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SALOMÉ - regia Pier Luigi Pizzi

"Salomé", regia Pier Luigi Pizzi. Foto Giacomo Orlando "Salomé", regia Pier Luigi Pizzi. Foto Giacomo Orlando

Dramma in un atto
dal poema omonimo di Oscar Wilde
nella traduzione di Hedwig Lachmann
Nuovo allestimento
Musica di Richard Strauss
Direttore Günter Neuhold
Regia Pier Luigi Pizzi
Personaggi principali e interpreti
Salome Jolana Fogasova /Cristina Baggio 
ERODE Arnold Bezuyen /Peter Svensson
Jochanaan Sebastian Holecek / Anton Keremidtchiev ERODIADE Janice Baird
Narraboth Karl Michael Heim
Ebreo Iurie Ciabanu
Ebreo Enzo Peroni
Ebreo Aldo Orsolini
Ebreo Andi Früh
Paggio Sonia Fortunato
Nazareno Roman Polisadov
Nazareno Giovanni Monti
Soldato Roman  Polisadov
Soldato Daniele Bartolini
Schiavo Giovanni Monti
Uomo Cappadocia Alessandro Busi
Orchestra del Teatro Massimo Vincenzo Bellini

Catania, Teatro Massimo Bellini dal 21 al 28 maggio 2017

www.Sipario.it, 23 maggio 2016

Salomé, una creatura tra l'umano e l'occulto? Forse. Non è casuale il suo contatto fisico quasi costante con la terra, che ricorda l'interpretazione delle streghe del Macbeth in alcune produzioni verdiane; una specie di luogo di provenienza e nello stesso tempo di amplesso ancestrale, che è stato sottolineato dal regista Pier Luigi Pizzi, che ha firmato anche scene e costumi, nella nuova produzione dell'opera di Richard Strauss del Teatro Massimo "Bellini", andata in scena a Catania in prima rappresentazione il 21 maggio 2017.
Una produzione ripresa dal Pizzi insieme al direttore, il M° Günter Neuhold, che con lui l'aveva ideata nel 1985 e che è stata da entrambi ritenuta la migliore da riproporre a Catania.
Salomé pare venire dalla terra ed è terra, dunque puro senso irrazionale, privo di moralità umana, l'incoronazione della lascivia fine a se stessa, colei che è protagonista del testo altamente poetico e da sempre ampiamente discusso, interpretato, psicoanalizzato, vivisezionato, di quel genio che era Oscar Wilde.
Strauss entrò tanto profondamente e in maniera originale nella psicologia della Salomè di Wilde che oggi mettere in scena la sola opera teatrale in prosa è un'operazione coraggiosa, come quella in fase di studio per il Festival Internazionale del Teatro Romano di Volterra da parte dell'attore e regista Simone Migliorini.
Partecipando a tale progetto, dunque, chi scrive ritiene che dietro quel testo breve ed apparentemente semplice di Wilde si celi tutto un mondo ancora da scoprire, impregnato dell'inquietudine carnale del "duende", ma trova che l'unione del lavoro di due geni produsse nella Salomé in musica il capolavoro dei capolavori, dal quale non si può e non si deve prescindere neanche nella rappresentazione in sola prosa.
Wilde è "difficile", ma lo è anche Strauss. Per la sua Salomé, Strauss, sia pur sfrondandolo, tagliandone alcune parti, eliminando alcuni personaggi, non avrebbe che potuto usare il testo di Wilde: qualsiasi libretto sarebbe stato inadeguato.
Vocalmente, gli interpreti a Catania s'inerpicavano tutti lungo una tessitura musicale improba, ma la Salomé di Jolana Fogasova, pur non godendo di una vocalità particolarmente pregnante nella zona media ed acuta, era sinuosa e ambigua quanto bastasse a catturare gli astanti. Salomé anche come un verme della terra, si diceva, strisciante, quasi, nell'interpretazione del Pizzi, nonostante il brillare metallico dei suoi argenti e dei suoi veli. Guidata dal regista e, dal golfo mistico, dal M° Neuhold, la Fogasova ha reso il personaggio ricco di sfaccettature, anche nel momento della danza dei sette veli, risolta con l'apporto di tre danzatori con i movimenti scenici di Federico Ruiz. Su tutto, però, ha imperato la sua Salomé vestita di rosso che duettava con la testa mozzata di Jochanaan.
Vibrante e stentoreo lo Jochanaan di Sebastian Holecek, che si è fatto sentire dalla cisterna, centrale alla scena. Il profeta non è mai uscito per intero allo scoperto nell'ambiente di Salomé con la quale ha duettato, dunque, senza emergere del tutto in quel mondo immondo che non gli apparteneva.
Erodiade, Janice Baird, era decriptata dal Pizzi con indosso un sontuoso mantello di lussuria, che ne faceva quasi un bruco, madre di quella distorta farfalla principesca, e che si trascinava dietro tale mantello, retto dalla personificazione ambigua dei propri misfatti.
L'Erode di Arnold Bezuyen, pur se dal punto di vista vocale non convinceva pienamente, scenicamente si è saputo districare, rendendo il personaggio credibile, così come la parte gli impone. Non sono corrette, infatti, le forzature della caratterizzazione, come a volte si è visto su altri palcoscenici: premere l'acceleratore del grottesco non è la soluzione ideale. Qui si è vista piena tragedia, ma così crudele e così primordiale da evocare la mitica classicità di un teatro greco.
Adeguati e credibili tutti gli altri interpreti.
L'ottima orchestra del teatro Massimo Bellini, rinforzata nei ranghi e governata alla tedesca dal Direttore Neuhold, ha reso ottimamente la fusione di soprannaturale e contingente, di animalesco e umano, di crudele e magnifico, di religioso e pagano che l'opera congiunta di due geni ha prodotto.
La scena era semplice, essenziale e funzionale, basata sull'effetto della forte pendenza del palcoscenico e sul fulcro tondeggiante che il vano sotterraneo centrale e il globo della luna, pesante ed argenteo, che vi pendeva sopra tendevano a creare otticamente, abilmente illuminati dalle luci di Massimo Gasparon, anche collaboratore alla regia.
Senza orpelli, nella massima semplicità ed efficacia, nell'allestimento del Pizzi, dunque, la Salomé di Strauss è venuta fuori a Catania in tutta la propria teatrale efficacia, attestandosi come una delle migliori produzioni della Stagione.

Natalia Di Bartolo

Ultima modifica il Mercoledì, 24 Maggio 2017 02:08

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