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RACCONTI DI GIUGNO (2013) - regia Pippo Delbono

Racconti di giugno Racconti di giugno Regia Pippo Delbono

di e con Pippo Delbono
Compagnia Pippo Delbono
suono Pepe Robledo
Piccolo Teatro Studio Melato

www.Sipario.it, 24 ottobre 2013

Il Piccolo Teatro Strehler ha avuto il privilegio di accogliere lo spettacolo Racconti di Giugno, il cui scrittore, regista, danzatore e attore Pippo Delbono, viene acclamato oggi come uno degli artisti italiani più visionari e anticonvenzionali della scena teatrale mondiale.

Delbono, assieme al pubblico, affronta il tema sdrucciolevole e delicato dell'Amore; in un compendio narrativo di frammenti autobiografici si confessa, evocando gli anni della sua adolescenza da chierichetto solitario alle prese con l'educazione di una madre cattolica, la scoperta dell'omosessualità e i suoi coinvolgimenti passionali d'amore e d'amicizia che lo condurranno alla tossicodipendenza e all'incurabile malattia dell'Aids. I viaggi in Argentina e Messico, gli incontri con maestri spirituali, compagni di teatro e insegnanti di psicodramma; le perdite, la follia, il buio.

Appuntamenti con la vita, ai quali Delbono sembra non mancare mai in cui vi è sempre, a suo dire, qualcosa che immancabilmente ritorna, al nascer di Giugno. La salvezza infine busserà alle porte della Danimarca, luogo in cui il regista figurerà il Teatro e la Danza come scelte di vita, canali catadiottrici attraverso cui trasformare le inquietudini e i drammi dell' esistenza in Arte, in cerca di Redenzione, poichè l'anima, una volta salva, dovrà supplire alle ferite del corpo le cui pene, spesso indelebili, pesano più del ricordo e della parola.

Si spiega, dunque, l'intervento di una gestualità sapiente, non solo sulle narrazioni d'infanzia, ma pure su alcune delle prime rappresentazioni teatrali delboniane; dal Tempo degli assassini realizzato in coppia con l'amico Pepe Robledo a metà degli anni '80, in cui viene ricordato l'amante perduto in un incidente d' auto; "ho tradito il mio amico con il teatro. Una scelta per vivere. Per non morire. Per non morire con lui".
Versi di Pasolini vengono trapiantati nell'anima pulsante del pubblico assieme a quelli della drammaturga Sarah Kane per la quale scrive Gente di Plastica, omonima canzone di Frank Zappa.
Seguono poi richiami a Urlo, lo spettacolo che si improvvisa al nascere di interrogativi su cose che non si capiscono, turbamenti del cuore, ombre del passato, il fiuto della malattia e un grido ricolmo di angoscia che chiama alla terra, tramutandosi, disperatamente, in un incedere faticoso a passi di danza. Infine una presa di posizione, nella vita dell'artista ligure, simile a quella del Re shakespeariano Enrico V le cui parole incitano coraggio alla rivolta.
Vi è difatti, alla base del suo lavoro, la ricerca dell'Assoluto, in cui la rivolta è un richiamo forte e chiaro che si abbandona alla fascinazione di un linguaggio libero da ogni vincolo di obbedienza ideologica e sociale.

Le storie di vita che in sintesi beckettiana va' narrando, lasciano spazio a incessanti rimandi alle vite di letterati, poeti, scrittori amati, e le musiche talvolta assordanti e fastidiose che si insinuano prepotenetemente in platea; il suo corpo pure si proietta a noi come forte strumento drammaturgico e ad ogni trasmigrazione scenica, niente di tutto ciò cambia in modalità o espressione, dato che la ripetizione delle cose diventa rivelazione e trasformazione catartica, come una meditazione perenne del quotidiano, per cui il pubblico, fedelmente, dimentica l'ostentazione giacchè l'attore è giunto in profondità di se stesso, instillandovi il fulgido suono e l'ineccepibile significato della verità, che sacralmente si mescola allo straordinario dell'esistenza umana.

Angelica Greppi

Ultima modifica il Giovedì, 24 Ottobre 2013 09:16

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