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ICARO - regia Daniele Finzi Pasca

Icaro Icaro Regia Daniele Finzi Pasca

di e con Daniele Finzi Pasca
Settembre al borgo
Caserta, Teatro della Torre, 29 agosto 2008

Il Mattino 1 settembre 2008
Il clown che sognava di volare

Risalta per contrasto nello spettacolo che ha aperto la rassegna al Teatro della Torre di Casertavecchia - «Icaro», di e con Daniele Finzi Pasca - la leggerezza che i due direttori artistici, Paola Servillo e Ferdinando Ceriani, hanno scelto come tema della 38esima edizione di «Settembre al Borgo». Innanzitutto rispetto al fatto che l'ambiente in cui si svolge l'azione è un ospedale. Infatti, non c'è niente di più pesante della malattia, e in senso psicologico (considerando la disperazione o, almeno, l'abbattimento del malato) e in senso fisico (considerando l'immobilità del suo corpo schiacciato nel letto). Per giunta, si tratta qui di un ospedale psichiatrico, vista la stanza senza porte e finestre nella quale si muovono i personaggi in campo: uno che sta lì già da tre anni e un altro (uno spettatore scelto a caso sera per sera) che è stato appena ricoverato. E la sottolineatura per contrasto di partenza risiede nella trama sottilissima, quasi evanescente, delle storie che il primo dei due ricoverati racconta al secondo per esorcizzare o alleviare quella loro condizione. Ovvio? Ma proprio attraverso l'ovvietà Finzi Pasca - diventato famoso come regista del Cirque du Soleil e del Cirque Éloize - riesce a toccare l'imprevedibile e l'inatteso che trasportano dalla superficie alla profondità. È questo il pregio non comune del suo spettacolo. E siccome la leggerezza che presiede all'edizione in corso di «Settembre al Borgo» viene dichiaratamente mutuata da Calvino, mi torna in mente che, parlando del «Visconte dimezzato», Vittorini osservò che vi si dispiegano sia «un senso di realismo a carica fiabesca» sia «un senso di fiaba a carica realistica». In «Icaro» si manifesta per l'appunto un intreccio del genere. E non a caso - voglio dire non solo perché l'autore e regista è anche un clown - la forma della messinscena si riferisce alla grande tradizione del circo, appunto quella costituita dai vari tipi di clown. C'imbattiamo, infatti, nel clown-parlatore ricalcato sullo «shakespearian jester» (Finzi Pasca) e nel «clown de reprise», ossia nel clown incaricato di riempire i vuoti o di rilanciare la rappresentazione (lo spettatore che impersona il secondo ricoverato); e il compagno del quale racconta con immedicabile nostalgia il primo ricoverato si chiamava Augusto. Ma proprio qui scatta la più significativa e lancinante delle sottolineature per contrasto a cui accennavo. Il clown-augusto è per definizione «l'uomo che prende gli schiaffi»: e il compagno del primo ricoverato li prese, terribili, sotto specie di un cancro che a poco a poco gl'invase tutto il corpo. Eppure, fu proprio lui a insistere fino all'ultimo sulla necessità d'imparare a volare per andarsene da quella prigione. Insomma, «Icaro» (e tralascio parole inutili circa la bravura di Daniele Finzi Pasca come interprete) incarna per davvero alla perfezione la leggerezza calviniana: poiché rimarca senza parere, ma con forza decisiva, alcuni concetti fondamentali troppo spesso dimenticati o trascurati. Come, tanto per fare un esempio, nel caso della battuta secondo la quale «volare è facile, è scappare che è difficile»: al posto di «volare» dobbiamo leggere sognare e al posto di «scappare» dobbiamo leggere lottare per cambiare. Alla fine, ci riesce, a volare, soltanto il secondo dei due ricoverati: nel senso che l'altro gli apre una via di fuga attraverso la porta di un armadio pieno di luce. Lui, il clown-parlatore, resterà in quella stanza a raccontare altre storie, sempre le stesse, agli altri ricoverati, sempre gli stessi, che arriveranno. E qui Finzi Pasca, ancora senza parere, ci pone la domanda di fondo a cui ciascuno può rispondere come crede: è la vita che vince sul teatro o il teatro che vince sulla vita?

Enrico Fiore

Ultima modifica il Domenica, 11 Agosto 2013 09:27

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