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E' STATO COSI' - regia Valerio Binasco

E' stato così E' stato così Regia Valerio Binasco

di Natalia Ginzburg
regia di Valerio Binasco
con Sabrina Impacciatore, luci e scene Laura Benzi, costume Sandra Cardini, musiche originali Arturo Annecchino
produzione Pierfrancesco Pisani / Parmaconcerti / Teatro della Tosse / Infinito
al teatro Bellini di Casalbuttano, 19 febbbraio 2013

www.Sipario.it, 23 febbraio 2013
E' in apnea Sabrina Impacciatore, un'apnea che fa venire il mal di pancia e che ben rende E' stato così di Natalia Ginzburg, romanzo adattato per la scena da Valerio Binasco. A trattenere il respiro è la platea stessa che segue passo passo quella che è una confessione, allucinata ma precisa, quasi una deposizione di un interrogatorio. «Gli ho sparato negli occhi», dice la donna riferendosi all'atto di disperata ribellione verso quell'uomo che ha sposato, di cui ha subito le assenze, i silenzi, i viaggi, l'amore per Giovanna, la sua ex. Il testo di Natalia Ginzburg affida alla paratassi l'accostamento di elementi descrittivi sulla vita di quella donna, una professoressa che incontra un uomo, crede di amarlo e di essere riamata, lo attende, lo insegue, lo sposa e da lui avrà una figlia. In E' stato così c'è il montare di una tortura relazionale che è destinata a scoppiare nell'uccisione dell'uomo dai riccioli grigi e dall'impermeabile bianco, c'è l'angoscia per quella bambina che piange in continuazione e che morirà mentre la donna è con un'amica a Sanremo per fuggire dal marito assente. Il testo di Natalia Ginzburg propone un concentrato delle debolezze, incertezze, paure femminili e lo affida a una donna che per Valerio Binasco ha l'allucinata femminilità di Sabrina Impacciatore. Occhi pesantemente cerchiati, un rossetto intenso sulle labbra carnose, i capelli neri raccolti, un abito elegante a suo modo seducente, Sabrina Impacciatiore è lì seduta davanti al pubblico, inchiodata alla sedia. Tre lampadine appese e uno sfondo floreale conferiscono alla scena qualcosa di sacro di ieratico, a tratti quella donna potrebbe sembrare una madonna laica, il cui dolore non conosce redenzione se non il colpo di pistola sparato per disperazione. La tridimensionalità della scena si perde e lo sguardo è tutto nel muoversi delle labbra, nello sguardo perso nel vuoto di quella donna che si racconta, che confessa di aver sparato negli occhi a quell'uomo a cui è rimasta sposata per quattro anni. Il dolore, l'oppressione di quella donna che non ha nome è lì in Sabrina Impacciatore che è parola incarnata, voce e corpo inchiodato alla sofferenza e a quelle parole della Ginzburg che Binasco sa esaltare nella loro assoluta secca semplicitas.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Martedì, 17 Settembre 2013 09:13

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