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MERDA (LA)/THE SHIT - di Cristian Ceresoli

Merda (La)/The shit Merda (La)/The shit di Cristian Ceresoli

decalogo del disgusto #1
di Cristian Ceresoli
con Silvia Gallerano
luci Alessio Rongione
direzione esecutiva Marta Ceresoli
produzione Cristian Ceresoli e Marta Ceresoli
Cascina, La città del teatro, 2 marzo 2013

www.Sipario.it 3 marzo 2013
 

Il testo di La merda/The shit, che come si può leggere nelle note d'accompagnamento è dedicato da Cristian Ceresoli ai 150 anni dell'Unità d'Italia, è la prima tappa di un Decalogo del Disgusto che il giovane autore intende comporre (è lecito attendere con curiosità le fermate successive). Lo spettacolo, diviso in tre tempi (intitolati, con evidenza icastica, Le Cosce, Il Cazzo, La Fama, più una coda dal titolo L'Italia), si descrive in poche righe: una giovane donna – completamente nuda come il palcoscenico che la accoglie, livida come la luce che la rivela, seduta su un piedistallo metallico – racconta al microfono i suoi sacrifici di aspirante attrice. Interpretata da Silvia Gallerano con ostinata voce di testa, slabbrata e pronta alla variazione, la ragazza lascia traboccare le proprie incertezze identitarie, le ansie legate all'aspetto fisico e le umiliazioni affrontate per sottoporsi a un provino per uno spot pubblicitario ispirato all'unità nazionale. Proprio l'inno d'Italia, cantato in maniera ironicamente sgangherata, conclude il suo sfogo.
Dal punto di vista drammaturgico, dicendo che ciascun segmento del monologo, prima di raffreddarsi in un buio di pochi secondi, ha il suo culmine in una parte finale feroce e gridata, in cui la defecazione assume il carattere di un'espulsione liberatoria (un breve esempio: "solo mangiandomele, e cacandole, queste mie cosce, potrò finalmente sentirmi libera"), è facile realizzare quanto il testo sia ordinario e scarsamente innovativo. Dicendo poi che il flusso di coscienza è impiegato come mero espediente formale per tenere insieme un elenco di recriminazioni e frammenti di memorie, attraverso la narrazione di episodi tragicomici e rapporti umani devastati (con una madre assillante e ipercritica, un padre suicida, un compagno di scuola handicappato in cerca di appagamento sessuale, una provinatrice imbecille), si potrà forse intuire l'ambivalenza del personaggio, che, sebbene concepito per mostrare la volgare crudeltà del sistema e condannare la schiavitù dell'apparenza, si mostra pienamente consapevole delle regole del gioco. Il suo perseverare nonostante le difficoltà e il disgusto provocatole dalla società dello spettacolo, maschilista, sessuomane e becera, è il frutto di un complesso di valori alterato. Per questo diremo che la performance ha raggiunto il suo obiettivo solo se contribuirà a educare una reazione inversa, che conduca finalmente alla rinuncia, a un silenzio ribelle, a un benefico ripudio di questa stessa società dello spettacolo, che si nutre non solo dei sogni avverati ma anche di quelli infranti, rovesciatisi in incubi rabbiosi. In caso contrario, sarà solo l'ennesimo vanaglorioso tentativo di elevarsi sopra la mediocrità dei nostri tempi.
Il lavoro di Ceresoli e Gallerano, premiatissimo anche all'estero, attende una versione cinematografica realizzata da Alice Rohrwacher. Per adesso riceve ovunque critiche più che benevole e applausi infervorati, come quello del pubblico di Cascina, nella serata di sabato 2 marzo 2013.

Carlo Titomanlio

Ultima modifica il Domenica, 06 Ottobre 2013 13:26

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