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FILOTTETE - regia Andrea Baracco

Filottete Filottete Regia Andrea Baracco

da Sofocle
regia: Andrea Baracco
con Amanda Cicchi, Giandomenico Cupaiuolo, Roberto Manzi, Alessandra Paletti, Giacomo Pecchia, Giacomo Vezzani
Roma, Cometa Off, dal 25 aprile al 6 maggio 2007

Corriere della Sera, 29 aprile 2007
Filottete, la ferita e l' arco

Nel «Filottete» di Sofocle il punto nevralgico non ha alcun aspetto tragico. Lo possiamo forse definire drammatico, anche se ciò che ne spicca è le portata simbolica. Dieci anni prima, Filottete è stato abbandonato dei suoi compagni greci sull' isola di Lemno. È stato abbandonato perché ferito, perché ormai inutile nell' assalto a Troia. Maggior artefice della decisione di abbandonarlo era stato Odisseo. Ora proprio a Odisseo, e a Neottolemo, il figlio di Achille, toccherà il compito di riportarlo in battaglia: Filottete ha con sé un arco invincibile. D' altra parte, Odisseo è l'uomo con le minori possibilità di convincere Filottete, che lo detesta. Il difficile compito toccherà al giovane Neottolemo, da Odisseo costretto all' inganno (ciò che interessa ai greci è l'arco di Filottete, non già Filottete). In «La ferita e l'arco», uno dei grandi libri di critica del XX secolo, Edmund Wilson così descrive il punto nevralgico di cui dicevo, quello in cui Neottolemo capisce il senso della vicenda che sta vivendo: «È nel momento in cui la sua simpatia per Filottete lo porta irresistibilmente a sopprimere il proprio inganno (così in Sofocle gli influssi soprannaturali vengono fatti sfumare con infinita delicatezza in motivazione soggettive) è in questo momento in cui egli istintivamente si ritrae dall' inganno che gli diventa chiaro il senso di quelle parole dell' indovino, che l'arco sarebbe inutile senza lo stesso Filottete». Perché senza Filottete l'arco sarebbe ai greci inutile? Perché invalidità e forza sono tutt' uno, con il tempo la malattia di Filottete è ciò che lo ha reso invincibile: è da dieci anni che l'eroe sta lottando contro il proprio dolore. Nello spettacolo di Andrea Baracco alla Cometa Off, che si chiama «Filottete» ma che è stato ampiamente riscritto dallo stesso regista e da Claudio Storani, e che è a tutti gli effetti un'opera prima, prevalenti sono gli aspetti figurativi e musicali. A dire la verità, non capisco il senso della riscrittura, dove Baracco volesse arrivare. Ma alla fine non importa. Il suo «Filottete» è uno spettacolo travolgente, alla lettera. Occorre farsene travolgere, abbandonarsi al flusso sonoro e visivo. Credo di cogliervi un eccesso di intenzione, un sovrappiù di simboli, di oggetti, di figure: le pance delle donne incinte (il Coro), gli ombrelli (vero leit-motiv del nuovo testo), la valigetta di Filottete (con dentro il mare e la barca che lo lascerà a Lemno), l'innaffiatoio (a Lemno ci sono cavalloni, c' è pioggia, c' è il rumore assordante del mare), le catene cui alla fine vengono appesi ad asciugare gli oggetti ormai superflui. Ma ciò che c' è di eccellente è la recitazione degli attori, in specie di Neottolemo, raffigurato come un giovane scolaro ingenuo, e di Filottete, con le sue spaventose crisi di dolore. Profondamente toccanti sono i momenti di reciproco riconoscimento dei tre eroi, i due buoni e il meno buono. Peccato che nella locandina non sia indicata la distribuzione dei ruoli. I sei interpreti comunque sono Amanda Cicchi, Giandomenico Cupaiuolo, Roberto Manzi, Alessandra Paoletti, Giacomo Pecchia e Giacomo Vezzani.

Franco Cordelli

Ultima modifica il Giovedì, 22 Dicembre 2016 11:45

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