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JOHN GABRIEL BORKMAN - regia Thomas Ostermeier

John Gabriel Borkman John Gabriel Borkman Regia Thomas Ostermeier

di Henrik Ibsen
regia di Thomas Ostermeier
scenografia di Jan Pappelbaum
drammaturgia di Marius von Mayenburg, costumi di Nina Wetzel, musiche di Nils Ostendorf, luci di Eric Schneider
con Josef Bierbichler, Kristen Dene, Sebastian Schwartz, Angela Winkler, Catlen Gawilich, Felix Romer, Elzemarieke De Vos
produzione Schaubune am Lehniner Platz, Berlin
al teatro Comunale, Modena 2009

www.Sipario.it, 3 dicembre 2009

La storia del banchiere John Gabriel Borkman rovinato dalla sua stessa bramosia di denaro che dopo aver scontato una pena giudiziaria che reputa ingiusta si rifugia nello studio di casa in cerca di un impossibile riscatto è storia dei nostri giorni, è storia di un desiderare senza fine, ma non solo. Nel testo di Ibsen c'è l'analisi impietosa delle reazioni familiari. Il drammaturgo norvegese mette in atto un'autopsia degli affetti che Thomas Ostermeier accentua e rende quasi esclusiva. Emergono così l'amore mai appagato di Ella (Angela Winkler), sorella gemella della moglie di Borkman (Kristen Dene) per il banchiere e il doppio senso di maternità nei confronti del figlio Erhard (Sebastian Schwartz) oggetto dei progetti e delle passioni delle due donne di casa. Per la madre naturale Erhard è colui che è destinato a riscattare il padre, per la sorella è la consolazione dei suoi ultimi mesi di vita, minata com'è da una malattia che non da scampo. Ma Erhard si ribella e urla: «Sono giovani, non voglio lavorare, voglio vivere». Ed anche i questo 'voler vivere' c'è molto del presente... Thomas Ostermeier ha ambientato la vicenda del vecchio Borkman in uno spazio borghese congelato, ha asciugato il testo di ogni riferimento naturalistico, puntando sulla dinamica dei rapporti affettivi, sul conflitto tra le due sorelle che dopo essersi contese l'amore di Borkman, lottano per quello di Erhart, figlio e nipote prediletto. Pur con un inizio faticoso e con la ricercata distanza che pone quanto accade sotto vetro Ostermeier mostra la ferocia di dinamiche che a tratti assumono una sorta di improvvisa leggerezza da vaudeville, con quelle poter che si aprono e chiudono come in un albergo del libero scambio... Lo stesso Borkman ha qualcosa di mediocre e nulla di titanico, senza arrivare all'infantilismo evocato dal Borkman di Castri. L'anamnesi delle dinamiche familiari evidenzia la mediocrità di quel gruppo borghese anestetizzato dall'interesse e dall'egoismo. Questo gelido contesto fa risuonare nello spettatore – più che mai voyeur indiscreto – l'insensatezza e la drammaticità grottesca della finanza gonfiata, dell'appetito di ricchezza, ma anche il deserto degli affetti...Così quando sul corpo esanime del banchiere Ella chiede alla sorella se voglia vederlo, al rifiuto della moglie si ha conferma dell'esilio della pietà... Stridono, per quanto ibseniano, il cercasi delle due mani delle sorelle, quasi a sostenersi l'un l'altra, un gesto visibile che smonta la struttura di feroce impietoso egoismo che Ostermeier ha condotto con faticosa coerenza...

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Domenica, 11 Agosto 2013 09:15

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