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CREDITORI (I) - regia Luigi Guaineri

"I creditori", regia Luigi Guaineri "I creditori", regia Luigi Guaineri

di August Strindberg
Regia di Luigi Guaineri
aiuto regia Serena Piazza

Interpreti: Fabio Banfo, Monica Faggiani, Fabrizio Martorelli
Tecnica Ornella Banfi
Scene e costumi Giada Palloni, Alessandra Bartolomeo
Produzione Effetto Morgana
Milano, Teatro Libero dal 20 al 26 febbraio 2017

www.Sipario.it, 27 febbraio 2017

Tragicommedia di August Strindberg scritta nel 1888 e rappresentata un anno dopo al Dagmarteater di Copenaghen. Canto dedicato alle umane passioni e ai sessi in rivolta.
Sinossi del dramma
Nella vita di Tekla e Adolf, coppia in disfacimento e amara parodia del primo uomo e della prima donna confinati nel giardino dell'Eden si insinua lo spettro della discordia e dell'amore deluso, incarnato nella figura di Gustav. La presenza incorporea di cui si narra l'abbandono e la capitolazione, in un tragicomico oblio, nel corso del primo romanzo di Tekla.
La distanza di anni e i tormenti sofferti hanno però reso Adolf debole e improduttivo. L'incontro con Gustav -l' appoggio e l'ascolto generosamente offerti, - hanno illuso l'artista, convalescente, circa un suo apparente recupero di forze e il sostegno di un'amicizia maschile. La realtà celata dietro a ogni parola sguardo, offerti dal confidente, è mille volte più complessa e anticipa il colpo e le rivelazioni che annienteranno del tutto l'artista.

Follia e umane passioni
«Possibile che non fossi pazzo, che non fossi mai stato ammalato, mai stato un degenerato? Possibile che fossi, molto semplicemente, un allocco, vittima di un'adescatrice che amavo e che con le sue forbicine da ricamo avrebbe tagliato i boccoli di Sansone mentre questi..."
Arringa di un pazzo- August Strindberg.

La passione dell'uomo, posta di fronte alla razionalità: incompatibile fusione tra femmineo e pensiero scientifico domina, quasi per intero, la produzione letteraria e teatrale di Strindberg.
Nel dramma, lo scontro fra tesi razionaliste di stampo patriarcale e idee liberali si concretizza in volti e nomi: tutti arricchiti da storie e nature indipendenti. La vita vince su tutto e ad ognuno spetta il peso delle proprie responsabilità:verso i creditori che esigono riparazione in parole e in doverosi gesti di contrizione, non importa quanto insincere! Nella fredda e imperscrutabile affettività, maturata da Tekla, irrompe l'immagine di Adolf suicida. Nel silenzio e nella tragedia finale si rivela l'ultimo atto di vero affetto e, pentimento tardivo, fra marito e moglie.
Il volto dell'algida incarnazione femminile è creato superbamente da Monica Faggiani. In un attimo toni e parole mutano rapidamente e creano, un dettaglio dopo l'altro, l'allegoria del caos e dell'infelicità coniugale, nella quale crogiolarsi.
Fabrizio Martorelli/Adolf offre la visione personale e ricca di uomo afflitto da contrasti. La veemenza e la passione, nel descrivere il calvario degli anni di infelicità coniugale, è il sostegno e al contempo il fulcro della sua malattia. Il senso stesso della sua instabilità risulta coerente e sempre in chiave sia nel dialogo con Gustav quanto nel confronto Tekla.
Nell'attacco e nei quadri, interpretati in modo semplice e incisivo, si coglie in un tessuto di sguardi e di parole tutto il peso dell'umana fragilità palesata e messa a nudo dal personaggio di Gustav / Fabio Banfo potente e manipolatore, nel ruolo di demiurgo; quanto degno di derisione nella riscossione del proprio credito d'amore. Vincere ad ogni costo e prevalere sulle umiliazioni e infelicità... Vincere pur disprezzando l'oggetto del proprio amore.
La regia ispirata, di Luigi Guaineri, scandaglia il fondo dell'animo senza temere di sporcarsi le mani. La sua regia essenziale e perfettamente modulata rende attuale e vibrante la parabola strindberghiana dell'amore sconfitto. Dal 1889 al 2017 si creano infiniti parallelismi temporali
e centinaia di cliché per assaporare l'infelicità umana.
Immagine di un disagio
Scene e costumi di Giada Palloni e Alessandra Bartolozzo realizzano il simulacro di una abitazione di villeggiatura o la codificazione surrealista del gabinetto di uno psicanalista... In entrambi casi non luoghi, nella loro accezione comunemente intesa: personalizzata da abiti e accessori, legati alla funzionalità stessa dei passaggi in scena.
Nei tondi di metallo, che creano la pavimentazione del salotto, una esplicazione in chiave concreta degli impasse emotivi che bloccano i personaggi nella vita.
Attraverso la scelta e l'identificazione in scena dei costumi si delinea una sorta di prossemica dei personaggi. La distanza creata fra Gustav e Adolf è progressiva quanto inesorabile e si concretizza nei gesti di una vestizione dai toni rituali e composti: scavando un solco profondo tra dominatore (Gustav) e dominato (Adolf), per sempre cristallizzato in una "uniforme" legata al disagio e alla malattia.

Francesca Bastoni

Ultima modifica il Mercoledì, 01 Marzo 2017 22:55

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