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INTERVISTA A MAURO ASTOLFI - di Francesco Bettin

Mauro Astolfi. Foto Cristiano Castaldi Mauro Astolfi. Foto Cristiano Castaldi

Coreografo, Direttore artistico della Spellbound Contemporary Ballet, professionista della danza con una grande personalità Mauro Astolfi è uno dei nomi più rappresentativi del balletto contemporaneo, su cui innova continuamente la sua ricerca e il suo stile. La compagnia nasce nel 1994 dopo una sua lunga permanenza di lavoro negli Stati Uniti, è condivisa dal 1996 con Valentina Marini e frequentata da danzatori di eccellenza. I lavori di Spellbound, attraverso un vasto repertorio sono sempre più richiesti nel mercato straniero, esportati fino ad ora con successo anche in Francia, Serbia, Thailandia, Spagna, Russia, Austria, Bielorussia, Svizzera, Stati Uniti, Croazia e Germania, Inghilterra ed Israele. Astolfi inoltre è anche un freelance impegnato in questi ultimi anni a portare la propria esperienza in moltissimi Teatri europei ed Internazionali  tra i quali  Compagnia Nacional de Dansa de Cali, Israel Ballet (Israele), Augsburg Staatstheater (Germania), Ballet Theater Trier (Germania), Giessen Stadttheater (Germania), Balletto di Roma, Szegedi Kortárs Ballet (Ungheria), Liepziger Ballet (Germania), Theater Magdeburgh (Germania) e ancora River North Chicago (USA), Ballet X (USA), Humanology (Oriente Occidente), Theater Osnabrüc (Germania), SGartner Platz Stadttheater Klagenfurt (Germania), Arts Umbrella Dance (Canada), Pro Arte Danza (Canada), BackHaus dance (USA), Konzert Theater Bern( Svizzera), Theater St.Gallen (Svizzera). Dal 2009 dirige a Roma il centro D.A.F., Dance Arts Faculty – Progetto Internazionale di Danza e Arti Performative. Inoltre è docente ospite della Scuola di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma. Ha da poco debuttato in prima assoluta, al Festival “Danza in Rete”, a Vicenza, con “L’Arte della Fuga”, su musica di Bach, ultima creazione della Spellbound di grande fascinazione estetica, emozionale.

Ci parli un po’ di questo ultimo tuo spettacolo?                                                                                            
 “L’arte della fuga” è un titolo che ho trovato irresistibile, sicuramente legato in modo indissolubile alla raccolta di alcune composizioni di Johann Sebastian Bach, ma è stato un pretesto per esplorare alcune immagini mentali forti che sono scaturite da questo titolo… Ho cominciato a immaginare, pensare, sognare come e cosa  si sarebbe potuto fare per scappare da qualcosa o da qualcuno senza andare in un altro posto. Sono partito da questo pensiero per immaginare un’umanità che aveva faticosamente trovato un espediente per ricucire alcuni aspetti della propria vita nascondendosi dietro a delle pareti di cemento, un posto dove nessuno verrebbe a cercarti, ma dove sei libero dagli sguardi e dai giudizi di chiunque, libero di disegnare un tuo possibile “mondo reale“.                                                                                                                                                                        

Una grande passione per il compositore dunque…                                                                                                             
Che è reale…La musica di Bach è di una bellezza indefinibile, fortemente ed eternamente contemporanea. È la seconda volta che creo un lavoro con musiche di Bach per Spellbound Contemporary Ballet e la quarta volta in generale nella mia carriera. Già nei teatri di Trier e Berna ho creato dei lavori per il corpo di ballo con musica di Bach. E ogni volta che ti ascolto questa musica, a distanza di anni, mi sembra una musica sempre costantemente in divenire, perfettamente pertinente al tempo contemporaneo.

Nella scheda dello spettacolo ribadisci anche il tuo concetto di fuga, cosa dal quale poi lo siamo un po’ tutti no? Nel campo della danza da che cosa si deve fuggire? 
Credo che tutti noi dal primo all’ultimo giorno della nostra vita scappiamo da qualcosa. Rinunciare a qualcosa che amiamo, smettere di perseguire un interesse, non occuparsi più di sé stessi è comunque un modo di fuggire. Vivere immersi in automatismi continui in abitudini sociali, culturali, spendere parte dell’esistenza assorbiti in dogmi religiosi è un modo per scappare tutta la vita da se stessi, almeno da una parte di se stessi,  una parte che spaventa affrontare… almeno così è come sento.

A Vicenza avete debuttato con grande successo, come primo spettacolo della rassegna “Danza in rete 2023”, e avete estasiato il pubblico, che vi ha applaudito molto alla fine. E’ difficile fare danza oggi in Italia?  
Non è difficile fare danza, è difficile che le proposte artistiche vivano libere di circolare tra la gente senza preconcetti, filtri e mediazioni, senza che il gusto di pochi possa arrivare a sottrarre a molti un progetto e una proposta. Chi fa danza in Italia, e parlo con tantissimi artisti, giovani e meno giovani, mi raccontano tutti le stesse cose. Hanno tutti bisogno di qualcuno che parli bene del loro spettacolo o è finita! Quella proposta artistica sarà già morta prima di nascere!. Se qualcuno che è importante dice “a me non è piaciuto” (per sintetizzare) un semplice gusto personale può condizionare interamente distribuzione, circuitazione e quant’altro… Per la musica questo non esiste. Si sente una canzone, viene trasmessa in radio, su tutti i canali social possibili immaginabili, arriva un video su YouTube, se alla gente piace l’artista vive e prospera, e ci sarà una massa, una moltitudine di persone che potranno scegliere. Per la danza in Italia non funziona così, come ho detto prima se a qualcuno di “importante” qualcosa non piace, una singola persona può condizionare un sistema intero in modo negativo e irreversibile.

Da cosa nasce l’ispirazione per un nuovo balletto?
Da tutto, esiste tutto attorno a noi, bisogna alzare gli occhi, mettere il telefono in tasca… E scoprire che ci sono talmente tanti spunti per la creazione, che non basterebbero 100 vite per poterne realizzare la metà.

Una continua evoluzione quindi…Cosa cerchi e guardi in un ballerino, quando fai le audizioni? C’è qualcosa che cerchi prevalentemente, che ami di più trovare in una persona?  
Sono arrivato al punto, che aspetto che sia un danzatore a trovarmi, a scegliermi… quando accade questo, hai già un concentrato perfetto di tutte le dinamiche mentali, fisiche ed emozionali per lavorare con il mio tipo di danza. In questi casi diciamo che si va quasi sempre sul sicuro. Il resto si costruisce.

In poche parole riesci a definire la danza cos’è?
La danza è un pretesto, come tutte le attività umane, per arrivare a sentirsi bene con se stessi… nessuno può definire la danza forse, o almeno non è possibile per me farlo. L’unica cosa concreta e attendibile che mi sento di fare se dovessi parlare di danza e’ raccontare come mi sto sentendo rispetto a questa cosa che fa parte della mia  vita…

Torniamo a “L’Arte della Fuga”, spettacolo che adesso è naturalmente nel repertorio di Spellbound Contemporary Ballet. Possiamo considerarla come un altro passo della tua ricerca evolutiva?
Ti sembrerà strano, ma non so che cosa sia una ricerca evolutiva… È un bel concetto, è una parola importante “evoluzione“… Non mi piace molto anche la parola “ricerca”, diciamo che preferisco progredire attraverso la strada che mi ha indicato mio padre molti anni fa, mi disse “per evolvere, dovrai eliminare tutto quello che non ti serve, che è inutile alla tua vita “cose, abitudini, persone, lavori”… Qualsiasi cosa è un processo che richiede molto coraggio. Chissà se l’avrò.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Sabato, 18 Marzo 2023 10:17

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