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PROFESSIONE DELLA SIGNORA WARREN (LA) - regia Giancarlo Sepe

Giuliana Lojodice e Giuseppe Pambieri in "La professione della signora Warren", regia Giancarlo Sepe Giuliana Lojodice e Giuseppe Pambieri in "La professione della signora Warren", regia Giancarlo Sepe

di George Bernard Shaw
con Giuliana Lojodice
e con la partecipazione di Giuseppe Pambieri
con Pino Tufillaro,
Fabrizio Nevola, Federica Stefanelli
e Roberto Tesconi
scene Carlo De Marino, luci Gerardo Buzzanca
regia Giancarlo Sepe
produzione Teatro Eliseo
in collaborazione con Francesco Bellomo
Roma, Teatro Eliseo dal 21 ottobre al 9 novembre 2014

www.Sipario.it, 24 ottobre 2014

Il difficile mestiere della vita

La Professione della signora Warren di George Bernard Shaw ha debuttato il 21, all'Eliseo di Roma, per la regia di Giancarlo Sepe.
È fuori d'ogni dubbio, il piacere di vedere in scena una leonessa ad hoc, quale è la signora Lojodice, il cui sangue meridionale ha regalato quel quid inconfondibile al suo talento d'attrice, sviscerato nel corso dei decenni con successi invidiabili.
Nell'affrontare un testo dalle tematiche scandalose, per l'epoca in cui fu scritto, il regista si è affidato con fiducia ad una scena, il cui pilastro monolitico è offerto dal talento della protagonista stessa ma si è un po' distratto, dimenticandosi di esplorarlo più approfonditamente con il proprio specifico linguaggio registico, sfruttando le grandi potenzialità che il testo stesso suggerisce ed evidenzia a chiare lettere.
La verticalità necessaria alla messa in scena di tematiche come la prostituzione, l'indispensabile realizzazione della propria vita, la tutela della propria dignità e femminilità, il bisogno di custodia del rapporto umano per eccellenza, il più importante e genesi di tutti gli altri - quale è quello tra madre e figlia - si è un po' persa dentro una regia orizzontale, piuttosto convenzionale, sia pur di grande mestiere.
Anche l'andamento scenico, che il testo tratteggia e suggerisce con grande verità, senza falsi moralismi e senza retorica – e con altrettanta ironia – poteva conquistare maggior ritmo e appeal, grazie ad un maggior sostegno musicale e/o scenografico, che avrebbero giocato a favore di tutto l'ensemble.
Buona la direzione degli attori e l'amalgama tra i vari protagonisti, specie fra coloro che vantano più mestiere e una complicità scenica storicamente più lunga (Pambieri-Lojodice). Del resto, anche Giuseppe Pambieri non ha mai tradito la sua grande scuola alle spalle, il Piccolo di Milano, e il suo spirito innovativo, affrontando spesso testi di rottura e nuovi accanto al repertorio classico. E ottima la simbiosi conflittuale fra madre e figlia - ognuna l'antitesi dell'altra – tanto sensuale e scivolosa la prima, quanto diretta, spigolosa e leggermente legnosa la seconda.
Rivoluzionaria e molto attuale è, inoltre, la tesi del celebre autore irlandese che non permette di comprare i sentimenti con i soldi, anche se essi hanno posto in debito di riconoscenza e in condizioni di essere quel che è la giovane Vivie, figlia della signora Warren...Non è diversa la sua denuncia di un mondo maschilista e la lotta per la salvaguardia dell'amor proprio neppure nel suo capolavoro, Pygmalion, scritto a distanza di quasi due decenni, del resto.
La responsabilità della propria vita non si può declinare né delegare e nulla al mondo può mai risparmiarci dal farne i conti, sacrificando a questo anche i rapporti primari - con una madre, una figlia, un amore - per non rinunciare al proprio principio di vita, ognuno secondo la propria personale cifra identitaria e caratteriale da perseguire sempre e comunque.

Margherita Lamesta

Ultima modifica il Venerdì, 24 Ottobre 2014 13:20

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