giovedì, 28 marzo, 2024
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INTERVISTA a ANNA TIFU, talento della classica - di Niccolò Lucarelli

Anna Tifu. Foto Enrico Casareto Anna Tifu. Foto Enrico Casareto

La giovane violinista italo-rumena, è uno dei talenti più interessanti della musica classica contemporanea. Formatasi in Romania e in Italia, porta dentro di sé la cultura di entrambe le scuole, un mélange che le ha permesso di sviluppare al meglio la sua carriera. In questa intervista ci parla delle soddisfazioni raccolte, delle sfide vinte, e della differenza di visione della musica classica fra l'Italia e il resto del mondo.

In Romania, come in tutta l'Europa Orientale, la musica classica gode di una maggior diffusione popolare di quanto non accada in quella Occidentale. Avere radici familiari anche in Europa Orientale, è stato quindi per lei un vantaggio, un ampliamento del punto di vista?

Assolutamente sì, devo dire che porto dentro di me questa disposizione per la musica che in Europa Orientale è molto diffusa, e che fa parte del bagaglio culturale di ognuno, indipendentemente dal fatto che poi si diventi o meno musicisti professionisti. Mi ha molto aiutata il fatto che mio padre, che è stato primo violino della Filarmonica di Bucarest, come primo maestro mi ha avviata al violino quando avevo appena sei anni; poi, ho studiato per dieci anni in Italia sotto la guida di Salvatore Accardo, e altri tre anni al Curtis Institute di Philadelphia con Shmuel Ashkenazy, Aaron Rosand e Pamela Frank, e anche per questa ragione, quella americana è stata una splendida esperienza professionale. Ma le radici della cosiddetta "scuola orientale" mi sono ovviamente rimaste dentro, e mi sono state utili nel proseguimento degli studi, in particolare per la mentalità disciplinata che caratterizza l'educazione musicale nell'Est.

Ad oggi, come giudica la situazione del mondo della musica classica in Italia? Ci sono sufficienti dinamismo e apertura, da parte delle istituzioni pubbliche, soprattutto verso i giovani come lei? E l'interesse del pubblico?

Purtroppo, si deve ammettere con amarezza che il pubblico dei concerti è composto da giovani soltanto in minima parte. Questo perché la scuola non fornisce gli strumenti e le conoscenze per apprezzare la musica classica, o almeno provare la curiosità di avvicinarla. E questo, ha per conseguenza la diffusa mancanza di cultura musicale classica in Italia. Per questa ragione, la mia soddisfazione più grande l'ho provata quando alcune madri mi hanno detto, dopo i miei concerti, che i loro figli hanno cominciato a suonare il violino dopo aver visto i miei video su Youtube. Se non altro, sono riuscita a diffondere almeno un po' l'amore per la musica classica, ma questo ruolo dovrebbe averlo, in primis, la scuola. E anche per coloro che in un modo o in un altro si avvicinano al violino o ad altri strumenti classici, le difficoltà purtroppo non mancano; le opportunità offerte dalle orchestre, dalle rassegne di musica da camera e quant'altro, non sono mai abbastanza, e molti giovani, ancora una volta, sono costretti a lasciare l'Italia, dove è difficile anche trovare sostegno economico. Ad esempio, io ho la fortuna di suonare uno Stradivari del Settecento, concessomi dalla Fondazione Pro Canale di Milano; uno strumento stupendo, che ha un costo assicurativo annuo assai alto, per il quale ho difficoltà nel trovare una sponsorizzazione. Purtroppo, la musica non viene ancora considerata una forma di cultura a tutti gli effetti, e c'è poco interesse a investirvi.

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Poiché lei ha anche un'esperienza internazionale, come giudica invece la situazione all'estero?

Decisamente, è completamente diversa. Intanto, i concerti cui ho assistito, o nei quali ho suonato, hanno sempre vista una grande partecipazione di pubblico giovane, il che significa, credo, come l'educazione alla musica questi giovani la ricevano sin dai primi anni scolastici. Poi, bisogna dire come la stampa sostenga molto gli eventi legati al mondo della musica classica, in particolare in Francia e Romania; ad esempio, durante il Festival Enescu a Bucarest, sale con capienza di 5.000 persone sono sempre piene, mentre questo in Italia purtroppo non accade; mi è accaduto di assistere a un concerto a Milano di Leonidas Kavakos, con la sala mezza vuota. Un vero peccato, considerando il calibro del musicista. Al di là della diffusione della cultura musicale, all'estero sono molto più diffuse che in Italia le orchestre giovanili, ci sono molti più bandi di sostegno economico, e una maggiore sensibilità verso la musica, appunto. Lo scorso anno c'è stato il suo debutto discografico Tzigane, in duetto con il pianista Giuseppe Andaloro.

Considerando il titolo, è stato un omaggio alle sue radici est-europee?

Certo, anche perché il disco è stato sponsorizzato dalla Samsung Romania, che mi ha dato questa grande opportunità. Sono contenta di averla potuta concretizzare con Andaloro, che considero uno dei migliori pianisti in circolazione. Al di là di questo, devo dire che i vari brani inclusi rappresentano molto il mio repertorio e la mia personalità; li ho scelti personalmente proprio per costruire una sorta di autobiografia musicale. Ho incluso, ad esempio, Impressioni d'infanzia di George Enescu; un modo per omaggiare le mie radici.

Considerando il buon successo ottenuto da Tzigane, ha in programma di incidere un nuovo album?

Mi piacerebbe molto, e ho già in mente il repertorio: il Concerto numero I di Šostakovič e il numero II di Prokof'ev. Mi piacerebbe molto inciderli con l'orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia di Roma, con la quale ho già avuto il piacere di collaborare in passato.

Purtroppo, anche il mondo dell'arte non è mai stato particolarmente democratico e rispettoso verso le donne. Nella sua carriera, ha incontrato difficoltà per il fatto di essere donna, o ha vissuto situazioni che, se fosse stata un uomo, avrebbero potuto avere esiti differenti?

Purtroppo è vero. Per una donna è più difficile, il sessismo è molto diffuso, e ciò implica pressioni, approcci non graditi, ricatti. È una questione di cultura maschilista che purtroppo, nonostante i tanti proclami, ancora non si è riusciti a superare. Anche a me sono capitate situazioni del genere, ma non ho mai voluto cedere, preferendo continuare il mio percorso affidandomi soltanto alle mie forze, senza prendere "scorciatoie" di dubbio giusto che nuocciono alla dignità personale.

Essere giovani, in questo periodo storico, non è facile, nemmeno se si ha talento, in particolare in Italia. Cosa si sente di dire, ai suoi coetanei che stanno tentando di portare avanti una loro aspirazione?

La strada, come dicevo prima, è molto difficile da percorrere, a volte vorresti mollare tutto, però la razionalità deve prevalere: non bisogna mai arrendersi, ma al contrario perseverare con tenacia nello studio, e credere in se stessi. È poi molto utile tenere d'occhio i concorsi internazionali, che sono opportunità, stimoli, occasioni di confronto con colleghi di altri Paesi. I momenti duri ci sono, come sempre nella vita, ma questo mestiere riserva molte soddisfazioni, e prima o poi l'impegno viene premiato.

Quali sono gli appuntamenti più importanti che la vedranno protagonista nel prossimo futuro?

In luglio sarò al Veneto Festival con i Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone, poi avrò un concerto a Roma con il pianista Julien Quentin, presso l'Istituzione Universitaria Concerti. Il 14 settembre, invece, inaugurerò a Parigi la stagione di Radio France, presso la Maison de la Radio, diretta da Mikko Franck, sarà il mio debutto nella capitale francese. Poi sarò poi impegnata in Germania, dove suonerò il Concerto di Čajkovskij con l'orchestra Filarmonica di Konstanz; la serata sarà replicata anche a Milano, il 3 ottobre alla Sala Verdi, in occasione dell'apertura della stagione della Fondazione Società dei Concerti, con la quale ho già collaborato varie volte in passato.

Niccolò Lucarelli

Ultima modifica il Mercoledì, 23 Maggio 2018 08:51

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