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FENICIE (LE) - regia Valerio Binasco

Isa Danieli e Guido Caprino in "Le Fenicie", regia Valerio Binasco Isa Danieli e Guido Caprino in "Le Fenicie", regia Valerio Binasco

di Euripide

regia di Valerio Binasco

con Isa Danieli, Guido Caprino, Gianmaria Martini, Simone Luglio, Giordana Faggiano, 
Michele Di Mauro, Matteo Francomano, Massimo Cagnina, Simonetta Cartia
al pianoforte Eugenia Tamburi 
musiche di Arturo Annechino

al Teatro greco di Siracusa nel 53° Ciclo di rappresentazioni classiche dell'INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico) dal 6 maggio al 25 giugno 2017

www.Sipario.it, 9 maggio 2017

Su un grande manto rosso rappezzato in più punti con al centro lo scheletro bianco d'un grande albero rinsecchito chissà da quanto tempo e con dei teli bianchi che sventolano in fondo alla scena architettata da Sandro Sala (suoi pure i costumi molto vicini ai nostri tempi, in particolare quello dei guerrieri vestiti con divise attuali di verde militare), Valerio Binasco con una limpidità cristallina mette in scena nel Teatro greco di Siracusa Le Fenicie di Euripide, in una traduzione altrettanto limpida di Enrico Medda. Una tragedia invero poco rappresentata, poco amata dai teatranti forse perché l'argomento è, nel nucleo principale, lo stesso dei Sette contro Tebe di Eschilo, ovvero la lotta per il potere tra i figli di Edipo, Eteocle e Polinice (focosi quanto basta quelli di Guido Caprino e Gianmaria Martini) e la loro reciproca morte in duello. Credo che bisognerebbe ri-valutare questo lavoro perché conosciamo da un'altra angolazione che fine fa la famiglia dei Labdacidi dei vari Edipo, Giocasta, Creonte e Antigone e non il dramma delle singole figure. Quanto poi alle Fenicie che dà il titolo all'opera, Binasco le vede come delle pupattole con maschere prive d'espressione, un coro di fanciulle straniere che arriva in scena come un gruppo di sfollate con tanto di valigie di cartone in mano, che a causa della guerra scatenata da Polinice tra Argo e Tebe non hanno potuto raggiungere il santuario di Apollo a Delfi e sono rimaste intruppate a Tebe partecipando come possono alle sorti di questa città. Nel prologo spicca la figura di Giocasta, di nero vestita quella d'una superba Isa Danieli che si dilania il corpo e l'anima per il suo rapporto incestuoso con Edipo, colpevole costui senza saperlo del parricidio di Laio e in seguito accecatosi e rinchiuso nel palazzo dai figli Eteocle e Polinice per soffocare cotanta vergogna domestica. Adesso l'Edipo dalla chioma bianca di Yamanuchi Hal è accudito da Giocasta che le prepara pure dei brodini, mentre riguardo al suo regno i due fratelli raggiungeranno un accordo perché regnino uno anno ciascuno. Accordo che Eteocle rompe cacciando Polinice, perché gli piace il potere e perché evidentemente logora chi non ce l'ha. Polinice da canto suo si rifugia da Adrasto re di Argo, sposandone la figlia, e arma un esercito di Argivi avendo pure come alleati sei principi e muovendo guerra al fratello e alla sua stessa città. Giocasta intanto dopo essere riuscita a fare incontrare i suoi due figli per una riconciliazione, il tentativo si dimostrerà vano perché la guerra è lì pronta ad iniziare, forse con una maggiore convinzione di Eteocle che di Polinice. Incontro che il pedagogo Simone Luglio racconta ad un'ansiosa Antigone vestita di giallo con la gonna sventolante quella di Giordana Faggiano, trepidante poi nel volere vedere il fratello Polinice dalle alte mura. L'entrata in scena di Creonte (Michele Di Mauro) è per stabilire con Eteocle il piano di guerra e su come affrontare i soldati di Polinice attendendo da ciascuna delle sette porte con sette schiere di difensori, l'attacco delle sette schiere degli Argivi. Una difesa messa in dubbio dall'indovino Tiresia di Alarico Salaroli che profetizza a Creonte che la città potrà salvarsi soltanto se uno dei suoi figli, il giovane Meneceo di Matteo Francomano ( l'altro si chiama Emone e sarà rifiutato da Antigone), sarà offerto in sacrificio agli dei. Al netto rifiuto di Creonte che esorta il figlio a mettersi in salvo segretamente, segue il sacrificio per la patria di Meneceo che si trafiggerà con la spada. Ritorna sulla scena Giocasta che vuole sapere per bocca dell'araldo - con elmetto in testa tipo fumetto degli Sturmtruppen e dalla parlata ilare in stile frassichese quello di Massimo Cagnina, un momento davvero ilare del dramma bellico - non tanto l'esito della guerra quanto la sorte dei figli e saputa la verità si ucciderà poi su quei due corpi dilaniati. Rientra Antigone cui sarà vietato per odine di Creonte di seppellire Polinice e preso sottobraccio suo padre Edipo lo accompagnerà a Colono dove trascorrerà i suoi ultimi giorni. Argomenti, come è noto, trattati successivamente da Sofocle nei relativi drammi. Puntuali, decisi, gli interventi della corifea Simonetta Cartia e intrisi di pathos gli interventi al pianoforte di Eugenia Tamburi su musiche di Arturo Annechino.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Mercoledì, 10 Maggio 2017 19:59

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