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DISLESSI CHE? - regia Ilaria Di Luca e Andrea Gambuzza

"Dislessi che?", regia Ilaria Di Luca e Andrea Gambuzza. Foto Paolo Signorini "Dislessi che?", regia Ilaria Di Luca e Andrea Gambuzza. Foto Paolo Signorini

Regia di Ilaria Di Luca e Andrea Gambuzza
Con Cristina Florio e Francesco Querci
Assistente alla regia Marianna Marzi
Illustrazioni Fabio Leonardi
Musiche Carlo Bosco
Scene e oggetti Rachele Voliani
Costumi Desirèe Costanzo
Disegno Luci Alessio Tanchis
Foto di scena Paolo Signorini
Produzione della compagnia Orto degli Ananassi/ Teatro della brigata
Livorno, Teatro della Brigata, 12 aprile 2019

www.Sipario.it, 12 aprile 2019

Quando si pensa a uno spettacolo per bambini si tende a sottovalutarne la potenza narrativa e l'incisività che può avere nello spettatore quand'anche questi abbia qualche anno di troppo e purtroppo non possa più fregiarsi del titolo di bambino.
"Dislessi che?" è un piccolo grande gioiello prezioso che grazie alle mani dei maestri Ilaria Di Luca e Andrea Gambuzza prende la forma di una delicata poesia, a tratti leggera, ma mai banale, sincera, non retorica.
Grande merito deve essere tributato anche ai due attori: Cristina Florio, nello spettacolo Mirtilla, madre di Martino, giovane ragazzo, interpretato da Francesco Querci.
Mirtilla è alle prese con uno sfratto, sembra quindi profilarsi all'orizzonte una situazione davvero difficile per lei, che è rimasta da sola; il figlio infatti è andato lontano e il marito è partito senza dare più notizie, sarà il ritorno del figlio, Martino, che cambierà le carte in tavola.
Questi tornando nei luoghi della propria infanzia inizierà un profondo viaggio interiore che lo aiuterà a porsi i giusti interrogativi le cui risposte non solo aiuteranno sé stesso, ma anche la madre.
I due attori si muovono con grande leggerezza sulla scena, favorendo la costruzione di un'atmosfera fiabesca, mentre le scene si susseguono nel silenzio degli stessi in quanto la prova attoriale a cui si assiste è praticamente muta, rendendo sicuramente difficile carpire l'attenzione di un pubblico molto giovane, ma riuscendoci con grande maestria.
Florio e Querci riescono a rendere attraverso la propria espressività, accentuata dall'utilizzo di mezze maschere, e il movimento anche quei sentimenti e le emozioni più difficili da esprimere a parole, indicando allo spettatore l'esistenza di vie diverse per comunicare il proprio universo interiore, segnalando l'esistenza di linguaggi più universali che trascendono la parola detta, ma che si esprimono con tutta la potenza degli sguardi e del corpo, in un'essenzialità così ben studiata che la comunicazione non ne ha un aggravio, ma bensì una semplificazione straordinaria.
La scenografia è essenziale, ma ogni meccanismo gira al momento giusto: l'armadio trasformato all'occorrenza in un letto o in una scrivania, ci danno solo un piccolo assaggio dello studio portato avanti per la scena, doverosa citazione per quanto riguarda invece altri due strumenti narrativi che caratterizzano lo spettacolo: i pop up, disegnati con grande limpidezza da Fabio Leonardi, e i giochi di luci e ombre, il cosiddetto teatro delle ombre, che scaturiscono dietro una sorta di separé che rappresenta un muro casalingo.
Grazie a questa soluzione è stato possibile con chiarezza rompere un ordine cronologico altrimenti lineare per ritornare in maniera intelligente a quei ricordi di bambino che per Martino saranno necessari alla risoluzione del proprio problema come di quello materno.
Infine, le musiche di Pëtr Il'ič Čajkovskij rielaborate da Carlo Bosco accompagnano gli attori in una cornice di grande dolcezza e lieve comicità.
Un lavoro progettato e creato per bambini, ma che nulla ha da temere se sottoposto al giudizio di un pubblico più maturo, che sicuramente potrebbe trarne sfumature differenti, ma comunque valide.
Una sperimentazione visivamente coinvolgente, toccante in certi tratti, e pur con l'obiettivo di offrire uno sguardo sulle problematiche inerenti al mondo dei DSA, non si scade mai nel pietismo o nella pesantezza, regalando allo spettatore una drammaturgia ricca di gesti, di immagini, di significati, mai di banalità.

Matteo Taccola

Ultima modifica il Sabato, 13 Aprile 2019 09:00

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