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FEUILLETS D'HYPNOS - regia Frédéric Fisbach

Feuillets d'Hypnos Feuillets d'Hypnos Regia Frédéric Fisbach

testo di René Char
regia: Frédéric Fisbach
costumi: Olga Karpinsky
con Wakeu Fogaing, Pulchérie Gadmer, Johanna Korthals-Altes, Nicolas Maury, Benoit Résillot, Stéphanie Schwartzbrod, Fred Ulysse
Palais des Papes, Festival di Avignone, 15, 16, 17 luglio 2007

Corriere della Sera, 5 agosto 2007
Ad Avignone lo spettacolo-perno del Festival, «Feuillets d' Hypnos»

La poesia di Char, ipnosi e azione

Frédéric Fisbach è un regista francese di 41 anni. Allievo di Stanislas Nordey a Saint-Denis, è ora l' artista associato, o residente, del Festival di Avignone. Succede a Jan Fabre e si presenta con Feuillets d' Hypnos di René Char, spettacolo-perno dell' edizione 2007, in scena alla Cour d' honneur del Palais des Papes. Spettacolo-perno anche perché di Char ricorre il centenario della nascita. Nato e residente a L' Isle- sur-la-Sorgue, nel Vaucluse, nel 1947 il poeta era un personaggio pubblico di spicco. Appena uscito dal maquis e, per il nostro discorso avignonese sull' Europa dal 1940 a oggi, un vero e proprio anti-Céline (di lui ho scritto a proposito del Norden di Castorf), Char era amico di Vilar e contribuì alla nascita del Festival in nome di uno strenuo humanisme. Tra le tante sue raccolte di versi, i Feuillets d' Hypnos, scritti nel cuore del combattimento, furono pubblicati da Albert Camus nel 1946, presso Gallimard. I Feuillets sono, in Francia, un libro leggendario al pari che, da noi, gli Ossi di seppia di Montale. Ma hanno una caratteristica: benché si presentino come una raccolta di appunti sulla lotta partigiana, di essa parlano in modo ellittico. Solo rarissimamente in modo diretto e comprensibile a una prima lettura. Come dice il titolo, i Feuillets sembrano scritti in stato di ipnosi, o di sonnambulismo. Se si prende in mano il libro e, come tanti libri di poesia, lo si legge ad apertura di pagina, viene il nervoso. Il linguaggio di Char è spesso oracolare; germina da un codice del tutto personale; occorre, per accostarlo, una consuetudine, cioè il contrario dell' incontro casuale. In Italia Char ha avuto lettori d' eccezione, tutti poeti: da Sereni e Caproni, che lo hanno tradotto, a Montale e Bigongiari; da Cosimo Ortesta a Roberto Deidier. Ma oggi, questa la mia impressione, è dimenticato, se non sconosciuto. Viviamo in una società iper-democratica, di cui un linguaggio come quello di Char è l' antitesi. Anche in Francia, va da sé, Char ha avuto lettori illustri: da Georges Poulet a Jorge Semprun, da Jean Starobinski a Maurice Blanchot (per definire la sua poesia come segnata da ciò che egli chiana il «neutro» e Starobinski «lontananza», Blanchot parte da questa domanda di Char: «Come vivere senza ignoto davanti a sé?»). E lettori d' eccezione ha avuto in Germania. Martin Heidegger lo invitò a un seminario a Le Thor; Hannah Arendt prese uno dei Feuillets come punto di partenza del suo Tra passato e presente («La nostra eredità non è preceduta da alcun testamento»). Detto tutto questo, restava da capire come il pubblico francese avrebbe reagito alla proposta di Fisbach. Di fronte alla frase breve, ovvero al tempo breve di Char, che è il modo dell' ignoto di apparire - esso appare sparendo, ovvero polverizzandosi, germinando e, meglio, mutandosi in azione (così Poulet) - di fronte all' idea di Fisbach di mutare i 237 «feuillets» in altrettante «azioni per la scena», la risposta è stata educata, piuttosto fredda. Molti, in punta di piedi, scendevano le scale della Cour e se la svignavano alla chetichella. Altri erano più rumorosi. A me Fisbach aveva consentito una maggior consuetudine, quindi una maggior comprensione; ma egli, di fatto, si era limitato ad allestire una scenografia molto chic composta da sei moduli d' abitazione e da una cucina esterna, e a far muovere i suoi sette attori come in un laboratorio, con azioni del tipo: accendersi una sigaretta, farsi una doccia, abbracciarsi, baciarsi, saltare di qua e di là. Obiettivamente, poco. Il momento migliore era quando, evocato un villaggio della Provenza, salivano silenti in scena un centinaio di anonimi attori-cittadini. Era, per lo Char di oggi, il segnale più eloquente.

Franco Cordelli

Ultima modifica il Martedì, 20 Agosto 2013 11:03

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