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INTERVISTA a PETER STEIN - di Alma Daddario

Peter Stein Peter Stein

Incontro con Peter Stein in occasione della cerimonia di consegna del premio alla carriera artistica “Ombra della Sera”.

Con il suo ingegno visionario ha innovato il teatro mondiale, contribuendo a tenere accesa la tradizione classica, grazie alla grande cultura umanistica e filologica. E’ considerato uno dei più importanti artefici del teatro europeo della seconda metà del novecento. La sua espressione artistica è legata a un’idea di gruppo, un collettivo teatrale identificato con la compagnia berlinese Shaubuhne che ha fondato nel 1970, di cui hanno fatto parte tra gli altri artisti ai vertici della scena europea contemporanea come: Bruno Ganz, Jutta Lampe, Michael Konig, per citarne alcuni.
Demiurgo, sperimentatore di grandi progetti e grandi spazi, ha formato una generazione di attori. Caratteristica delle sue regie è l'utilizzo di siti teatrali in maniera inconsueta e non canonica, dove l'evento diventa inaspettato, vissuto e coinvolgente per lo spettatore, rappresentato in un tempo dilatato e senza limiti. Ha operato nei più importanti teatri e festival internazionali, spaziando dalla drammaturgia classica a quella contemporanea, e cimentandosi anche nella messa in scena di opere liriche. Da Eschilo a Cechov, da Shakespeare a Brecht, da Ibsen a Boto Strauss, per citare solo alcuni degli autori da lui rappresentati. Le sue realizzazioni sono diventate leggendarie, come “l’Orestea”, considerata uno dei suoi capolavori, tradotta anche in russo, rappresentata in tutta Europa, o come “Der Park”, riscrittura del “Sogno di una notte di mezza estate”. Specializzato in studi umanistici, storia dell’arte e filologia, può essere definito: “artista dal multiforme ingegno”, un illustre portavoce della cultura, impegnato nella tutela del teatro di parola.

Incontriamo Peter Stein durante la cerimonia di consegna del premio alla carriera “Ombra della Sera” nell’ambito del Festival Internazionale del Teatro Romano di Volterra, di cui è stato insignito lo scorso 7 Agosto.

Che senso ha oggi difendere il teatro di parola?
Oggi più che mai va difeso. Non è solo per una questione di memoria, il teatro nasce così, dalla tradizione greca. Nel teatro di parola c'è il racconto di quello che siamo, le nostre emozioni, la nostra storia. Rappresenta un momento importante di condivisione, crea un senso di comunità che nessun altro mezzo espressivo riesce a realizzare. Dentro c'è tutto lo scibile umano, e anche un senso di unità concettuale: anticamente erano gli stessi autori a recitare, basti pensare ad Eschilo per esempio, ma anche a Shakespeare. Oggi difficilmente è così, in tutti i campi si punta alla specializzazione, alla frammentarietà delle esperienze, anche se qualche contemporaneo, come Pinter, partecipa a questa esperienza collettiva. Il teatro esiste e va difeso anche per questo, per la possibilità di vivere concretamente questa esperienza. Altri mezzi artistici non possono avere questa caratteristica, in tv e al cinema per esempio tutto è frammentato, a volte gli attori non si incontrano neanche tra loro per esempio, il concetto temporale non esiste.

In questo periodo storico segnato dalla tragedia della pandemia si è puntato anche a diffondere il teatro attraverso lo streaming, cosa ne pensa?
Sono contrario allo streaming, è qualcosa che danneggia il teatro. Le persone che non hanno mai frequentato i teatri ne avranno un'immagine distorta. Il teatro va vissuto, qui e ora. Altra cosa possono essere delle riprese video fatte ad hoc, ma per mantenere la memoria, per un archivio storico, per la documentazione. Ma anche qui, qualunque ripresa anche se perfetta non potrà mai replicare la magica alchimia che si crea con la presenza fisica di attori e pubblico.

Ha messo in scena sia autori contemporanei che classici. Cosa hanno da raccontarci ancora oggi i classici?
Tutto, a patto che venga rispettato quello che l'autore voleva raccontare. Siamo noi che dobbiamo con il massimo rispetto avvicinarci agli autori classici, e trarne insegnamento. Aldilà di qualunque messaggio legato al momento storico contingente, anche l'impianto, la struttura di una messa in scena basata su un testo importante e profondo, è fondamentale. In questo senso per me l'Orestea di Eschilo è il capolavoro assoluto.

Dunque è per il rispetto di una messa in scena tradizionale dei classici?
Si. Trovo assurdo che nel tentativo di modernizzare un testo, di collegarlo a una attualità puramente formale, si realizzino messe in scena con costumi assurdi, scenografie che rimandano a realtà altre, nel tentativo di attirare l'attenzione dello spettatore. La tendenza alla modernizzazione è spesso idiota, completamente priva di senso e avulsa dal testo oltre che dal contesto. E' il testo che deve parlare, non la scenografia, che deve essere funzionale, e non disorientare o stupire lo spettatore.

Tra gli autori che ha messo in scena, c'è qualcuno in particolare ce n'è qualcuno che sente più vicino alla sua visione di teatro?
Sono io a dovermi avvicinare al testo, comprendere il senso e la profondità di quello che un autore ha voluto raccontare, il mondo e l'umanità espressa dalle sue parole. Non scelgo in base ad affinità personali.

Rispetto al resto d'Europa, come viene considerata, valorizzata o svilita, la realtà teatrale in Italia?
E' difficile fare dei paragoni. In Germania il governo tiene in gran conto il teatro. Ci sono sovvenzioni importanti, vengono tutelati anche gli attori, non solo le maestranze come avviene qui, e il periodo della pandemia ha evidenziato queste problematiche in Italia. Qui tutto è gestito da leggi e pratiche burocratiche complicate, consigli di amministrazione i cui responsabili non hanno nulla a che vedere con il mondo artistico e non ne capiscono le esigenze. Il teatro è in mano a politici e amministrativi, mentre dovrebbero essere gli artisti a gestirlo. L'unico settore dello spettacolo dal vivo che viene preso in considerazione in Italia è quello della lirica. E' anche normale dato che la lirica è l'espressione artistica popolare che origina da qui, però è anche scandaloso che altri settori come anche il teatro di prosa vengano trascurati al punto da ridurre gli artisti alla fame. Negli altri paesi c'è più attenzione al teatro di prosa, qui in Italia no. Gli autori contemporanei quasi non esistono, perchè non vengono incentivati. La condizione migliore forse è in Gran Bretagna, dove hanno una tradizione particolare, e il teatro si insegna anche a scuola.

A proposito di scuola, cosa dovrebbe aspettarsi un giovane che voglia prepararsi ad entrare, come attore, regista o altro, nel mondo del teatro?
Il problema è sempre culturale. Oggi ai giovani viene insegnato a cimentarsi in performance, più che a confrontarsi, condividere, e sentirsi parte di un progetto creativo più vasto. L'esperienza della performance è riduttiva, individualista, può essere un modo di farsi notare, ma effimero, che si consuma in fretta. Bisognerebbe educare i giovani a recuperare il senso di comunità, attraverso la cultura e la condivisione, che non a caso si possono attingere dai classici, ma non solo. Ci vuole studio, capacità di confronto, solo così si cresce veramente in ogni campo artistico. Ci vuole una visione a lungo termine, al contrario di quello che viene insegnato oggi, è una dimensione che il teatro è in grado di dare.

Progetti per spettacoli futuri?
Per il momento no. Qui è diventato difficile lavorare, e in Germania...mi considerano troppo tradizionalista.

Alma Daddario

Ultima modifica il Lunedì, 16 Agosto 2021 13:12

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