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MINETTI, RITRATTO DI UN ARTISTA DA VECCHIO - regia Roberto Andò

Roberto Herlitzka in "Minetti, Ritratto di un artista da vecchio", regia Roberto Andò. Foto Franco Lannino Roberto Herlitzka in "Minetti, Ritratto di un artista da vecchio", regia Roberto Andò. Foto Franco Lannino

di Thomas Bernhard
regia Roberto Andò

traduzione Umberto Gandini

con Roberto Herlitzka, Roberta Sferzi, Verdiana Costanzo, Pierluigi Corallo, Vincenzo Pasquariello, Matteo Francomano

scene e luci Gianni Carluccio, 
costumi Gianni Carluccio, Daniela Cernigliaro

suono Hubert Westkemper

aiuto regia Luca Bargagna

produzione Teatro Biondo Palermo

Biondo di Palermo dal 4 al 13 marzo 2016

www.Sipario.it, 13 marzo 2016

Li univa il nome dell'uno che era il cognome dell'altro. Loro erano Bernhard Minetti e Thomas Berhnard. Il primo considerato da molti il più grande attore teatrale tedesco del secondo dopoguerra morto a 93 anni nel 1998, il secondo era scrittore e drammaturgo olandese di lingua austriaca scomparso nel 1989 a 59 anni. Erano diventati amici i due al punto che Bernhard gli dedicò una pièce titolata Minetti, Ritratto di un artista da vecchio, rappresentata la prima volta nel 1977 al Württembergischer Staatstheater di Stoccarda con la regia di Claus Peymann, con lo stesso Bernhard Minetti nel ruolo del protagonista. E' un lavoro quasi esoterico, in cui, nella colta e fine messinscena di Roberto Andò al Biondo di Palermo, nella traduzione di Umberto Gandini, s'incunea prepotentemente il fantasma del pittore belga James Ensor, precursore dell'espressionismo tedesco e ampiamente citato attraverso le maschere indossate dalle figure che fanno da contorno al Minetti di Roberto Herlitzka, forse l'unico attore vivente in Italia in grado di indossarne i panni, aderendo incredibilmente al personaggio in modo da diventare la vera impalcatura drammaturgica di tutta l'opera. Lo spettacolo ha come location la hall d'un hotel demodé, in stile mitteleuropeo, con macchie di muffa al soffitto, ascensore a vista, pianoforte e una quaterna di squadrate poltrone in pelle (la scena è di Gianni Carlucci che firma pure gli eleganti costumi con Daniela Cernigliano), illuminato con le luci giallo-arancio di Gianni Carluccio. Un quadro fatiscente, baluginante quasi alla maniera di Hopper, anche per l'immagine d'una donna in rosso in primo piano (Roberta Sferzi) che talvolta mette al viso la mascherina d'una scimmia e poi da una donnina in minigonna nera (Verdiana Costanzo) che andrà via dopo un po' col suo ganzo. Minetti-Herlitzka vi giunge la sera d'un capodanno piovoso, squarciato da tuoni e fulmini (suoni e rumori di Hubert Westkemper), facendo scampanellare la porta al suo entrare, vestito con giacca e cravatta e avvolto da un cappotto scuro come l'ombrello che ha in una mano, mentre nell'altra ha un valigione che cela la maschera, costruitagli da Ensor, del Re Lear shakespeariano. Un personaggio a lui molto caro, recitato in privato, ad ogni 13 del mese, in inglese e in tedesco davanti uno specchio della casa della sorella e che dovrebbe ri-proporre, dopo 30 anni che non lo fa davanti ad un vero pubblico, nel Teatro di Flensburg, nel bicentenario della sua nascita, e che adesso è in mano ad un direttore senza nome che tarda ad arrivare in quel luogo spettrale. Parla Minetti-Herlitzka, parla senza fermarsi per 80 minuti, volgendo educatamente la parola alla concierge e ai clienti dell'hotel e pure ad un nano mostruoso, senza avere mai delle risposte che siano tali. Nel giro di pochi minuti è come se lì sul palco ci fosse il Willy Loman di Morte d'un commesso viaggiatore di Miller, o un maestrino de La classe morta di Kantor o un Vladimiro o Estragone di Aspettando Godot di Beckett. Qualcuno insomma che ha travalicato la quarta parete e che va avanti a ruota libera, rimarcando che lui è contro la letteratura classica, pur avendola studiata, d'essere contro il teatro, contro il pubblico, contro i direttori di teatro che non sono puntuali, prendendo le difese dell'attore, del Mar del Nord, di Londra, pure di Scotland Yard, divagando sul rapporto scrittore-attore come catastrofe artistica. Certamente prova rammarico d'essere stato scacciato da Lubecca al tempo in cui pure lui dirigeva un teatro e resta della convinzione che l'attore deve esibire la sua presenza inquietante, avendo come peggiore nemico il pubblico. Suo desiderio sarebbe quello d'interpretare il Prospero de La Tempesta di Shakespeare e fare sparire le persone, come s'avvererà in chiusura quando inghiottendo alcune pillole e indossando la maschera di Lear si siederà su una poltronna venendo inghiottito da una tormenta di neve davanti al fondale che scomparirà, occupato da un paesaggio marino dai toni grigio-piombo. Successo per lo spettacolo prodotto dal Teatro Biondo di Palermo e per gli altri interpreti che erano Pierluigi Corallo, Vincenzo Pasquariello, Matteo Francomano. -

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Martedì, 15 Marzo 2016 10:57

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