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regia Massimo Popolizio

MASNADIERI (I) - 
regia Massimo Popolizio

"I Masnadieri", regia Massimo Popolizio. Foto Yasuko Kageyama "I Masnadieri", regia Massimo Popolizio. Foto Yasuko Kageyama

Musica di Giuseppe Verdi
Melodramma tragico in quattro atti

Libretto di Andrea Maffei

da Die Räuber  di Friedrich Schiller

Direttore Roberto Abbado
Regia Massimo Popolizio
Maestro del Coro Roberto Gabbiani

Scene Sergio Tramonti
, Costumi Silvia Aymonino

Luci Roberto Venturi
, Video Luca Brinchi e Daniele Spanò

Principali interpreti
Massimiliano Riccardo Zanellato

Carlo Stefano Secco / Andeka Gorrotxategui

Francesco Artur Ruciński / Giuseppe Altomare

Amalia Roberta Mantegna** / Marta Torbidoni 
Arminio Saverio Fiore

Moser Dario Russo

Rolla Pietro Picone

**diplomata "Fabbrica" Young Artist Program
Orchestra e Coro del Teatro dell'Opera di Roma
Nuovo allestimento
con sovratitoli in italiano e inglese
Roma, Teatro dell'Opera dal 21 gennaio al 4 febbraio 2018

www.Sipario.it, 1 febbraio 2018

I masnadieri (in scena al Teatro dell'Opera di Roma) è, fra i lavori di Verdi, il meno rappresentato. Massimo Popolizio, attore che per anni ha recitato con Luca Ronconi, lo ha scelto per debuttare nella regia lirica.
Il celebre compositore natio di Roncole, una frazioncina nei pressi di Busseto, compose delle musiche in grado di sottolineare gli aspetti oscuri della vicenda scritta da Schiller, da cui il libretto ad opera di Andrea Maffei s'ispira. Esse, difatti, tendono al grigio, sottolineando ed evocando: sentimenti di violenza; rancori a lungo repressi che esploderanno un giorno; amori vissuti in silenzio e nel dolore perché non corrisposti o perché difficili dal realizzarli felicemente; brame di potere che vogliono salire sul trono ad ogni costo, anche a scapito della vita del proprio genitore. Questa la tessitura musicale che Verdi preparò nel rinarrare le vicende di Carlo Moor, che diviene capo d'una banda di malviventi – i masnadieri, per l'appunto – dopo aver ricevuto una lettera da parte del padre Massimiliano che gli rifiuterebbe il perdono. Documento falso, appositamente creato dal fratello di Carlo, Francesco, per allontanarlo ed esser lui ad ascendere al potere.
Come rende Popolizio tutto questo? Prediligendo una scenografia dalle tinte scure, che per sommi capi rammenta un bosco. La reggia di Massimiliano – raffigurata da una lunga ed alta scala che s'erge all'insù – ha colori cupi. Ogni tanto viene illuminata da un fascio di luce. Ma nel luogo ove allignano trame d'ogni tipo, non v'è abbastanza spazio per i puri raggi di sole.
Popolizio afferma d'essersi ispirato, nella sua regia, alle atmosfere evocate nella seguita serie televisiva Il trono di spade. È bene chiarire che è solo un riferimento utilizzato al fine di far al meglio comprendere le intenzioni dell'allestimento dell'opera verdiana.
L'impiego di macchinari favorisce un agile cambio delle scene. Elemento, quest'ultimo, che richiama alla memoria le migliori regie di Ronconi (impossibile non ricordare quella del Don Carlo, sempre di Verdi).
Gli interpreti hanno impersonato dignitosamente i rispettivi ruoli. Nessuno, però, che abbia brillato – eccetto Roberta Mantegna (Amalia), soprano dalla voce sempre linda ed espressivamente curata nelle varie qualità canore richieste dalla sua parte.
Questa versione dei Masnadieri di Verdi è senz'altro decorosa e rispettosa di ciò che l'opera richiede per essere rappresentata. E tuttavia manca di quell'impronta personale – nell'interpretazione e nella metafora che l'intero spettacolo dovrebbe sorreggere – che ci si attende da un regista, che è l'autore della messinscena. A rivelare tale carenza è la poco caratterizzata interpretazione di Stefano Secco, il cui Carlo Moor manca di efficacia, di passione e d'autorità.
Come prima esperienza d'esordio nell'opera lirica, va detto che Popolizio ha svolto un buon lavoro. Ci si augura che in futuro vi siano altre occasioni nel vedere suoi allestimenti, dotati – però – di un maggior carisma registico.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Giovedì, 01 Febbraio 2018 23:43

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