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"L'ornitologo". Intervista a João Pedro Rodrigues. -a cura di Domenico Colosi

João Pedro Rodrigues, regista dell'Ornitologo João Pedro Rodrigues, regista dell'Ornitologo

Sant'Antonio bondage, nel segno di Pasolini. Una lunga metamorfosi, poi il distacco dai beni terreni per una nuova rinascita: L'ornitologo del regista portoghese João Pedro Rodrigues attraversa i generi e le citazioni per magnificare un rito di passaggio, la morte dell'ego come primo passo di un metaforico viaggio spirituale. Presentato a Palermo nelle giornate del Sicilia Queer Film Fest dopo il prestigioso Pardo d'Argento ricevuto a Locarno, il lavoro di Rodrigues ritrae lo smarrimento dello studioso Fernando (Paul Hamy) dopo un incidente in canoa nei boschi della parte settentrionale del Portogallo. Tra le varie vicissitudini cui è sottoposto il protagonista anche un rapimento ad opera di due pellegrine giapponesi dirette a Santiago de Compostela, sinistri riti notturni dal fascino goyesco, lo scontro con alcune pericolose amazzoni e una breve e concitata liaison con un pastore sordomuto. Un lungo percorso che richiama diverse leggende nate intorno al santo morto a Padova, fino alla trasformazione finale che ridefinisce intuizioni, citazioni e rimandi.

Lornitologo 2

L'ornitologo è un racconto in prima persona sul rapporto tra l'uomo e il trascendente.
Credo nella produzione di film molto personali, unica via per generare vera arte. L'ornitologo è un lavoro solo in minima parte autobiografico: nell'ultima scena appaio in un cameo come atto conclusivo della lunga trasformazione metafisica di Fernando; da ragazzo, inoltre, ho studiato anch'io biologia come il protagonista. In questo film ho fatto confluire il mio interesse sulle mitologie popolari del Portogallo con un'estetica tra il western e la narrazione di viaggio. In questa direzione mi sono preso molte libertà autoriali: non credo si possa parlare nel mio caso di realismo cinematografico.

Centrale la figura di Sant'Antonio, tema già affrontato in uno dei suoi precedenti cortometraggi.
Anni fa realizzai un breve lavoro sugli effetti della festa dedicata al Santo sulla popolazione portoghese. Durante il triste periodo della dittatura salazariana la religione era uno dei pilastri del regime, così Sant'Antonio divenne nel tempo il simbolo stesso della famiglia e del matrimonio. Il 13 giugno, giorno dell'anniversario della morte del Santo, si celebra per le vie di Lisbona una festa religiosa che sfocia spesso in una ritualità dai tratti pagani: dopo i festeggiamenti in migliaia tornano infatti a casa ubriachi a conclusione di lunghi vagabondaggi per la capitale. Il mio cortometraggio Manhã de Santo António ritraeva in forma quasi documentaristica gli esiti di questa esaltazione: uno spaccato popolare che molto suggerisce sull'identità portoghese.

La religione è solo una delle chiavi di lettura della sua opera.
Il mio personaggio lascia tutto per essere più vicino allo stato di natura, un tratto comune con i primi francescani, forse i primi ecologisti della storia occidentale. Il film è il racconto di un'illuminazione, una trasformazione metafisica che esula dal discorso religioso o propriamente cattolico. Mi interessa lavorare soprattutto sulle tradizioni popolari del Portogallo e dell'Italia, mi interrogo spesso sul significato moderno di culti così antichi. I film non devono essere costruiti su citazioni: le immagini sono già dentro di me, pronte a manifestarsi sul set al momento opportuno. Molti hanno intravisto un omaggio al San Sebastiano di Antonello di Messina nella scena del rapimento delle due giapponesi: un'intuizione nata soltanto durante le riprese; i miei progetti, nel caso specifico, riguardavano in un primo momento una rappresentazione plastica dello shibari, il bondage nipponico.

Sottotraccia si muovono comunque numerosi rimandi ad un certo tipo di estetica queer.
In quest'ottica mi ispiro più a Pasolini che a Derek Jarman. La scena conclusiva dell'Ornitologo, ad esempio, è un chiaro omaggio a Uccellacci e uccellini. Il mio film è la storia di una coppia che si forma una volta oltrepassata la morte: lo stesso protagonista muore e rinasce diverse volte, il suo percorso rientra in un perimetro immaginario di carattere metafisico. Considero il cinema un mezzo di sopravvivenza: mimetico alla realtà e, al contempo, completamente irreale.

Quali sono le prospettive attuali del cinema portoghese?
Abbiamo tutti la libertà di fare arte senza compromessi. Recentemente stiamo attraversando un momento di impasse perché potrebbero essere a rischio i fondi ad hoc del Ministero della Cultura. Un finanziamento statale può spesso divenire la garanzia necessaria per blindare quel pluralismo espressivo che il mercato preferisce non accogliere: da anni siamo protagonisti in tutti i maggiori festival internazionali, spero che questo stato di grazia possa essere supportato con le medesime modalità ancora per lungo tempo.

Ultima modifica il Domenica, 18 Giugno 2017 04:51

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