo di teatro in senso generale. Le nuove drammaturgie in Italia secondo te trovano spazio nelle programmazioni dei teatri, nei calendari, o gli organizzatori preferiscono non rischiare troppo e proporre spettacoli di grande richiamo, come ad esempio i classici?
Forse io non ho le conoscenze adatte per rispondere a questa domanda, non sono così un’esperta della scena da poter dare un’opinione precisa, diciamo che visto che parliamo di classici e quindi di capolavori rimasti nel tempo mi auguro che gli stessi siano un nutrimento per i nuovi drammaturghi, per i nuovi autori e che loro stessi si nutrano dei capolavori. E spero proprio che ci sia spazio per tutti, sinceramente. Del resto i testi dei grandi autori come Pirandello, Goldoni, Shakespeare, Moliére non possono comunque che fare bene, non posso credere che schiaccino comunque la creatività di chi scrive ai giorni nostri, mi spiacerebbe tanto se così fosse. E poi ritengo che ci sono tanti autori nuovi che hanno fatto e stanno facendo dei lavori fantastici.
La tua visione del teatro in Italia, oggi, qual è?
Direi che è super positiva, vedo che i teatri si riempiono, che c’è tanta gente che li frequenta e con tanta voglia di vedere, di assistere, c’è tanta voglia di andarci, di scegliere. Sono entusiasta di quello che sto vedendo in giro, e mi ripeto, vedo le sale piene sia negli spettacoli che faccio che in quelli che vado a vedere. Mi sembra che dal dopo pandemia il teatro sia davvero rifiorito, quelli sono stati momenti davvero bui ma appena ci siamo liberato da ciò tutto è ripreso molto bene, ho questa impressione. Magari c’è qualcuno che ha dei dati più certi, però a me sembra così, che il teatro stia andando bene e che ci sia questa grande voglia di esserci nelle sale. Forse questa cosa è rimasta una delle esperienze vitali che in questo momento sono un rifugio per chi ha voglia di cose belle, rispetto a quelli che oggi sono gli strumenti di comunicazione più usati, in un tempo che va velocissimo.
Recitare è una psicoterapia personale che aiuta l’attore, inteso come individuo?
Beh, non è un lavoro qualsiasi fare l’attore, l’attrice, anche se dipende da quanta passione hai nel farlo, certo se non ce n’è molta può anche essere un lavoro come un altro, ma non è certo il mio caso. Per me il teatro è sempre stato lo spazio dove mi sono presa e mi prendo il mio tempo. La vita l’ho sempre trovata comunque caotica e difficile da comprendere, da acchiappare. Il palcoscenico invece mi fa capire, e me l’ha fatto sempre intendere, che lì bisogna che mi si lasci in pace, perché ogni volta che ci salgo è il mio momento, e quindi faccio e farò sempre qualcosa lì sopra, qualcosa che sicuramente mi piace. Il teatro, soprattutto, è sempre stato ed è il luogo dove esistere, e dove mi sento meglio, dove ho avuto più forza che in certi altri momenti, nella vita.
Hai un testo, o un personaggio che più ti rimane nel cuore, che hai interpretato o vorresti fare?
Due, almeno per il momento, che sarò felice di interpretare: una è Maria Brasca, e ti posso dire che fra poco riprenderò in teatro questo bellissimo testo di Giovanni Testori, ed è il terzo anno che lo rifacciamo; Poi ho un’occasione bellissima per settembre e ottobre nella prossima stagione, un monologo scritto da Nicoletta Verna, l’autrice de I giorni di Vetro, una scrittrice molto brava, scritto per la Giornata contro la Violenza alle Donne. La storia di una donna del dopoguerra, Maria Stuarda. Lei e la Maria Brasca le definisco con affetto le mie due Marie.
Da attrice cosa ti piace di più del teatro, quali sono gli aspetti più interessanti?
Per me il teatro è nuovo tutti i giorni, si rinnova, ogni giorno si incontrano persone e non sono mai le stesse del giorno prima, tu stesso quando reciti non sei mai lo stesso e su quel palcoscenico ogni volta devi combinare qualcosa perché altrimenti sei finito. E’ proprio questo il motivo per cui andiamo sul palcoscenico, e per cui gli spettatori vengono a vedere lo spettacolo, per vedere qualcosa di nuovo perché per forza lo è, non si ripete mai, essendoci degli esseri umani coinvolti. E’ incredibile pensare che possa essere qualcosa di diverso, perché questo è quello che siamo tutti noi ogni nuovo giorno, che è unico ogni volta. Si rinnova per natura.
Il tuo lavoro permette di rimanere coi piedi per terra, nel senso di essere una donna del tuo tempo e della tua contemporaneità storica, o il fatto stesso di interpretare tanti ruoli porta a uno straniarsi, e a far fatica a rimanere dentro il periodo che si vive?
Diciamo che lo stare al mondo è comunque una sfida per tutti, comunque. Non credo che ci siano differenze tra gli attori e le altre persone che fanno mestieri diversi, vite diverse, ed è straniante dunque per ogni essere umano la vita in sé. Vorrei capire chi è che non si sente un po’ strano delle volte, e talvolta fuori dal mondo. Penso veramente che sia una condizione di tutti, ecco, quindi in questo senso mi sento parte dell’umanità nella maniera più assoluta. Anzi, ancor di più andando avanti con gli anni.
Teatro, cinema, tv, hai fatto un po’ di tutto, ma c’è qualcosa che ami di più ?
A me piace la recitazione, più passa il tempo e più è così. Non so se l’hai provato anche tu ma più si va avanti con gli anni meno si è tranchant, e si diventa più morbidi. Amando molto recitare, ogni volta che arriva un personaggio bello, che mi piace, non vedo l’ora di iniziare. Per il resto, visto che siamo su Sipario, dico una cosa: viva il teatro, che mi sta dando delle gioie immense. Per cui, senza alcun dubbio, dico lunga vita al teatro.
Francesco Bettin