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METODO (IL) - regia Lorenzo Lavia

"Il metodo", regia Lorenzo Lavia "Il metodo", regia Lorenzo Lavia

di Jordi Galceran
nella versione italiana di Pino Tierno
Regia Lorenzo Lavia
Cast: Giorgio Pasotti, Fiorella Rubino, Gigio Alberti ed Antonello Fassari
Scena: Gianluca Amodio – Alessandro Lai
Produzione officine del Teatro Italiano
Milano, Teatro Manzoni 7 maggio 2016

www.Sipario.it, 8 maggio 2016

Alle origini del Metodo Gronholm: dalla vita alla "finzione teatrale"
Qualche anno fa, a Madrid, fu ritrovato in un cassonetto un fascicolo contenente domande di assunzione destinate ad una catena di supermercati. L'impiegato, addetto alla selezione delle risorse umane, si era arrogato la libertà di apporre su ogni curriculum vitae la sua personale, quanto opinabile, valutazione. Giudizi xenofobi, e crudeli campeggiavano su ogni pagina del plico: definizioni che non lasciavano spazio all'empatia né alla comprensione per quel gruppo di candidati alla ricerca di un'esistenza lavorativa.
Da tale tranche de vie ha avuto origine il "metodo Gronholm" pièce incentrata sulla quarta giornata di valutazione, del personale dirigenziale, di una multinazionale: tappa cruciale nella vita di quattro candidati.
Dalla penna lucida e caustica di Jordi Galceran, un surreale e distopico scenario delle politiche del lavoro nel nuovo millennio.
A dispetto dei cliché dominanti, relativi alle aspettative del pubblico comune, l'impegno e le tematiche trattate nella pièce del drammaturgo catalano hanno conquistato le platee teatrali.
La realizzazione di testi sociologici e letture ispirate al "Metodo Gronholm" hanno ribaltato così previsioni e inossidabili luoghi comuni. Un successo assoluto e confermato da un ampio numero di adattamenti teatrali e cinematografici, uno per tutti: "El Mètodo", un classico per cultori, prodotto da Spagna, Argentina e Italia.
Per giungere infine, alla positiva serie di eventi che ha condotto la direzione artistica del Teatro Manzoni a proporre "il Metodo" per questa primavera 2016.
Una gradita. ottima scelta, operata al di fuori delle note e commerciali produzioni.
Il progetto teatrale ha visto impegnati, oltre al regista Lorenzo Lavia, anche un ottimo cast artistico: Giorgio Pasotti, Fiorella Rubino, Gigio Alberti, e Antonello Fassari.

L'incolpevole, neutrale, crudeltà dei "non luoghi".
Esistono luoghi e "non luoghi": evocando questi ultimi non si può non ricordare le milioni di situazioni che hanno costellato l'esistenza di ognuno di noi. Singolare è anche il paradosso che vede, alcune tappe importanti della vita, svolgersi in sedi tanto amorfe e prive di connotazioni caratteristiche.
La scena di Gianluca Amodio, evoca il perfetto spazio convenzionale. Il luogo asettico, adibito ai colloqui del personale, spazio "fisico" e "psichico" pronto a mutarsi in centro di aggregazione emotiva. Complice la presenza coatta di quattro individui pronti a scontrarsi, umiliarsi reciprocamente mettendo a nudo il lato debole della propria personalità.
Creazione di un microcosmo fine a se stesso: il cui unico contatto con l'esterno e con la vita privata dei quattro aspiranti candidati proviene da sollecitazioni esterne e finalizzate alla somministrazione dei test di prova.
Così accade a Fernando, Mercedes, Enrique e Carlos... I nomi, nella nostra circostanza, non hanno valore assoluto Al limite del delirio, si mutano in oggetto di scherno: quali campioni privi di valore e perfettamente intercambiabili l'uno con l'altro.

"Preserviamo l'unicità dell'individuo"

Nelle parole e nei gesti di ognuno dei candidati i nomi spariscono. Le originarie personalità, sopraffatte dall'ansia di apparire disponibili, cedono ai pregiudizi, alle scorciatoie ideologiche agli alibi politicamente corretti.
Dietro alla manifesta, quanto falsa affermazione di una valorizzazione dell'individuo e della sua dignità di lavoratore, si cela un forzato corporativismo "orwelliano". Sottile e costante meccanismo di spersonalizzazione imposto dalle multinazionali. L'affermazione del potere è più facile su un ampio gruppo omogeneo di gregari anziché su una comunità di individui dotati di capacità critica e principi etici.
Nella crudeltà dei colpi inferti dai quattro candidati e, nell'invasiva presenza degli esaminatori nella loro sfera privata, si definiscono modelli comportamentali presenti e ampiamente condivisi nel contesto sociale.
Oggi, più che mai, vale la massima espressa nel romanzo "Orwell 1984": "Non è tanto restare vivi, quanto restare umani".

Una commedia nera fra suspense e psicologia

La regia di Lorenzo Lavia, oltre al pregio di non tradire le premesse ideologiche del testo, è al contempo tesa e viva. Altro elemento degno di nota è il rispetto di una dimensione prettamente teatrale: una per tutte è la scelta di abolire l'uso dei microfoni. La capacità di "vivere, agire" lo spazio scenico è interamente affidata alle doti tecnico- artistiche degli attori.
La tensione che si respira è autentica ed elettrica: da brevi lampi di suspense si svela l'apertura a nuovi e inaspettati, scenari.
Il complesso meccanismo drammaturgico di Galceran è concretizzato da un ensemble in perfetta sincronia di gesti e battute. A partire dalla performance di Antonello Fassari il suo personaggio, percepito nell'apparente fragilità, appare insidioso nella sua veste di elemento d'innesco dei processi emotivi dei presenti.
L'identità di Carlos, perfettamente resa da Gigio Alberti, apre invece nuovi e scomodi interrogativi sugli effettivi processi di emancipazione. L'incapacità di metabolizzare, "vivere il presente", dei candidati, si rivela nell'atavica presenza di stereotipi legati all'identità sessuale.
La performance di Giorgio Pasotti crea una tipologia di uomo anaffettivo: il perfetto candidato. La serie di miserie e freddi sarcasmi, che costellano la sua personalità, è quella dell'uomo pronto a vendere se stesso e gli altri pur di conquistare posizione sociale e posto di lavoro.
Unica donna del gruppo, secondo il principio delle pari opportunità, è Mercedes, la sua presenza costituisce l'elemento eversivo per eccellenza. L'identità di donna e avversaria, nella competizione rafforza e demolisce alleanze nel contesto del gruppo.
Nella sobria, rigorosa, interpretazione di Fiorella Rubino traspare una vita in lotta fra aderenza a modelli professionali e l'affiorare di una femminilità vissuta in chiave castrante.
Alla fine di tutto prevale una forma di "cinismo maieutico". L'unica via di fuga concessa all'uomo: è la salvifica scappatoia di un sano individualismo.

Ottimo impatto per la black comedy di Galceran - brillantemente trasposta da Pino Tierno- per il pubblico italiano. Il totale consenso della platea del Manzoni si è ampiamente espresso nei numerosi applausi a scena aperta e nei commenti entusiasti che hanno accompagnato il termine della serata.
Uno spettacolo imperdibile e vivamente consigliato a tutti coloro che vogliono evadere dalla prevedibilità del teatro "da abbonamento".

Francesca Bastoni

Ultima modifica il Mercoledì, 11 Maggio 2016 05:53

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