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INTERVISTA a NATALIA ÁLVAREZ SIMÓ - di Michele Olivieri

Natalia Álvarez Simó. Foto Álvaro Serrano Sierra Natalia Álvarez Simó. Foto Álvaro Serrano Sierra

Natalia Álvarez Simó laureata in storia dell'arte, ha una specializzazione in gestione e pianificazione culturale e un MBA in imprese e istituzioni culturali. Ha realizzato la programmazione artistica della Fiera di Performing Arts a Madrid nel 2010. Dal 2007 lavora nell'Unità Tecnica del Programma di Sostegno alle Performing Arts Iberoamericane- Iberescena, e dal 2010 gestisce la programmazione del Dipartimento d'Arte del Centro Nazionale Museo d'Arte Reina Sofia, di Madrid. Fa parte del progetto Leim sulla leadership nella gestione della danza in Europa. Tra le altre esperienze si evidenzia l'occupazione come responsabile di pilotaggio della piattaforma MOV-S svoltosi a Bilbao il 30 e 31 maggio 2014 gestito da Mercat dels Flors. Coordina la Tavola rotonda "Art Museum vs Perforfing" all'interno della celebrazione della Piattaforma Nuova Danza Italiana tenuta a Pisa dal 22 al 25 maggio 2014 con la Fondazione Fabbrica Europa per le Arti contemporanee. Cura e produzione esecutiva della parte spagnola del progetto "Our word", un insieme di performances di artisti di diversi paesi, avvenuta tra gennaio e agosto del 2012 in collaborazione con il Festival Aarhus, in Danimarca. Dirige il Teatro Canal di Madrid dal 2016.

Ciao Natalia, come e quando ti sei appassionata alla danza? Come sei arrivata a occuparti della gestione delle arti dello spettacolo?
Quando avevo tredici anni, mia madre iscriveva mia sorella più piccola al corso di danza classica. Ogni settimana andavo con lei a prenderla e dovevamo aspettare che la lezione finisse così io mi sedevo a guardarla fino a quando ho detto "voglio farlo anch'io". Contemporaneamente facevo lezioni di teatro, quindi ho combinato entrambe le attività. Ad ogni modo ho continuato a studiare danza per molti anni. In università ho studiato storia dell'arte con una specializzazione in Arte Contemporanea seguita da un MBA in Gestione d'Imprese e Istituzioni Culturali. È stato mentre studiavo il Master, in quel periodo non smettevo di vedere spettacoli a teatro, quando ho capito che avrei potuto unire la mia passione agli studi.

Quali direzioni sta prendendo la danza contemporanea? Come vedi il settore dello spettacolo in Spagna?
Già da un paio di anni si stanno aprendo molte strade per la danza contemporanea. La danza si sta espandendo, si mette in discussione, si combina con altre discipline o interviene in altri settori. Si sta generando un'importante riflessione sul corpo da un punto di vista teorico, ma anche pratico. Bisogna considerare che la Spagna è un Paese che non ha vissuto la danza moderna a causa della dittatura. Si è saltati direttamente alla danza contemporanea. Oltre a questa mancanza, la crisi economica ha colpito molto questo settore. Salvo il caso della Catalogna dove, grazie a istituzioni come il "Mercat de les Flors", i coreografi sono riusciti a crescere, nel resto del territorio spagnolo, stiamo percorrendo la buona strada. Siamo diretti verso un tentativo di maggiore stabilità e crescita. Ci sono artisti molto quotati, tuttavia hanno bisogno di risorse e visibilità. È stata una decisione consapevole, nel caso della "Comunità di Madrid", quella di sostenere il settore della danza attraverso progetti come una programmazione stabile di danza nel Teatro Canal e il sostegno per gli artisti attraverso il Centro della Danza.

Che cosa sta succedendo a Madrid? Come consideri il pubblico della tua città? Pensando al futuro, come immagini le conseguenze del tuo operato nella capitale spagnola?
Adesso a Madrid c'è uno scenario e un pubblico in pieno fermento. Negli ultimi due anni il panorama della città è notevolmente cambiato con le nuove direzioni artistiche. Il pubblico di Madrid è molto propenso a vedere e ad accogliere le nuove proposte. All'inizio ho pensato che nel caso del Teatro Canal, uno spazio che ha cambiato la linea di programmazione verso un Centro di arti performative contemporanee per volontà del Ministro della Cultura, ci sarebbe voluto del tempo prima che si sviluppasse un pubblico per questo tipo di proposte. Nonostante tutto il primo anno abbiamo avuto un riscontro dell'80% di posti prenotati, tredici spettacoli esauriti dall'inizio della stagione e quattrocento abbonati che sono diventati cinquecentoventi nel secondo anno. Spero che le conseguenze siano ancora molte: aver elaborato un programma che consente a qualsiasi cittadino di avvicinarsi alle attuali proposte di spettacolo; contribuire al senso critico del pubblico; superare le barriere sociali. Che tutti, indipendentemente dall'età, dal genere o dal gusto, possano avvicinarsi a queste proposte; permettere che gli artisti possano usufruire di un bagaglio di ciò che hanno visto sul palco, dargli accesso a un perfezionamento professionale, e un appoggio sostanziale per sviluppare la loro carriera.

Quali sono i pilastri fondamentali del tuo progetto per il Teatro Canal? Come ti orienti per la definizione del programma di danza contemporanea? Come sono sviluppate le attività del Centro di Danza del Canal?
I pilastri sono tre: un'esibizione di qualità che rifletta sui temi attuali che riguardano tutti i cittadini; il supporto per gli autori attraverso co-produzioni, residenze o progetti di internazionalizzazione e lo sviluppo del pubblico mediante molteplici attività. Per la programmazione di danza, così come per quella di teatro, provo a lavorare da un lato con i concetti che ci riguardano a livello sociale e dall'altro provo a pensare al pubblico al quale voglio riferirmi. Questo comporta, a volte, la combinazione di compagnie più sperimentali con le proposte per un pubblico familiare di stile molto diverso. Mi sembra importante beneficiare non solo di proposte attuali ma anche presentare alcune "re-visioni" della storia della danza; così che lo spettatore che lo desidera può avere un approccio alla disciplina in tutta la sua complessità. Il tutto sempre contraddistinto da una certa qualità.

Come si sviluppano le attività del Centro di Danza del Canal?
Il centro di danza si basa su tre linee d'azione: 1) Promuovere la creazione artistica. L'obiettivo è di sostenere compagnie di danza, stimolando la loro attività e offrendo l'ambiente di lavoro appropriato. A tal fine propongo residenze di creazione, selezionate da una giuria, che comportano la concessione di spazi di lavoro, un contributo finanziario, l'esposizione del lavoro a teatro e delle sessioni di "mentoring" nella drammaturgia e distribuzione. Offriamo anche residenze di ricerca, in cui gli artisti sono invitati a colloqui di professionalizzazione e workshop professionali con gli artisti invitati della stagione. 2) La mediazione. Consapevole che il cambiamento verso uno spazio di danza stabile con le proposte contemporanee richiede lo sviluppo di un pubblico specifico, ho elaborato con il mio team un programma di attività parallele alla programmazione artistica. Quest'anno contiamo su novantadue attività che si diramano in differenti prospettive per diversi pubblici, al fine che tutti e tutte si sentano partecipi. Alcuni esempi sono i laboratori di movimento per bambini, workshop riguardanti la programmazione della stagione, seminari intergenerazionali di coinvolgimento per adolescenti o anziani, attività di mediazione per le compagnie residenti o sessioni di teatro. 3) Il pensiero. Creare uno spazio stabile dedicato alla danza di riflessione e teoria che riunisca il mondo accademico, quello professionale e il pubblico in generale; tramite conferenze di specialisti sui temi che attraversano la programmazione o gli artisti che presentiamo. Promuoviamo anche progetti come "Tesi di Danza" concepito in modo che i ricercatori del settore possano divulgare il proprio lavoro o collaborare con il "Master di Performing Arts".

Dirigersi direttamente al fruitore e sostenere il lavoro degli artisti serve a creare un pubblico del futuro. Quali sono i modelli che ti hanno ispirato?
In generale si svolge questo programma in molti Paesi europei. Potrei citare il caso della Francia che si distingue per il forte appoggio delle infrastrutture nei confronti di autori e nelle attività di sviluppo rivolte al pubblico. E ancora, dato che il governo stabilisce che i teatri pubblici sono tenuti a lavorare con i dipartimenti di mediazione culturale. Esempi simili sono quelli del Belgio o della Germania in cui il supporto agli artisti è essenziale.

In passato hai offerto un contributo importante a progetti internazionali come Iberescena, EDN European Dance House Network. Ce ne sono altri? Per te cosa significa stringere relazioni culturali con altri Paesi?
Tutto! Lo sviluppo di scambi culturali è fondamentale tanto dal punto di vista artistico o umano quanto da quello della gestione. Serve a imparare, in tutti i sensi gli uni dagli altri, a sviluppare progetti di gruppo. Questi aspetti sono sicuramente più avvincenti del lavorare da soli. Per crescere è importante considerare le molteplici realtà. Iberescena, mi ha aperto le porte alla realtà ibero-americana, si è lavorato per creare reti, sviluppare nuovi progetti con grande entusiasmo e molto altro. EDN mi ha permesso di conoscere la realtà europea, ho visitato molte strutture con condizioni diverse e ho potuto imparare da tutte. Inoltre le reti europee e il lavoro di sovvenzioni di Europa Creativa mi hanno permesso di lavorare in squadra con progetti a lungo termine; elemento fondamentale per vedere i risultati.

Che cosa significa dedicare uno spazio stabile alla danza? Qual è l'importanza di creare una Casa della Danza?
La danza è uno dei linguaggi più universali ed è, come ogni disciplina artistica, ciò che ci rende diversi dagli esseri umani; cioè ci permette di mettere in discussione noi stessi e il nostro mondo. Ci consente di parlare con il corpo, comunicare con esso. Abbiamo bisogno di trovare uno spazio di comunicazione e avere un posto dove tutto ciò può accadere. Questo significa dare agli artisti, coreografi, ballerini, teorici, educatori e al pubblico uno spazio dove sentirsi a casa. Dove gli artisti possono creare i loro progetti, essere accompagnati durante il processo di creazione, condividere il proprio lavoro, continuare la formazione professionale, poter contribuire alla danza e alle arti del movimento per connettersi con il pubblico. Dove gli anziani, gli adolescenti, i bambini o gli adulti possono accedervi, dove i teorici e gli specialisti possono condividere le loro conoscenze e quindi aiutare gli artisti e gli spettatori a conoscere sempre meglio questa disciplina e infine dove sviluppare nuove evoluzioni artistiche.

Madrid in ambito europeo si sta definendo come una città che consente lo sviluppo di progetti culturali in spazi pubblici. Quanto è importante la definizione di un programma di sensibilizzazione culturale?
Se non c'è un programma di sensibilizzazione non ci sarà sviluppo e creazione di pubblico per la danza, senza pubblico non ci sarà alcuna rappresentazione.

Nel Teatro Canal sono programmati artisti spagnoli che hanno trovato una forte considerazione e sostegno all'estero. Mi riferisco a Israel Galván, Rocío Molina, Angélica Lidell per esempio. Come si valorizza il talento e come dovremmo promuoverlo?
Questi nomi, così come altri presenti nel nostro programma, hanno sviluppato una carriera internazionale. Per esempio Angelica Lidel, è considerata una delle migliori registe di teatro in tutto il mondo, Rocio Molina e Israel Galván sono artisti associati in due dei teatri più importanti di Parigi, la loro reputazione è approvata. Tuttavia in Spagna non hanno la presenza che hanno all'estero o il supporto che viene dato loro in altri Paesi; questo è legato alle linee di gestione dei teatri. La figura dell'artista associato non esiste nei teatri spagnoli, non ci sono sostegni a lungo termine e questo è qualcosa che vogliamo cambiare al Teatro Canal. A dire il vero non ci sono molti teatri la cui programmazione è focalizzata sul prodotto contemporaneo e quindi questi artisti non sono stati in grado di sviluppare la loro carriera in Spagna.

Che cosa presumi per il futuro degli artisti spagnoli?
C'è un buon futuro per loro, ci sono molti artisti interessanti nel nostro territorio e nuove generazioni che stanno lavorando in modo ammirabile. È necessario dargli le giuste condizioni in modo che possano operare e rendersi visibili. Credo che se sosteniamo, così come stiamo facendo con la "Comunidad de Madrid", l'avanzamento e la crescita dei nostri artisti, possiamo ottenere grandi risultati. Per questo ci vuole tempo e attenzione.

Conosci la situazione culturale italiana? Con quali città sei in contatto?
Sono in contatto con diverse città, tuttavia posso parlare maggiormente delle strutture: a Bassano del Grappa il Centro per la scena contemporanea, Roma Europa, Bolzano Dance Festival, Torino o l'organizzazione NID tra gli altri.

Sei stata nella commissione artistica di NID Platform, come definisci il settore della danza in Italia?
Con l'Italia condividiamo alcune delle fragilità del settore della danza contemporanea, ma con grandi differenze; ad esempio l'Italia ha visto la costituzione di gruppi di danza neo-classica associati ai teatri di ogni città, cosa che non è accaduta in Spagna. La fragilità del sostegno e la mancanza di potenziamento fanno della danza contemporanea un settore in fase di sviluppo. A questo si aggiunge la questione del pubblico che deve essere coinvolto. Penso che l'iniziativa NID stia generando un'attività molto importante per questo settore. La piattaforma riesce a concentrare un numero molto elevato di programmatori provenienti da differenti nazioni. Essendo un progetto che coinvolge le diverse regioni d'Italia, consente anche alle strutture locali e al pubblico di partecipare. Il progetto è molto chiaro, la piattaforma NID deve servire come strumento di sviluppo per questo settore.

Quando nel 2016 ti hanno nominato co-direttrice del Teatro Canal con Àlex Rigola, le donne che occupavano le commissioni per la gestione delle arti dello spettacolo erano solo il 34%. Ora, come affronti l'impegno del Teatro Canal? Da donna come sostieni l'operato di ogni giorno? Siamo nel pieno del movimento #Metoo, hai trovato difficoltà quando Rigola si è dimesso?
Ho trovato difficoltà sia prima sia dopo le dimissioni del co-direttore. Il fatto di essere prima co-direttrice poi direttrice in un ambiente in cui le donne sono davvero poche comporta molti ostacoli, tutto sembra fragile. Dico che non sapevo di essere una donna finché non sono arrivata alla direzione e da quando occupo questo posto fino a oggi, ogni giorno, trovo persone che me lo ricordano. Così come in altri settori della società, tutto sta cambiando. Adesso, più di prima, sono prese in considerazione o perlomeno affrontate tutte le disuguaglianze che metà della popolazione ha ricevuto. I teatri sono il riflesso della società e le direzioni fino ad ora sono state tradizionalmente tutte al maschile. Il cambiamento che stiamo vivendo è un grande progresso, ma abbiamo ancora una lunga strada da percorrere perché si tratta di un nuovo paradigma. Riguardo al mio modo di affrontare la situazione, in primo luogo ho avuto il sostegno incondizionato del Ministro della Cultura della Comunità di Madrid, Jaime de los Santos, che ha sempre creduto nella cultura, nel progetto e nella mia professionalità. Inoltre mi affido alle letture, condividendo con altre compagne e soprattutto prendendo coscienza che è un problema globale e che devo prestare attenzione per mantenere la mia logica femminile. Nel mio ufficio ho una fotografia di un'artista plastica che si chiama Pilar Albarracin che raffigura una donna vestita da torero con una pentola in mano, quell'immagine mi aiuta molto a sapere il luogo in cui ho bisogno di essere.

Michele Olivieri

(traduzione dallo spagnolo di Giuseppe Dagostino)

Ultima modifica il Giovedì, 29 Novembre 2018 10:17

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