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STILL LIFE (2013) - regia Stefano Ricci


"Still life (2013)", regia Stefano Ricci. Foto Andrea Macchia "Still life (2013)", regia Stefano Ricci. Foto Andrea Macchia

di ricci/forte
con Anna Gualdo, Giuseppe Sartori, Fabio Gomiero, Liliana Laera, Francesco Scolletta, Simon Waldvogel
drammaturgia ricci/forte
movimenti Marco Angelilli

direzione tecnica Danilo Quattrociocchi

assistente alla regia Ramona Genna

regia Stefano Ricci

una produzione Ricci/Forte realizzata con il sostegno del Teatro di Roma

Palermo, Teatro Biondo dal 20 al 29 novembre 2015

www.Sipario.it, 29 novembre 2015

In occasione di Still life (2013) che vuol dire Natura morta o Vita immobile spettacolo ideato dagli enfants terribles ricci/forte al secolo Stefano Ricci e Gianni Forte, il fondo del palcoscenico del Biondo di Palermo sembra un piccolo cimitero disseminato di lumini rossi, in netto contrasto con il quintetto di giovani attori (Fabio Gomiero, Anna Gualdo, Liliana Laera, Giuseppe Sartori, Francesco Scolletta) che con dei led illuminati in mano vi giunge dalla sala danzando al suono di musiche molto ritmate. Uno schiamazzo di pochi minuti perché poi i loro visi si fanno seri e sullo schermo scorrono i nomi e le età di tanti ragazzi che si sono suicidati per i motivi che conducono a quell'adolescente omosessuale di Roma che due anni fa s'è tolto la vita con la sua sciarpa rosa, vessato e avvilito da un piccolo branco di teppistelli che l'hanno fatto sentire un extraterrestre, un diverso, un estraneo, non degno d'appartenere alla comunità civile e sociale, con tante scuse dell'ex presidente Napolitano che risuonano come quel lavamani di Ponzio Pilato davanti al Cristo. E mentre quattro di loro stanno attorno ad un tavolo e leggere lettere di alcune madri di figli morti suicidi, la quinta protagonista imprime su una lavagna a fogli sostituibili ascisse, ordinate, circonferenze e numeri demoscopici del fenomeno bullismo. Eccoli poi soffocarsi il viso con dei cuscini e tenerli fermi con dello scotch adesivo, facendoli poi esplodere come neve al sole, svolazzando in aria per tutto il teatro milioni di piccole piume d'oca che vanno a depositarsi sugli abiti degli spettatori, con le facce pop degli attori che si riveleranno essere quelle dei nipotini di Paperino Qui Quo Qua. E' tosto questo spettacolo della ditta ricci/forte, provocatorio, dirompente come una bomba che implode con leggerezza nella testa degli spettatori che non fiatano e non si distraggono, condividendo il pensiero dei due corrosivi autori incentrato su un perentorio j'accuse contro ogni forma di violenza e di discriminazione sessuale, prendendosela chiaramente col nostro Paese che non sa difendere i propri figli e forse per questo transfughi a Parigi. Di grande effetto visivo il nudo di Francesco Scolletta che ascolta musiche tecno in cuffia per non sentire le pedate inferte da grossi scarponi, colandogli per giunta dalla bocca rivoli di vernice color sangue come in una vera e propria tortura corporale. Poi agghindati con grembiuli da anatomopatologi eccoli gestire o cucinare interiora umane come macellai o chef sopraffini, per devolvere subito dopo un'infinità di baci in platea perché possano giungere con lo stesso significato della scritta alle loro spalle che dice: "vorrei fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi". I messaggi contro la violenza e l'omologazione, stessi vestiti-stessi libri-stessi smartphone, vengono recitati a turno dalla Gualdo e dalla Laera come dei comandamenti con toni da rosario, esplodendo il quintetto infine in una sorta di danza liberatoria correndo e abbracciandosi l'uno con l'altro al ritmo di rock, gettandosi addosso parecchi innaffiatoi pieni d'acqua, scivolando per terra fra quelle piume bianche come se avessero fatto gol o mete impossibili. Ancora parole scorrono sullo schermo, insistendo su quelle che dicono rosa, sangue, nero, morte, amore...o piccole frasi come "il suicidio è una sconfitta per tutti" oppure "ognuno di noi ha una tomba da lucidare". E lo spettacolo ha termine tra oceani di applausi e con numerosi spettatori giovani e meno giovani, un po' invitati un po' spontaneamente, certamente indignati, che saliranno sul palco a scrivere su un foglio nuovo della lavagna un nome, forse il proprio o di chi ha subito violenza, ucciso forse da uno dei tanti uomini " tutti uguali come le uova" -avrebbe detto Leopardi- da non distinguere questo da quello".

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Lunedì, 30 Novembre 2015 00:40

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