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BORTO (LA) - regia Saverio La Ruina

La borto La borto Regia Saverio La Ruina

di e con Saverio La Ruina

musiche composte ed eseguite 
dal vivo da Gianfranco De Franco

disegno luci Dario De Luca, 
organizzazione e distribuzione Settimio Pisano, 
produzione Scena Verticale

con il sostegno di MIBAC | Regione Calabria
Premio UBU 2010 "Migliore Testo Italiano", 
Nomination Premio UBU 2010 "Migliore attore", 
Premio Hystrio alla Drammaturgia 2010
Teatro Sociale di Gualtieri, 3 luglio 2013

www.Sipario.it, 7 luglio 2013

La borto è spettacolo del 2009 con cui Saverio La Ruina, che col presente lavoro vinse i premi Ubu e Hystrio per la drammaturgia, torna ad esplorare la condizione della donna al Sud dopo Dissonorata. Un delitto d'onore in Calabria (2006). Forse è inutile precisarlo, ma la poetica dell'attore ed autore parte sì da situazioni e personaggi geograficamente connotati, per così dire, ma estende poi lo sguardo su un panorama più ampio e generale, per cui le sue donne non sono mai solo calabresi e la drammatica brutalità di cui sono vittime non rimane relegata a un non ben definito passato ancestrale e barbaro, ma agilmente s'adatta alla contemporaneità ed alle sue contraddizioni. La borto prende dunque avvio in un piccolo paese della Calabria e il racconto, quasi interamente condotto nel dialetto locale, sgorga dalle labbra di una donna (La Ruina, incredibilmente convincente ed intensamente femminile), sposata (o meglio: venduta) dal patrigno a quattordici anni ad un custode storpio che la renderà madre di sette figli in meno di dieci anni. La sua vicenda – evocata nel corso di un colloquio onirico con Gesù Cristo e gli Apostoli, riuniti in mistico consesso per decretarne la sorte ultraterrena di peccatrice mortale - è la medesima di tutte le compaesane, come lei vittime dello sguardo maschile, dai corpi perennemente esaminati con freddezza chirurgica, depezzati, divorati dagli occhi di uomini d'ogni età, del resto del tutto indifferenti alle sorti delle loro mogli, figlie, sorelle una volta consumato l'atto di possederle. Il dramma di una maternità e gestazione costante, continua e non desiderata viene scongiurato dalle donne del paese prima votandosi inutilmente a tutti i santi, poi rimandando i doveri coniugali con la scusa notturna del corredo da cucire; ma tutto sarà vano. Gli uomini continueranno a "divertirsi" e alle mogli disperate, esauste dalla reiterazione degli "Arrangiati." proferiti dai mariti a fronte d'ogni nuova gravidanza, non rimarrà che il ricorso alle mammane: uteri perforati da aghi da calza, lavande al prezzemolo, raschiamenti fatti in casa, infezioni, febbri, dolori atroci e spesso anche la morte. Per non parlare dell'onta morale che deriva da questa soppressione sofferta, dal disprezzo di cui quegli stessi uomini, poco prima distanti e spietati, rivestono le donne che si sono svergognate abortendo. Le tragedie irrilevanti di tutte le donne costrette e forzate prima dalla violenza dei mariti e poi dal trauma degli aborti, rivivono allorquando, molti decenni dopo, la nipote quindicenne della protagonista monologante decide d'abortire, a seguito della legalizzazione della pratica. Nonostante il progresso legislativo, le coscienze rimangono inerti e refrattarie all'epocale mutamento e ancora una volta la donna che abortisce viene condannata e stigmatizzata come assassina, mentre la responsabilità maschile, la consapevolezza e la vicinanza dell'uomo alla donna, prima, durante e dopo simili accadimenti rimane la grande assente, sulla scena come nella società. Da attore sensibile e attento qual è, La Ruina, accompagnato da un bravissimo Gianfranco De Franco che si destreggia tra più strumenti a fiato, offre un sentito omaggio all'umanità del personaggio che interpreta magistralmente, offrendone in pochi e semplicissimi dettagli un quadro psicologico e storico nitido e pungente. Anche nei passaggi più crudi la narrazione è talmente dolce e partecipata da scorrere fluida, potente e femminile verso il suo centro: la denuncia ed il riscatto da un silenzio carico di violenza che ancora oggi non è sconfitto.

Giulia Morelli

Ultima modifica il Giovedì, 08 Agosto 2013 10:15

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