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PIER PAOLO PASOLINI POETA DELLE CENERI - proposta da Giorgio Barberio Corsetti

"Pier Paolo Pasolini poeta delle ceneri", proposta da Giorgio Barberio Corsetti. Foto Tommaso Le Pera "Pier Paolo Pasolini poeta delle ceneri", proposta da Giorgio Barberio Corsetti. Foto Tommaso Le Pera

proposta da Giorgio Barberio Corsetti
I giovani allievi registi, drammaturghi e attori dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica Silvio D'Amico 
coordinato da Daniela Bortignoni
Pelanda, l'ex Mattatoio di Testaccio, 22 e 23 Aprile 2015

www.Sipario.it, 28 aprile 2015

"Pier Paolo Pasolini poeta delle ceneri", andato in scena nel suggestivo spazio della Pelanda, l'ex Mattatoio di Testaccio, il 22 e 23 Aprile, rappresenta il coronamento di un percorso su un progetto dedicato al Poeta, proposto da Giorgio Barberio Corsetti, che ne ha curato anche la supervisione per l'Accademia d'Arte Drammatica Silvio D'Amico. Il progetto ha coinvolto gli allievi del master di regia e drammaturgia coordinato da Daniela Bortignoni, con gli allievi attori, alcuni già professionisti noti, come Silvia d'Amico. Dopo un laboratorio durato quattro mesi, il percorso si è concluso con uno spettacolo multimediale e itinerante, allestito nell'inquietante quanto affascinante spazio della Pelanda, l'ex Mattatoio del quartiere Testaccio a Roma, che ha permesso a giovani registi, drammaturghi e attori, di confrontarsi con Pasolini e la sua acuta critica sociale, ma anche con la sua poesia, espressa attraverso il cinema, il teatro, i documentari, la saggistica, la pittura.
Coinvolti nel progetto voluto da Corsetti, gli allievi hanno dato libero sfogo alle loro preferenze nella scelta dei testi, coordinati dall'occhio sensibile e attento di Daniela Bortignoni, vice Direttrice dell'Accademia e docente dei master di regia. Impegnativi e non scontati i cinque testi prescelti per la realizzazione dello spettacolo. Il primo, "Bestia da stile", realizzato dall'allievo regista Fabio Condemi, è articolato come una sorta di rievocazione onirica, nella cornice storica dell'avvento di un nazismo che si accingeva a invadere l'Europa dell'Est.
Gabriele Portoghese, nel ruolo del poeta protagonista, e la talentuosa Valeria Almerighi nel ruolo non facile della madre, affiancati da allievi del secondo anno, tutti rigorosamente in parte, hanno mostrato un'empatica partecipazione a un testo forte, impegnativo, condito dagli spiazzanti messaggi poetici tipici dell'autore: "Che buon odore di concime – dice la madre del poeta – per fortuna ci sono parti del mondo dove il concime è concime, la merda è merda, i poveri muoiono di fame coperti di scabbia... Quando ero viva volevo morire. Adesso che sono morta voglio vivere. Volevo morire per il dolore del crepuscolo. Voglio vivere, per difenderne l'ultima luce".
Emoziona la parola di Pasolini, nella sua amara preveggenza, e sorprende come sappia parlare alle nuove generazioni, in questo tempo travagliato, privo di riferimenti.
Al termine del primo quadro, lo spettatore viene accompagnato in un altro ambiente, allestito come una stalla, per assistere a Porcile, nell'adattamento drammaturgico di Elena Grimaldi, per la regia di Lorenzo Collalti, il secondo lavoro in scena. E' uno dei testi più emblematici e inquietanti di Pasolini, che ne realizzò un film nel '69, oggetto di critiche non entusiasmanti per la spiazzante provocazione dell'argomento del primo episodio ambientato in Germania, quello di un giovane che si innamora di una scrofa, e finisce sbranato dai maiali nell'indifferenza generale. Moravia fu tra quelli che ne comprese più di altri il messaggio: "Porcile ha il torto di affrontare un tema tra i più importanti del mondo moderno: l'impossibilità per l'individuo dissenziente o semplicemente diverso, di esprimersi e vivere in una società corrotta, che crea tabù per difendere non la cultura, ma gli interessi. Col risultato alla fine di sopprimere la cultura", scrisse nella rubrica di critica cinematografica che teneva sull'Espresso. Assistiamo a una messa in scena essenziale, basata su un linguaggio simbolico e visionario, che rende efficacemente nel racconto, il dramma, senza indulgere in scene scontate. Dopo Porcile è la volta di Orgia, regia di Mauro Scandale, con l'interpretazione tra gli altri di due allievi già noti al pubblico: Nicolò Scaparro e Silvia d'Amico, reduce da vari premi cinematografici e tra le interpreti del film "Fin qui tutto bene". La scelta qui si è orientata su scene a effetto, propedeutiche alla rappresentazione di una violenza psicologica, sottesa nel rapporto di un'apparentemente tranquilla coppia borghese, che sfocia inevitabilmente nel delitto. A stemperare l'atmosfera un po' cupa, seppur emozionante, dei primi quadri, l'adattamento teatrale del saggio: "Manifesto per un nuovo teatro", reso da Samuel Potettu come una sorta di "esercizi di stile" alla Queneau. Il brano tratto a esempio di come fare teatro tratto da "Pilade" di Pasolini, è stato declinato dai talentuosi quanto divertiti Carlotta Mangione, Paolo Minnielli, Giulia Bartolini, Pavel Zelinskiy, negli stili: teatro della chiacchiera, teatro dell'urlo, teatro della parola, laddove la parola appartiene alla cifra del nostro Poeta.
Per finire, condotti o meglio accompagnati come in un viaggio dantesco, in un ambiente minacciosamente macchiato di rosso, che rievoca non a caso quello per cui lo spazio di archeologia industriale era adibito realmente. Qui assistiamo alla messa in scena di "Carne e cielo", regia di Federico Gagliardi, con Paola Senatore e un affiatato gruppo di allievi del corso di recitazione del secondo anno, che hanno dimostrato coraggio e rigore, in questa performance riecheggiante l'opera rock d'autore, e l'espressività esasperata degli spettacoli del Living Theatre, dove il corpo era arma e denuncia.
Riduttivo definire "saggio" l'operazione tanto complessa quanto riuscita realizzata dagli allievi dell'Accademia, cui auguriamo la possibilità di una circuitazione, in work in progress, che premi realmente i giovani, per l'impegno e il rigore professionale dimostrato, e contemporaneamente esorti le nuove generazioni, ma non solo, a riflettere sulle potenzialità concrete di un teatro vero, fatto di qualità, attualità e soprattutto di partecipazione.
"Se volete essere davvero una nuova generazione di giovani, infinitamente più matura, dovete abituarvi anche a questa atrocità del dubbio, anche alla sua sgradevole sottigliezza. Dovete cominciare a dibattere veramente i problemi! Non formalmente. Invece si applaudono sempre dei luoghi comuni quando bisogna ragionare, non applaudire o disapprovare. Talvolta chi pretende la libertà, poi non sa cosa farsene" (dall'intervista di Paolo Minucci a Pasolini).

Bianca Salvi

Ultima modifica il Giovedì, 30 Aprile 2015 22:05

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