di Mattia Torre
con Valerio Mastrandrea
regia: Mattia Torre
Milano, Teatro dell’Elfo, dal 20 marzo al 1 aprile 2007
Genere teatrale minore, il monologo? Tutt'altro. Naturalmente alla sua base ci deve essere un testo non banale e di articolata scrittura. E soprattutto, a farlo vivere, occorre un interprete di eccellenti capacità espressive. Quelle che possiede Valerio Mastandrea, volto giovane ma già ben noto anche del nostro cinema, e di cui dà straordinaria dimostrazione con questo «Migliore» scritto e diretto da Mattia Torre, con cui adesso fa l'en plein al milanese Elfo. Morde nel nostro oggi il divertente ma nel fondo quanto mai amaro monologo che s'avvia a diventare un cult. Ci racconta la metamorfosi di un uomo comune, una creatura timida e remissiva. E la sua metamorfosi diventa un apologo. È un essere fondamentalmente buono Alfredo ed esercita un umile lavoro. Poi un giorno si trova a fare i conti con la giustizia per via di un drammatico e casuale incidente. Verrà assolto e il suo carattere comincerà a mutare. Cambia il suo modo di comportarsi con il prossimo e tutto muta intorno a lui. Adesso la società è lì ad aprirgli quelle porte che per lui erano chiuse: cresce professionalmente e socialmente. Se prima ci era parso simpatico, metteva tenerezza, ora egli fa antipatia e però, come suggerisce con sarcasmo il titolo, diventa il "migliore". Bravissimo Valerio Mastandrea, conquista per come "afferra" il personaggio e la vicenda; grazie ad una continua, caleidoscopica varietà di toni e di gesti. Sempre controllatissima, meditatissima. Lì, in abito e cravatta, nella vasta nudità del palcoscenico dove si aggira sotto coni di luce da "science fiction", la sua è una trasformazione che sentiamo vera. Che ci allarma. O dovrebbe allarmarci.
Domenico Rigotti
Nella nostra società essere persone miti, un pò ingenue, un pò sognatrici, semplici, timide è una sorta di grave malattia. Una persona così dà fastidio, è giudicata inerte, inesistente, una ameba, un essere col quale si possono avere comportamenti sgradevoli, tanto non riesce a reagire. Così la vita di Alfredo, protagonista dell' ironico, divertente e amaro monologo «Il migliore», scritto e diretto da Mattia Torre e interpretato dal bravo Valerio Mastandrea, con le sue piccole grandi fobie, con la sua ostentata normalità, con i suoi seminari sui cibi antichi, con i suoi alberi di pere piemontesi da salvare, con la sua insonnia, i suoi innamoramenti non corrisposti, la sua solitudine, scorre lenta e un pò faticosa come milioni di vite, costellata qua e là da soprusi subiti con rassegnazione e docilità: gli addetti della nettezza urbana che suonano al suo citofono, solo al suo, da anni sempre alle sette e trenta del mattino per farsi aprire la porta, i maleducati clienti del call center dove lavora, ricchi possessori di speciali carte di credito che annoiati lo subissano di richieste assurde da soddisfare in pochi minuti. Ma un giorno gli accade qualcosa di traumatico e Alfredo da mite diventa aggressivo, volgare, intollerante, competitivo. E scopre che le cose gli vanno meglio, successi in amore, sul lavoro, soldi, scalata sociale. Basta peri piemontesi da salvare e via con il cinismo e il cinismo paga. Scritto con mano leggera, il monologo è interpretato con intelligente misura da Mastandrea che con bravura accende di toni e voci il racconto della vita di Alfredo, sempre attento ai ritmi e all' essenzialità del gesto. Sul palcoscenico vuoto, tra lame di luce che segnano percorsi e evocano luoghi, il giovane uomo in abito scuro compie la sua metamorfosi in duro e sprezzante replicante in carriera. IL MIGLIORE, Teatro dell' Elfo, fino al 1° aprile
Magda Poli