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RADIO ARGO ON AIR - regia Peppino Mazzotta

Radio Argo on air Radio Argo on air Regia Peppino Mazzotta

di Igor Esposito
Interpretato da Peppino Mazzotta
Scene di Angelo Gallo, Costumi di Rita Zangari
Musiche di Massimo Cordova
Prod. Rossosimona di Rende
Taormina Arte. Villa Comunale 20 agosto 2011

www.Sipario.it, 31 agosto 2011

Ifigenia, che indossa un abito di rossa incerata, si avvia inconsapevole al martirio di Aulide, tramato dal padre Agamennone (empio, fanatico, pragmatico), prima esempio di "nozze di sangue" poi narrate da Garcia Lorca, su cui si adombra la soggezione da un larvato legame psicotico-incestuoso. Come in una sorta di "vita in diretta" affollata, densa di coralità "fuori campo" si trascorre al torbido legame di Clitennestra e Egisto che complottano la morte del monarca assente (per via della guerra di Troia) mirante alla vendetta della vergine immolata.

Di ritorno dalla tregenda omerica, ebbro di un trionfo "maudit" (dagli dei e dagli uomini), Agamennone incita i cittadini di Argo all'orgoglio dello "ius-solis" e dello "ius sanguini", enfatizzando le "ragioni" del despota e il suo diritto di vita e di morte rispetto ai sudditi –a suo giudizio- indegni e maldicenti.

Oreste, infine, aggredito da incipiente (amletica) demenza, comprende che solo il progetto, e l'attuazione, dell'efferatezza sono la "degna" risposta alla mostruosità della "gabbia" familiare: con le debite premonizioni che già annunciano Strindberg, Ibsen, Bergman.

Pur consapevole- e palesemente debitrice, sotto il profilo della "parola pronunciata"- di tutti quei grandi (Ritzos, Pisolini, Yourcenar, Sartre) che hanno elevato l' "Orestiade" a scaturigine d'ogni altra tragedia- tribale o connessa all'esercizio del potere- l'operazione maturata da Igor Esposito e Peppino Mazzotta vive di una propria originalità, leggerezza, forza interiore- in linea con le maggiori proposte del teatro europeo contemporaneo. Parsimonioso, essenziale, mirante alla drammaturgia della sobrietà, del microcosmo onirico.

Qui affidata a una pluralità di voci, dialoganti in un bozzolo di monologo, cui Mazzotta sottrae le arti del virtuosismo, della versatilità ruffiana per dispiegare (nella pluralità dei ruoli, delle tonalità, delle posture) i registri espressivi di una performance che allevia la propria complessità con specifici elementi di grottesco e "sfondamento" (se mai fosse necessario) d'ogni quarta parete: come se tutto giungesse da una favolistica radiocronaca dell'arcano e dell'arcaico.

Voci lontane, sempre presenti, da un universo-archetipo che ci appartiene e condiziona nei millenni.

Angelo Pizzuto

Ultima modifica il Lunedì, 23 Settembre 2013 18:41

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