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CALDERON - regia Federico Tiezzi

"Calderon", regia Federico Tiezzi "Calderon", regia Federico Tiezzi

di Pier Paolo Pasolini
regia Federico Tiezzi
drammaturgia di Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzi
con (in ordine di apparizione)
Sandro Lombardi, Camilla Semino Favro, Arianna Di Stefano
Sabrina Scuccimarra, Graziano Piazza, Silvia Pernarella, Ivan Alovisio
Lucrezia Guidone, Josafat Vagni, Andrea Volpetti, Debora Zuin
e con la partecipazione straordinaria di Francesca Benedetti
scene Gregorio Zurla
costumi Giovanna Buzzi e Lisa Rufini
luci Gianni Pollini
movimenti coreografici Raffaella Giordano
canto Francesca Della Monica
assistente alla regia Giovanni Scandella
Roma, Teatro Argentina dal 20 aprile al 8 maggio 2016

www.Sipario.it, 21 aprile 2016

"Calderon", inferno pasoliniano al Teatro Argentina di Roma

Operazione audace quella di mettere in scena "Calderon" di Pier Paolo Pasolini da parte di due teatri nazionali: quello di Roma e quello della Toscana che, congiuntamente, lo hanno prodotto, affidandone la regia a Federico Tiezzi, regista più che collaudato ad operazioni di grande interesse.
"Calderon", secondo il friulano Pasolini, significa "Inferno", e bene ha fatto ad associarlo a Calderon de la Barca, noto poeta e drammaturgo del '600, autore di quel capolavoro che è "La Vita è sogno".
Audace operazione, abbiamo detto? Poiché per poterla offrire al pubblico occorrono due ore e un quarto filate, e per come è composta la platea, non sempre popolata da giovani bensì da attempati spettatori il cui grado di saturazione all'ascolto si è ridotto di molto, il rischio di vederli crollare è alto, anche se lo spettacolo è condotto con colpi di scena e molta tensione nella recitazione degli attori; e forse, visto che alla realizzazione dell'opera hanno partecipato più menti, una sforbiciata ai lunghi monologhi, intelligenti, ben tenuti dagli attori a cui è stata imposta una recitazione un po' troppo ronconiana, cioè con andamento non sempre sul filo della logica, non avrebbe fatto male.
Audace registicamente anche sul filo delle azioni, sui cambi di scena, affidati a ralenti suggestivi ma che allargano i ritmi.
Al di là di queste nostre osservazioni, lo spettacolo merita di essere promosso, dibattuto, soprattutto dai giovani, la cui memoria sull'universo di Pasolini è alquanto deficitaria. E bene ha fatto la direzione del Teatro Nazionale di Roma, diretto da Antonio Calbi, ad inserirlo in cartellone fino all'8 di maggio.
La trama del testo è questa: tre sogni successivi, in tre ambienti diversi: aristocratico, proletario, medio borghese.
Rosaura all'inizio vive a Madrid, tra genitori aristocratici sostenitori del franchismo. Rosaura s'innamora di un amico della madre, Sigismondo, che in seguito scoprirà essere suo padre. Nel secondo sogno, Rosaura, ormai donna, vive a Barcellona e fa la prostituta del sottoproletariato. Le fa visita un ragazzo che, nel giorno del 16esimo compleanno, è spinto dagli amici a conoscere l'amore, facendo sesso con lei. Rosaura s'innamora del ragazzo, che poi un prete le rivelerà essere suo figlio, da lei abbandonato.
Nel terzo sogno Rosaura è una madre narcolettica: vive in un ambiente di piccoli borghesi, più fascisti dei fascisti, come dice Pasolini. Rosaura è malata, con disturbi di linguaggio, e scopriamo che è lei che ha fatto i due precedenti sogni. Rosaura adesso s'innamora di uno studente che sta fuggendo dalla polizia durante una manifestazione e che le sembra suo figlio. Rosaura in realtà è in un lager, che è proprio la sua condizione piccolo borghese: e qui aspetta l'arrivo dei liberatori in veste di operai con bandiere rosse.
Pasolini, come si è detto, pur conservando i nomi dei personaggi de "La Vita é sogno" di Calderòn de la Barca, ha innestato nei tre sogni di Rosaura altre situazioni utili a lui per dirci che il rapporto "individuo e potere" è sempre presente nel tempo, e che "l'Inferno-Calderon" sta dentro la borghesia, malvista, mal giudicata, a ragione, da Pasolini.
La regia si è detto, colma di idee, suggestioni, di provata esperienza, ha consegnato una messa in scena ricca sul piano estetico: belli, funzionali, i costumi di Giovanna Buzzi e Lisa Rufini, dentro una scenografia di Gregorio Zurla che è fissa, ma mutabile con piccoli accorgimenti, per darci i diversi ambienti dei tre sogni; anche il trucco dei personaggi era congeniale all'assunto del regista, così come le luci di Gianni Pollini erano linguaggio integrato alle scene che via via si alternavano.
Gli attori, tutti encomiabili, ligi al dettato del regista, hanno dato il meglio delle loro potenzialità e meritano di essere citati tutti, in ordine di apparizione: Sandro Lombardi (Speaker, Basilio Re), Camilla Semino Favro (Rosaura), Arianna Di Stefano (Stella), Sabrina Scuccimarra (Dona Astrea, Agostina) Graziano Piazza (Sigismondo, Prete), Silvia Pernarella (Suora, Carmen), Ivan Lovisio (Manuel), Lucrezia Guidone (Rosaura), Josafat Vagni (Pablo), Debora Zuin (Rodaura), Andrea Volpetti (Enrique). Apprezzato il cammeo di Francesca Benedetti, presente nel primo sogno nella parte di Dona Lupe.
Il pubblico, numeroso, attento, silenzioso, ha accolto con partecipazione l'esito dello spettacolo, con insistenti e meritati applausi.

Mario Mattia Giorgetti

Ultima modifica il Venerdì, 22 Aprile 2016 11:00

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