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MALAGRAZIA - regia Giuseppe Isgrò

"Malagrazia", regia Giuseppe Isgrò "Malagrazia", regia Giuseppe Isgrò

ideazione e regia Giuseppe Isgrò
drammaturgia Michelangelo Zeno
con Edoardo Barbone e Daniele Fedeli
architettura del suono Stefano De Ponti
cura del progetto Francesca Marianna Consonni
assistente alla regia Edoardo Barbera
immagine Mauro Vignando
foto Mauro Brovelli
grafica Nicola Gasco
collaborazione alla promozione Giuseppina Borghese
ufficio stampa Le Staffette
Teatro Clan Off di Messina, 10 marzo 2018

www.Sipario.it, 10 aprile 2018

Malagrazia. Un gioco da bambini

Confinati in un'irrimediabile emarginazione, due fratelli reinventano il mondo a propria misura. Caino e Abele superstiti in un mondo post-apocalittico, chiusi in un bunker (o una soffitta, o la sinistra isola deserta del Signore delle Mosche) a narrarsi storie che ridefiniscano un'identità: il padre in fuga, la madre morta di parto e dunque l'isolamento, senza alcun appiglio al mondo reale. Carmelo e Sebastiano redigono l'inventario della solitudine, i loro giochi sono trucchi arguti per celare violenze e sopraffazioni, cortocircuiti di senso nel caos primordiale.
L'amato Ballard sorveglia idealmente il nuovo lavoro della compagnia milanese Phoebe Zeitgeist, un gioco da bambini venato da risentimenti nietzschiani, perfido nella costruzione, disumano nella sua architettura interna. Malagrazia è incubo urbano, distopia selvaggia e brillante eredità della lezione di Franco Scaldati arricchita dalle migliaia di citazioni queer e post-punk che da anni connotano gli spettacoli firmati dal regista Giuseppe Isgrò. Distorsioni sonore e riferimenti politici, in questo senso, concorrono a deviare l'attenzione dalle vicende narrate verso un nichilismo puro: decine di oggetti si alternano sulla scena (sintetizzatori, peluche, rasoi, neon e un polpo, oltre ad un sinistro bacino di vacca ad incombere sugli attori come evocazione dionisiaca) fino alla nudità assoluta di una masaccesca cacciata dei progenitori di una nuova specie.
Edoardo Barbone e Daniele Fedeli arricchiscono le parole scritte da Michelangelo Zeno con la necessaria aggressività, elaborando un gusto geometrico da duellanti sotto le mentite spoglie dell'affinità di sangue. Un talento gestito con accortezza nell'orgasmo di sensi che rende Malagrazia un entropico tributo al pansessualismo: caduto ogni valore (ed ogni tranello borghese) la vita diviene un semplice trastullo infantile, un vizio figlio della noia.

Domenico Colosi

Ultima modifica il Mercoledì, 11 Aprile 2018 10:59

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