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MANON LESCAUT - 
regia Graham Vick

"Manon Lescaut", regia Graham Vick. Foto ENNEVI "Manon Lescaut", regia Graham Vick. Foto ENNEVI

Libretto di Giuseppe Giacosa, Luigi Illica, Marco Praga, Domenico Oliva, Ruggero Leoncavallo
Musica di Giacomo Puccini
Prima rappresentazione 1º febbraio 1893 Teatro Regio, Torino
Direttore d'orchestra Francesco Ivan Ciampa
Regia Graham Vick
Regia ripresa da Marina Bianchi
Scene Andrew Hays
Costumi Kimm Kovac
Lighting designer Giuseppe Di Iorio
Movimenti mimici Ron Howell ripresi da Danilo Rubeca
Direttore Allestimenti scenici Michele Olcese
Maestro del Coro Vito Lombardi
Orchestra, Coro e Tecnici dell'Arena di Verona
in coproduzione con la Fondazione Teatro La Fenice
MANON LESCAUT Amarilli Nizza/Francesca Tiburzi
RENATO DES GRIEUX Gaston Rivero/Sung Kyu Park
LESCAUT Giorgio Caoduro/Elia Fabbian
GERONTE DE RAVOIR Romano Dal Zovo
EDMONDO Andrea Giovannini
UN LAMPIONARIO/MAESTRO DI BALLO Bruno Lazzaretti
UN MUSICO Alessia Nadin
UN OSTE/SERGENTE DEGLI ARCIERI Giovanni Bellavia
COMANDANTE DI MARINA Alessandro Busi

Verona Teatro Filarmonico, 4 marzo 2018

www.Sipario.it, 7 marzo 2018

Tutti a scuola da Vick!

Muore Manon, sola perduta abbandonata, si perde e gioca con la vita Manon!. Alla fine tutto rientra come da libretto nella messa messa in scena di Grahm Vick (risale al 2011 coproduzione tra Fondazione Arena di Verona con il Teatro La Fenice di Venezia) della Manon Lescaut di Giacomo Puccini (in scena 1893), riallestita dopo esattamente 7 anni al Teatro Filarmonico di Verona per la stagione lirica 2018, ripresa da Marina Bianchi, con le scene di Andrew Hays, i costumi di Kimm Kovac, le luci di Giuseppe Di Iorio e i movimenti mimici di Ron Howell ripresi da Danilo Rubeca.
E' stato scritto anche fin troppo su questo allestimento del regista inglese Graham Vick, programmaticamente e volutamente provocatorio e conturbante, una versione contemporanea che vuole essere una "lezione morale, per ricreare l'impatto giovane e fresco della prima Manon", citazione resa dallo stesso regista. Del resto il breve romanzo "Storia del cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut" scritto nel 1753 da Antoine François Prévost, più noto con il itolo ecclesiastico di abbé Prévost (1697 – 1763), è un romanzo di formazione che si è imposto all'attenzione dei tempi per l'originalità della scrittura e la tematica rivoluzionaria, censurato per licenziosità e circolato clandestinamente nella Francia del Settecento. "L'eroe è un mascalzone e l'eroina è una puttana", annota Montesquieu dopo aver letto il libro, e in effetti, travolti dall'amore, dal bisogno di denaro e dalla passione per i divertimenti, il cavaliere des Grieux e Manon conducono un'esistenza senza scrupoli come del resto lo stessa autore che , nonostante i suoi titoli ecclesiasti, non era certamente un sant'uomo, più volte in fuga dai voti e altrettanto volte rientrato nell'ordine benedettino. Trama ridotta all'osso nel libretto di Domenico Oliva e Luigi Illica con collaborazioni a più mani, di quello che sarà il primo successo di Giacomo Puccini, che trasforma il tutto in un rapporto travolgente di giovanile ardore del cavaliere Des Grieux capace solo di mettersi nei guai per amore, travolto dalla bellezza di Manon. Grahn Vick vuol dare al pubblico una lezione sulla "contromorale" e di iniziazione alla scoperta del sesso e ambienta il primo atto, in una classe collegiale, con i figuranti maschietti in divisa a calzoncini corti e ragazze con calzettoni gonne e camicette; poteva diventare una buona idea visto anche la natura stessa della storia originaria, romanzo di formazione e di iniziazione. Ma all'intuizione iniziale, Vick sovrappone altri concetti facendo deviare lo sguardo e l'attenzione del pubblico, inserendo nella visione scenica divertimenti da Lunapark con il risultato di appessantire la lettura, togliendo genialità a quello che poteva essere l'idea primigenia, ovvero un dialogo tra passato e tempi moderni sul "concetto di moralità". Piace a Vick costruire una scena complessa ricca di particolari che sottende un malcelato "horror vacui" che impone anche tempi lunghi, come da buon tempo antico, di cambi scena. Ma nonostante tutto, da unomo di teatro di solida carriera emerge la tradizione di un solido ancoraggio al testo pur riambientata nella modernità che trovano soluzioni teatralmente vincenti come nel secondo atto dove è presente la tradizione della costruzione a scatole teatrali per la l'ambientazione del palazzo di Geronte e una gestualità, evidenziata nel duetto tra Manon e suo fratello, sul significato del gioco d'azzardo nella vita, sottolineata nel gesto della protagonista del lancio in aria di carte e soldi, segno dell' attenzione alla parola musicale. Il resto dell'allestimento prosegue nella riconoscibilità dell'azione drammatica e non disturba alcunchè l'elemento delle prostitute ingabbiate pronte ad essere calate, come merce viva, nella stiva della nave in partenza per l'esilio o nell'atto finale con il perdersi in una discarica, deserto nella modernità.
Dal punto di vista musicale ha retto molto bene il rapporto tra palcoscenico e orchestra ad opera della direzione orchestrale di Francesco Ivan Ciampa che ha dato respiro alle parti più strettamente musicali dell'opera come il preludio al quarto atto accolto con il caloroso applauso. e offerto sostegno alle voci che specie nelle parti maschili non erano all'altezza dei ruoli (Lescaut, il baritono Giorgio Caoduro e Geronte de Ravoir, il basso Romano Dal Zovo). L'atteso Des Grieux del tenore Gaston Rivero, esuberante nel ruolo e cantante di esperienza, è incappato nella tendenza di gonfiare i suoni con il risultato che lo squillo in acuto ne è risultato impoverito perdendo d' intonazione e risultando spesso ingolato. Ma la protagonista in assoluto è stata la Manon di Amarilli Nizza, già protagonista dell'edizione del 2011. Un annunzio fatto nel corso del lungo intervallo da Cecilia Gasdia nel ruolo di Sovrintendente della Fondazione, ha annunziato lo stato di salute precaria per influenza che ha colpito l'artista che solo per fedeltà all'impegno avrebbe proseguito lo spettacolo. Fatto che ha colto di sorpresa il pubblico in quanto il soprano aveva saputo imporsi immediatamente nella parte, semmai accentuando il carattere più vocalmente verista del ruolo, anzi esaltando la resa in scena, dando l'impronta di "femme fatale", tale che la sua interpretazione ne ha tratto quasi giovamento, dominando la scena in tutti i quadri e struggente quanto mai nell'aria finale "sola perduta e abbandonata". Gli applausi sono stati tutti per lei e per il direttore Ciampa, con un pubblico (a teatro quasi completo) che è rimasto indifferente durante la recita, e che ha accolto la fine con tiepidi applausi di cordialità il resto della compagnia, nella fretta di raggiungere l'uscita.
Un solo grido "Viva Puccini" si è stagliato per la sala: fintanto che il pubblico che assiste all'opera avrà un'età media di oltre 70 anni i buoni propositi di rinnovare l'opera lirica sono destinati a rimanere nel libro dei desideri.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Mercoledì, 07 Marzo 2018 11:53

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