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VOMMARO A DUELLO (LO) - regia Roberto De Simone

Lo Vommaro a duello Lo Vommaro a duello regia Roberto De Simone

di Roberto De Simone
regia: Roberto De Simone
scene: Nicola Rubertelli, costumi: Zaira De Vincentis
con Angela Pagano, Franco Javarone, Antonella Morea, Enrico Vicinanza, Ciro Damiano, Biagio Arenante, Paolo Romano, Renata Fusco, Fiorenza Calogero
e con Monica Bacelli, Filippo Morace, Clemente Paliotti, Alessandro Spina, Francesco Marsiglia, Francesca Russo Ermolli, Filomena Diodati
Napoli Teatro Festival Italia - prima assoluta
Napoli, Teatro Mercadante, 27 e 28 giugno 2008

Avvenire, 29 giugno  2008
Il Mattino, 29 giugno 2008
De Simone esalta il festival di Napoli

Il bilancio

Successo per la prima edizione della kermesse teatrale: 38 debutti fra tradizione e avanguardia. La kermesse è finita. Oggi il Napoli Teatro Festival si congeda definitivamente. Soddisfatti gli organizzatori e l'onnipresente direttore artistico Renato Quaglia. Ventiquattro giornate vissute con entusiasmo: 38 debutti, 17 nuove produ- zioni e 45mila spettatori. Con continui mix di generi e linguaggi, come si è visto in molte produzioni straniere e nella sezione teatro-danza. Folgorante l'ultima proposta affidata a quell'artista radicale che è il belga Jan Fabre. Dieci minuti di applausi per il suo.

Another sleepy con la straordinaria Ivana Iozic. Una catena infinita di spettacoli (qualcosa anche di mediocre o di inutile magari, ma più di una perla) da seguire o inseguire nel dedalo di una città che ha aperto agli spettatori spazi imprevedibili. Nascosti nel suo cuore antico o lassù alla Certosa di San Martino; nel lontano e surreale Albergo dei poveri e persino al bordo del mare dove, alla Darsena Acton, si è potuto ammirare uno degli spettacoli più suggestivi e ispirati, Proprio come se non fosse successo nulla di Roberto Andò e Gianni Carluccio.

Un'evocazione e un lamento per una Napoli d'antan, con 85 fra attori e figuranti coinvolti in un'operazione che faceva pensare a una Spoon River di casa nostra e al tempo stesso al poetico L'albero degli zoccoli (qui con gente che emigra). Corifea della grandiosa avventura, una stupenda Anna Bonaiuto con in bocca le nostalgiche e splendide parola di Anna Maria Ortese. Suggestiva la discesa alla Darsena, come sorprendente, al chiuso dello storico Teatro Mercadante, Lo Vommero a duello di quel geniale artista e 'genius loci' che è Roberto De Simone. Uno spettacolo nato, meditato e costruito per rendere un omaggio a 360 gradi alla cultura napoletana del Settecento. De Simone parte dall'assunto che l'aspetto più importante della produzione artistica di quel secolo, che vide Napoli capitale europea, sia stato l'aspetto linguistico. Vero cardine sia del teatro di parola sia di quello musicale. Per dimostrarlo cos'ha fatto l'anziano maestro? Ha mosso il suo spettacolo su due binari paralleli o, meglio, ha fuso insieme una commedia ricca di umorismo locale e un'operina buffa.

La scelta è caduta sullo sconosciuto

Lo Vommero del dimenticatissimo Pasquale Starace e sul brillantissimo, tutta grazia musicale, ancorché caduto anch'esso nel silenzio,

Il duello comico del più famoso Paisiello. Due lavori a cui De Simone, con bella intelligenza creativa, fa compiere nozze felici attraverso uno spettacolo ferocemente vitale, fastosamente consegnato ai capricci di un tardo barocco, persino crudele per eccesso di immaginazione. Che si riscontra anche nei costumi, veri capolavoro di fantasia di Zaira De Vincentiis. Fastosissimi, ridondanti nei colori quelli degli attori; di un pomposo che volge al caricaturale quelli argentei dei cantanti, che richiamano il mondo delle maschere della Commedia dell'Arte. Ottime poi le due compagnie, in un continuo match di bravura.

Uno spettacolo, Lo Vommero a duello, che soprattutto nelle sue pagine corali e nella seconda parte più vivace sembra scivolar via su lamine d'oro. Come su lamine dorate sono scivolati via altri spettacoli nelle 24 giornate di questo neonato e riuscito Festival, che l'anno venturo replicherà. E già il direttore artistico ha messo in bacheca alcuni titoli, fra i quali quelli di Skarmeta e Muller e l'Agamennone di Pasolini in duplice produzione, italiana e spagnola.

Domenico Rigotti

De Simone e il gioco del doppio

Napoli.

Molti, a proposito de «Lo Vommaro a duello», ultima fatica di Roberto De Simone in scena al Mercadante nell'ambito del Napoli Teatro Festival Italia, non potranno fare a meno di notare la presenza di autocitazioni più o meno velate in un percorso narrativo lungo quasi tre ore e mezza. La verità è che l'opera è la summa di una ricerca che dura da più di 40 anni, non fosse altro per il fatto di riuscire a sintetizzare entro un prodotto unico musica e teatro. L'idea stessa di accostare e, anzi, fondere la commedia «Lo Vommaro» (1742) di Pasquale Starace con la farsa in musica «Il duello comico» di Giovanni Paisiello sortisce vari effetti: innanzitutto, fa luce su due aspetti diversi e complementari del Settecento napoletano, svelando da un lato l'ironia spesso tutt'altro che leggera ma pungente del racconto in prosa, dall'altro la ricchezza dell'ordito musicale paisielliano. In secondo luogo, lascia a De Simone la chance di innescare un esercizio di stile stimolante, in cui le scene recitate de «Lo Vommaro» vanno a sostituirsi ai recitativi de «Il duello comico», mentre i concertati così tipici dell'opera buffa lasciano posto ai grandi assieme della commedia, scanditi dalla musica scritta ex novo da De Simone. In questo intreccio di parola, gesto, ritmo e melodia si ritrovano, dunque, i segni di uno stile personale, riconoscibile e comunque sorprendente. Il topos intorno al quale si snoda l'intero lavoro di ricerca di De Simone è il linguaggio, che pur nella comune matrice napoletana ritrova sbocchi diversi e articolati, quasi a comporre lo spaccato di un'epoca in cui il colto e il volgare si sfiorano, si toccano, si fondono senza confondersi. Se da un lato, dunque, diventa interessante rilevare la straordinaria arguzia di una commedia come «Lo Vommaro», dall'altro appare stimolante porne in parallelo la vitalità ritmica con quella di certi pezzi chiusi di Paisiello, perché è proprio nel ritmo - non necessariamente musicale - che i due tasselli del dittico trovano un altro trait d'union originale. Tanta volontà di confronto e sintesi rimarrebbe però teoria se non si concretasse in numeri musicali che mettono in evidenza le diverse componenti con naturalezza: pensiamo solo ai concertati, di cui sopra, che prendono a prestito talora motivi popolari tradizionali («Bella figliola» o la struggente «Nonna») e li rielaborano in forma di standard, giungendo a soluzioni polifoniche assai rifinite, colte e popolari a un tempo, come in quel «Requiem» per Pasolini scritto da De Simone quasi un quarto di secolo fa. In questo gioco appassionante del doppio, doppia è anche l'orchestrazione cui ricorre l'autore, scegliendo all'organico barocco nell'opera di Paisiello, altrove utilizzando plettri, fisarmonica, clarinetto e percussioni in modo da modellare un tessuto sonoro straniante e per certi aspetti stravinskiano. Così prende forma quella «operazione contemporanea sui linguaggi teatrali del Settecento» cara a De Simone. Ci vorrebbe tanto spazio ancora per citare il gruppo folto di attori, cantanti e musicisti che danno corpo a «Lo Vommaro a duello», reso elegante dalle scene delicate e funzionali di Nicola Rubertelli, e dai costumi bellissimi di Zaira de Vincentiis. Renato Piemontese dirige la Nuova Orchestra Scarlatti delineando un racconto godibile e ben articolato nelle diverse atmosfere. Nella compagnia teatrale, tutta da applausi, ritroviamo un'intensa Angela Pagano, ma anche Franco Javarone, Antonella Morea, Enrico Vicinanza, Ciro Damiano, Biagio Arenante, Paolo Romano, Renata Fusco, Fiorenza Calogero. Pertinente e gradevole il cast di canto, capeggiato da Monica Bacelli ed arricchito da Filippo Morace, Clemente Paliotti, Alessandro Spina, Francesco Marsiglia, Francesca Russo Ermolli, Filomena Diodati. Regia, oltre che ideazione, di Roberto De Simone, con la collaborazione preziosa di Mariano Bauduin. Alla prima applausi calorosi per tutti e un'ovazione per il maestro, felice a proscenio.

Stefano Valanzuolo

Ultima modifica il Domenica, 11 Agosto 2013 15:12

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