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INTERVISTA a SERGIO BLANCO - di Nicola Arrigoni

Sergio Blanco Sergio Blanco

Il teatro, luogo dove l’impensabile diventa pensabile
Conversazione di Nicola Arrigoni con Sergio Blanco

Sergio Blanco è uno di quegli autori che hanno una potenza interrogante unica. È un drammaturgo che nella sua scrittura teatrale dimostra una capacità colta e sfacciata di raccontare il lato oscuro della nostra anima. Leggere il suo teatro, ma ancor più assistere ai suoi spettacoli porta lo spettatore a intuire le potenzialità di un pensiero che sa alzare il velo dell’impensato e dell’impensabile sulla realtà. E dopotutto è quanto accade ai personaggi e al Sé in scena dell’autore in tutti i testi. Il raccontare è un indossare una maschera e dietro quella maschera svelare la persona, per poi ripiombare nel dubbio che quella persona non sia che mistificazione di una maschera, necessaria a sopravvivere al contesto, alla socialità, alla realtà. Sta forse in questo il fascino del teatro di Sergio Blanco che con l’adottare la formula dell’auto-finzione (una sorta di declinazione identitaria del docufilm cinematografico) ci chiede di credere per vero ciò che vero non è e per falso, menzognero ciò che alla fin fine potrebbe essere plausibile. Da queste suggestioni nasce la voglia di un confronto e dialogo col drammaturgo franco-uruguaiano, autore che dimostra la potenza e la forza di una drammaturgia contemporanea all’interno della quale stanno autori come Jean Luc Lagarce, Pascal Rambert, Rodrigo Garcia, Joarge Mayorga, Rafael Spregelburd, Tiago Rodrigues solo per citare alcuni dei nomi, ma che in un certo qual modo rappresentano – nelle loro differenze – la voce di un teatro che sa farsi «luogo dove l’impensabile è pensabile», per usare le parole di Sergio Blanco

Da cosa nascono l’auto-finzione e la sua drammaturgia che sembra sempre voler spiazzare lo spettatore, in maniera spesso insolita e intertestuale?
«Nascono dal bisogno di raccontarsi. Non trovo niente di insolito in tutto ciò, al contrario, penso che non ci sia niente di più interessante del lavorare a partire da sé. È un impegno molto politico della propria persona, perché, come sosteneva Foucault, non c’è niente di più politico del rapporto del corpo con se stesso. Io racconto me stesso, non in un movimento di ripiegamento su di me, ma al contrario, in uno slancio verso l’altro. Partire dalla propria storia, dal proprio vissuto, dal proprio corpo, per trovare ciò che c’è di universale, ciò che accade a tutti noi, è il punto di partenza dell’auto-finzione»

Ma perché mettersi in scena sempre e comunque?
«L’ho ripetuto in diverse occasioni: non parlo di me perché amo me stesso, parlo di me perché amo che gli altri mi amino. La necessità di mettermi in scena nasce da questo: dal solo bisogno di essere amato. Quando ero bambino, avevo paura di non essere amato: questo deve aver lasciato delle tracce in me. L’infanzia decide, diceva Sartre» .

Sergio Blanco, qual è la differenza tra l’Io e il Sé?
«L’Io e il Sé sono molto legati. L’Io esiste nella misura in cui c’è un altro che mi fa esistere, con la sua sola presenza. Il Sé esiste perché è l’Io a concepirlo. L’uno e l’altro sono inseparabili. Questo è magnifico».

Cos’è la finzione per lei?
«La finzione è una costruzione dello spirito tanto forte e potente quanto lo è la realtà. Entrambe (realtà e finzione) sono costruzioni dello spirito».

Quando la verità diventa menzogna e la menzogna verità?
«Verità e menzogna sono più o meno una sola medesima cosa. Si potrebbe dire che la menzogna è una verità non supposta, oppure che la verità è una menzogna domata all’eccesso».

Nei suoi lavori c’è un andamento narrativo e di racconto che si ciba di analessi e prolessi. Il tempo viene piegato alla narrazione e la narrazione si articola su diversi piani temporali. Perché raccontare in maniera lineare è oggi così difficile?
«Non credo sia difficile, direi piuttosto che manchi di interesse. Ed è qualcosa che ogni epoca ha incontrato, non solo gli artisti di oggi. L’arte propone un approccio non lineare al modo di narrare l’esistenza ed è precisamente questo che costituisce la sua ricchezza. La vita di tutti i giorni, il quotidiano sono pieni di aneddoti insopportabilmente lineari, ma l’arte trasforma questi aneddoti in una vera e propria avventura, perché offre un approccio rinnovato, discontinuo, al racconto delle nostre vite».

Si ha l’impressione che nei suoi testi ci siano continui richiami e ritorni di situazioni: L’ira di Narciso riprende Tebas Land e a loro volta entrambi entrano nel Bramido. Perché è così importante per lei creare dei collegamenti fra i differenti testi e come si realizza questo intreccio?
«È un modo di legare i miei testi tra loro e lo trovo molto divertente. In realtà, a volte penso che i miei testi non siano che uno solo, del quale scrivo i differenti capitoli man mano che vado avanti. Amo considerare i miei testi come tasselli differenti di un puzzle che costruisco poco a poco. Questo mi diverte molto. L’intertestualità è come un gioco che mi appassiona tanto di più quando diverte anche lo spettatore. Infine, non scelgo io di tenere uniti i miei testi l’uno all’altro: sono loro che scelgono di legarsi».

Violenza e morte nei suoi testi hanno una loro potenza narrativa a tratti sottolineata e insistita fino a provocare un certo fastidio. Perché questa seclta tematica un po’ ossessiva?
«Violenza e morte sono due temi molto presenti nei miei testi perché sono presenti nelle nostre vite. Sono due realtà inevitabili. Non sono io a convocarle nel momento dello scrivere: violenza e morte si autoinvitano nella mia scrittura».

I rapporti fra i personaggi delle sue creazioni sono spesso violenti. Anche il sesso è legato alla violenza. Perché?
«È vero. A volte i rapporti tra i miei personaggi sono violenti, credo che la sessualità sia una delle manifestazioni della violenza, una delle sue forme. Allo stesso tempo, c’è nei miei personaggi un desiderio d’amore, di avvicinamento all’altro. Quasi tutti sono in una ricerca disperata d’amore, vogliono essere amati dagli altri. Per questo amo tanto i miei personaggi! Sono violenti, certo, ma non si crogiolano in questa violenza, non ne godono. Al contrario, vorrebbero sfuggirle, andare altrove».

Un tema ricorrente è la morte del padre. Cos’è la morte per Sergio Blanco?
«È un grande mistero. Ignoro cosa sia la morte. Chi potrebbe saperlo? Questa non conoscenza della morte la rende incommensurabile, affascinante. Non la temo. Risveglia in me una grande curiosità, che spero un giorno sarà soddisfatta, aspiro a questo».

La sua origine uruguayana e la cultura francese d’adozione hanno influenzato il suo modo di scrivere e di dirigere, o sono piuttosto alcuni autori ad ispirarla?
«Il mio bilinguismo e la mia doppia nazionalità hanno probabilmente influenzato la mia scrittura. Parlare due lingue significa pensare il mondo e le cose in due maniere differenti. È un esercizio straordinario e al tempo stesso doloroso. Questo ha immancabilmente segnato la mia scrittura. Ma ciò che lei dice della lettura degli autori che possono ispirarmi è altrettanto giusto. Ripeto spesso ai miei studenti che ho imparato a scrivere leggendo gli altri autori. Leggere è la miglior scuola per imparare a scrivere. Durante l’adolescenza, ho voluto iniziare a scrivere scoprendo autori come CamusBorgesStendhalQuirogaTurgenev o Dickens. La scrittura viene dopo la lettura».

Che ruolo riveste la sua cultura classica?
«La cultura classica è stata essenziale nella mia formazione, è fondante per me sia come creatore che come creatura. Le devo tanto… Ho imparato a contare attraverso il greco, e ho studiato il greco iniziando dai numeri. Le storie che mi raccontava mia madre quando ero bambino erano racconti mitologici. La cultura classica mi ha donato gli strumenti per analizzare il mondo, gli avvenimenti, le cose, le persone. Questo va al di là del contesto culturale: è un mezzo universale per afferrare l’esistenza, di qualunque epoca si tratti. Socrate, Virgilio, Seneca, Saffo, Euripide propongono degli approcci al mondo basati sul discernimento, la misura, l’equilibro e il controllo di sé. E questo ha fatto sì che i classici mi aiutassero a comprendere l’universo che mi circondava con discernimento, senza giudicare e con un profondo senso di accoglienza. È la base dell’umanesimo: inchinarsi davanti alla meraviglia che è l’avventura umana e alla complessità della sua fenomenologia»

Che cos’è il teatro per Sergio Blanco? Quali sono i suoi limiti?
«Per me il teatro è lo specchio oscuro nel quale la società viene a specchiarsi. Non ci sono limiti nel teatro, perché si tratta di un caleidoscopio dove tutto diventa possibile, anche l’impensabile. Il teatro è precisamente il luogo dove l’impensabile diventa pensabile. A teatro, ciò che ha luogo è proprio ciò che è impensabile, inconcepibile altrove».

Cosa chiede ai suoi attori?
«Io chiedo loro sempre le stesse cose: di cosa avete voglia di parlare? Da dove viene la vostra voglia di salire su un palco? Poi pongo loro moltissime domande, sul loro passato, sulla vita che conducono, sulla loro vita di tutti i giorni. Il vissuto dei miei attori mi ispira enormemente. Poi, domando loro se sono soddisfatti del loro lavoro, del nostro lavoro, se sono a loro agio nel progetto. E di certo, chiedo loro di essere concentrati, e di provare a dare il meglio di loro stessi».

Corso di perfezionamento teatrale alla Scuola di teatro Iolanda Gazzero di ERT Emilia Romagna Teatro – Sono state prorogate anche le date delle selezioni, inizialmente previste per il 26-27-28 marzo e ora posticipate al 20-21-22 maggio. Il corso Perfezionamento attoriale - Manifesto/Manifesti: per una poetica dell’azione* è realizzato nell’ambito dell’Operazione “Pratiche internazionali di pedagogia dell’attore alla Scuola di Teatro Iolanda Gazzerro”, approvata dalla Regione Emilia-Romagna e cofinanziata da Fondo Sociale Europeo. La partecipazione al corso è gratuita. È possibile inviare la propria candidatura entro le ore 24 del 06 maggio 2020, secondo le modalità indicate nel bando disponibile alla pagina: scuola.emiliaromagnateatro.com. Avvio previsto dell’attività formativa: 8 giugno 2020 Termine previsto dell’attività formativa: 23 ottobre 2020 Informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Ultima modifica il Giovedì, 19 Marzo 2020 17:00

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