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AMORE SEGRETO DI OFELIA (L') - regia Steven Berkoff

L'amore segreto di Ofelia L'amore segreto di Ofelia regia Steven Berkoff

da Steven Berkoff
traduzione di Adele D'Arcangelo
con Michela Lucenti e Maurizio Camilli
disegno luci di Pasquale Mari
spazio scenico: Alberto Favretto
produzione: Balletto Civile/Fondazione Teatro Due
al Teatro Due di Parma, 17 novembre 2010

www.Sipario.it, 14 dicembre 2010

L'amore segreto di Ofelia da Steven Berkoff si apre in modo potente con un Amleto-fabbro operaio che sbatte a terra delle lastre di ferro costruendo una sorta di sentiero al suo incontro amoroso, un sentiero impossibile da percorrere, lastricato di parole e sentimenti assoluti ma che porta alla morte, ad un letto che è alcova e tomba al tempo stesso. L'amore segreto del titolo è quello che lega Ofelia ad Amleto, un amore svelato in 39 lettere mai lette e mai scritte che Berkoff s'inventa sulla scorta della tragedia shakespeariana e che Michela Lucenti e Maurizo Camilli recitano e danzano in una sorta di stanza prigione, come prigione angusta è il regno di Danimarca per il principe di Elsinore, così come prigione è il vivere nel mondo per i due amanti che trascendono la realtà e la inventano come fanno gli innamorati che bruciano di passione vera. La messinscena, ideata da Balletto Civile e prodotta dal Teatro Due di Parma, vive di un suo fascino minimale, recuperabile proprio in quella camera chiusa, spazio della mente e del ricordo all'interno del quale si muovono i due innamorati, l'uno in cerca dell'altra, costretti a non incrociarsi, separati dalla vita che precipita loro addosso. L'epistolario di Ofelia e Amleto è fatto di carne e di sesso, di amore travolgente e di passione raggelata dal senso di morte, di corpi che palpitano pur nella consapevolezza di essere già cadaveri consegnati all'epilogo della tragedia per eccellenza. In tutto ciò Michela Lucenti e Maurizio Camilli sono corpi che danzano e carne che parla una parola amplificata da tre microfoni che servono ai due danzattori per dar voce a quelle lettere che sono pensieri d'amore, fremiti erotici sporcati della polvere della scena, sporcati dall'impossibilità di essere reali. Lo spettacolo in sé gode di una sua correttezza formale, di una sua suggestiva ed emozionante bellezza, in cui il recitato e il danzato si sostengono l'un l'altro non senza un certo ridondante compiacimento. Si ha però l'impressione che ci sia troppa voglia di narrare sia nella coreografia che nei gesti che descrivono quell'itinerario amoroso fatto di 39 toccanti lettere. La coppia Lucenti-Camilli svela tutto, descrive tutto, forse descrive troppo nella paura che l'allusione non arrivi, nella paura che la storia di Amleto – forse – si perda nei meandri degli abbracci dei due amanti. Di ciò soffre L'amore segreto di Ofelia di troppe didascalie, di troppo dire e fare per chiarire tutto allo spettatore, quando l'amore è allusione, è sottinteso ed anche malintesi. E a dare testimonianza di questo dir troppo la chiusura affidata alla voce registrata di Elisabetta Pozzi che chiude recitando un brano di Amleto, una esplicita richiesta drammaturgica di Berkoff ma che all'atto scenico appare pleonastico se non ridondante.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Martedì, 23 Luglio 2013 09:33

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