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NIPOTE DI RAMEAU (IL) - regia Silvio Orlando

Il nipote di Rameau Il nipote di Rameau Regia Silvio Orlando

di Denis Diderot
adattamento Edoardo Erba e Silvio Orlando
con Amerigo Fontani, Maria Laura Rondanini
clavicembalista Simone Gullì
scene Giancarlo Basili, costumi Giovanna Buzzi
regia Silvio Orlando
produzione Cardellino srAl
Piccolo Eliseo di Roma dal 22 novembre al 4 dicembre 2011 (in tournée)

www.Sipario.it, 11 gennaio 2012

Segnaliamo (anche noi) questo piccolo gioiello (essenzialmente letterario) di satira ed allegoria morale, esemplare dell' "età dei lumi" e della seconda metà del Settecento, quando irrisione, scetticismo, tolleranza umana si intersecavano (e vicendevolmente si alimentavano) come mai era, ed è, accaduto in altre epoche dell'umano vagare.

Vi si sviluppa la parabola di un musico fallito, cortigiano convinto, amorale per vocazione, aduso al piacere del "cupio dissolvi", dell'auto sputtanarsi, del relativismo amorale.

Il suo credo? Destrutturate l'esistenza a funzione fisiologica, a sofistica (paradossale) abilità nel farsi scherno di ogni nozione-agnizione del bene e del male: non tanto per pessimismo (sulla umana natura e condizione) quanto per "aura mediocritas" della riluttanza etica, del "genius" e del talento voluttuosamente trascinati alla condizione del rasoterra.

Nel "Nipote di Rameau" siamo dunque "in visita" all'archetipo del liberto-libertino, mai dimentico della sua provenienza servile, offerto al "migliore offerente" come foglia di fico a complicità variabile. Plausibile intravedere, in sottotesto, il timore di Diderot di "perdere se stesso e i propri riferimenti etici nell'affrontare un primo embrione di 'libero mercato' delle idee che intuiva stesse nascendo in quel turbolento e fervido scorcio di secolo" (citiamo l'Enciclopedia dello Spettacolo).

Rigogliosamente affrontato da Roberto Herlitzka e Tony Garrani prima, da Gabriele Lavia poi (in due diverse edizioni, anni settanta e novanta), era quindi da tanto che "Rameau" mancava dai palcoscenici italiani – un periodo di profonde mutazioni nel tessuto social-incivile, allorché le "contorsioni cerebrali" sono di violento impatto, di aspro sollazzo rispetto ai (più sofisticati e massificati) strumenti di comunicazione e divulgazione del pensiero cortigiano.

Lo scroccone erudito, l'opinionista "alla carta", il finto fustigatore di costumi ristagna-oggi- tra salotti ciarlieri e "porte a porte" del Potere liquido, grufolando con sommo gaudio tra distorsione e perfezione nel sottobosco dei sottogoverni, dei sottoappalti, dei sottoscala dell'opportunismo sdoganato a virtù civile. Faccendiere e factotum di Grandi Inquilini esigenti e sollazzanti, con buon pace per chi crede già tumulata l'era dei berluscones e dei bisignani di complemento

Dell'opera di Diderot, Silvio Orlando(che ha il phisique du role del muflone tartufesco, del mariolo ciarlante, in un mix irresistibile di noblesse sghemba e insudiciata) porta in scena un bel tomo di squisite allusioni e di strafottenti, ghignanti giullarate.

Pertanto, mentre le vocalità 'sgolate' e levantine mirano ad una sorta di garbuglio con effetto straniante, la mimica e l'espressione navigano (sfrenatamente) su sfumature gaglioffe, dissipanti, perdigiorno. Anche a rischio di qualche macchiettiamo e compiacimento interpretativo.

Per uno spettacolo che sembra soffrire lembi di staticità drammaturgica, suddiviso in riquadri di dialogo e\o monologo in cui invano aspettiamo la tensione di un'inventiva diversa dal facile effetto-cabaret. Ed in cui i loschi figuri di accompagnamento (interlocutori occasionali, fantesche grottesche) hanno funzioni essenzialmente coloristiche e di pimpante "rianimazione". Allorché l'esplicazione scenica si fa schematica, didascalica nella sua tesi di fondo che è –ovviamente- il "castigat ridendo mores" di padre Orazio.

Angelo Pizzuto

Ultima modifica il Domenica, 06 Ottobre 2013 12:31

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