giovedì, 28 marzo, 2024
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INTERVISTA a LAURA MORANTE - di Francesco Bettin

Laura Morante. Foto Erika Fava Laura Morante. Foto Erika Fava

Grossetana (per l’esattezza di Santa Fiora), figlia del giornalista e scrittore Marcello, nipote della scrittrice Elsa Morante ed esordiente di lusso giovanissima nel mondo del teatro con Carmelo Bene, Laura Morante è una delle più famose attrici italiane, interprete di numerosissime pellicole cinematografiche, ha lavorato con registi di varia provenienza e genere, da Bernardo Bertolucci a Gianni Amelio, da Nanni Moretti a Virzì, Placido, Verdone, Resnais, Tanner, Monteiro. Ha diretto a sua volta due film, Ciliegine e Assolo, e pubblicato anche un libro, nel 2018, “Brividi immorali”. Attualmente è sugli schermi con “Lacci”, di Daniele Luchetti, ed è stata recentemente a Padova con “Il ballo”, un reading teatral-musicale tratto dal romanzo di Irène Némirovsky, occasione per avvicinarla per l’intervista. Ed è una donna di una bellezza sfolgorante.

Signora Morante, che ci dice di questa sua ultima fatica prodotto da Aida Studio, “Il ballo”?
E’ un adattamento fatto assieme a mia figlia Eugenia in forma di dialogo tratto dal romanzo breve della Némirovsky, tra una madre e una figlia adolescente. E’ una lettura a due voci più pianoforte, cosa che ogni tanto riprendo e che faccio sempre molto volentieri.

Morante attrice, regista, scrittrice, molto attiva in teatro e in cinema. Qual è la sua vera anima?
Non lo so, mi piace di sicuro sperimentare cose diverse tra loro, perchè è un modo per rimanere giovani (ride), rimanendo sempre una principiante. Molte cose poi non le ho intraprese per mia diretta volontà, è il caso che mi ci ha portato oppure la volontà di altre persone. Anche come attrice mi è sempre piaciuto cambiare, non ripetere sempre lo stesso genere di ruoli, per quanto possibile. Un attore deve scegliere tra le cose che gli vengono proposte, e a me non piace ripetermi, cerco appunto di fare cose diverse, forse perché sono un po’ claustrofobica e appena sento la ripetitività, vario.

C’è stato qualcuno di veramente determinante tra gli incontri fatti, per la sua carriera?
E’ difficile dire quali sono stati, certamente essendo stata all’inizio una ballerina è stata molto importante la formazione nella danza. Dopo ho cominciato fare teatro quasi per gioco, nelle cantine romane, con amici, poi c’è stato Carmelo Bene e piano piano sono arrivata qui dove sono. Sono stati parecchi, se ci penso, gli incontri importanti. Forse lo possono dire gli altri, anche lei, per me è difficile sapere con certezze quali sono le cose che più mi hanno influenzata, formata. Certamente, comunque, l’esperienza con la danza e quella del teatro con Bene sono stati momenti potenti, diciamo.

Da giovanissima, pensava a una carriera come quella arrivata? O è stato il destino?
Il caso è sempre una cosa ambivalente nel senso che esiste quando siamo pronti a coglierlo. E’ un incontro tra il caso, appunto, fortuito e un desiderio più o meno conscio di fare una determinata cosa, anche perché mi sono sicuramente imbattuta in molte altre situazioni che però non ho perseguito. Credo appunto ci sia un incrocio tra i desideri che magari non sono sempre coscienti, e il caso che si presenta. Certo non è stata la mia prima volontà, la determinazione a portarmi a fare l’attrice, almeno all’inizio. Mi consideravo ancora una ballerina, non sufficientemente dotata per i miei gusti, quindi cercavo forse altre vie d’uscita nonostante la danza sia stato il mio grande amore.

Come regista ha diretto due film, “Ciliegine” e “Assolo”. Ha in mente un ritorno dietro la macchina da presa?
Si’, c’è già un film che non è ancora in preparazione, ma in produzione, è tratto da una delle novelle del libro che ho pubblicato, “Brividi immorali”. Dal primo di quei racconti con Daniele Costantini abbiamo scritto una sceneggiatura che dovrebbe diventare appunto un film, l’anno prossimo.

Fra poco sarà impegnata in un’altra nuova produzione teatrale.
Si’, si chiama “Io Sarah, io Tosca”, sempre con la regia di Daniele Costantini, dove sarò Sarah Bernhardt.

Della genialità di Carmelo Bene cosa ci dice, lei che ci ha lavorato assieme?
Di lui penso sia già stato detto molto, non so cosa potrei aggiungere. E’ stato da certi punti di vista massacrante, estenuante lavorare con lui perché si divertiva un po’ a “torturare” le persone, non era molto semplice. Faticoso, anche perché appunto io non avevo scelto ancora di essere un’attrice, inizialmente ero stata “prestata” al suo teatro dalla mia coreografa per una serie di spettacoli, e poi la cosa invece è andata avanti. Ho fatto con lui due spettacoli in teatro e due cose per la televisione. Era un personaggio sicuramente molto affascinante ma anche estremamente impegnativo, anche solo per gli orari di lavoro, per me che venivo da una disciplina a metà tra l’atletica e l’arte, e che ero abituata a dormire la notte e ad alzarmi presto e andare in sala prove. Lui provava solo di notte, dalle dieci di sera alle cinque del mattino. Ho dovuto rovesciare tutti i miei orari, per me è stato un massacro. Contrariamente a quello che si può pensare non aveva nessuno dei difetti che vediamo in giro come l’invidia, la malevolezza, Carmelo era assolutamente immune da queste cose. Invece era crudele come lo sono certi bambini, quando torturano le lucertoline, come esempio. Non l’ho mai visto fare una cosa meschina o agire con invidia, anzi, se c’era qualcuno da ammirare lui era felicissimo. Era raro che accadesse, ma quando provava ammirazione gli brillavano gli occhi.

Che difficoltà incontrano secondo lei i giovani attori, quelli che si affacciano oggi allo spettacolo in generale?
Di sicuro non è un mondo particolarmente accogliente. Bisogna essere agguerriti, avere il coltello fra i denti. In un mondo dello spettacolo come lo vedo ora, io non avrei fatto nulla all’epoca, non ero capace di sgomitare, non sapevo farlo, forse non volevo farlo. Per fortuna c’era ancora il cinema d’autore, c’erano ancora dei registi che pretendevano di scegliere il proprio cast e non si lasciavano intimidire dalle richieste dei produttori e dei finanziatori del cinema, autori che adesso quasi non ci sono più. Io sono riuscita a fare il mio percorso perché ho incontrato una serie di registi così, altrimenti non sarebbe stato possibile. Adesso si contano i “like” sui social. La lotta è diventata più difficile e molte meno persone sono disposte ad affrontarla. Mia figlia stessa fa l’attrice, è sicuramente più brava di quanto non fossi io alla sua età, ma non credo che possa dire di aver avuto la stessa mia fortuna, di incontrare appunto degli autori determinati a difendere i propri cast. E’ un momento molto difficile adesso.

Da un po’ di anni si misura a teatro portando in scena testi contemporanei. Ai classici ci pensa mai?
Certo, se qualcuno mi proponesse Shakespeare sarei felicissima di farlo. Mi piace moltissimo la tragedia greca, ma a parte una lettura bellissima fatta quest’estate non mi è mai stato proposto di recitare ad esempio al teatro Greco di Siracusa. A me piacerebbe moltissimo, perché amo i classici. I testi del teatro greco poi sono di un’estrema modernità.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Mercoledì, 21 Ottobre 2020 10:00

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