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FAUST-SZENEN AUS GOETHES FAUST - regia Hugo De Ana

Faust-Szenen aus Goethes Faust Faust-Szenen aus Goethes Faust Regia Hugo De Ana

oratorio in tre parti dal Faust di Goethe
Musica di Robert Schumann, direttore: Donato Renzetti
regia, scene, costumi e luci: Hugo De Ana
maestro del coro: Martino Faggiani, coreografia: Leda Lojodice
con Markus Werba, Daniela Bruera, Michele Pertusi, Richard Decker, Desirée Rancatore
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma
Parma, Teatro Regio, dal 13 al 26 gennaio 2008

Il Manifesto, 20 gennaio 2008
Avvenire, 15 gennaio 2008
Corriere della Sera, 15 gennaio 2008
Fuochi d'artificio sulle «Scene dal Faust»

Raccoglie consensi l'opera di Schumann, allestita con varietà e meraviglia di effetti, per la regia di Hugo De Ana. Sul podio Donato Renzetti

Bisogna riconoscere che ci vuole un certo coraggio per aprire la stagione d'opera con una pièce quale Scene dal Faust di Goethe che Robert Schumann scrisse verso la metà dell'Ottocento, un'opera che fu messa in scena soltanto dopo la morte del compositore e che ha veramente poco o nulla di teatrale. Ma è la politica di Mauro Meli, sovrintendente del Regio della città padana, che già gli fece ottenere quei successi quando ancora era a Cagliari, tali che venne chiamato alla Scala, dove, ovviamente, queste sue aperture e questi suoi «azzardi» non potevano avere riscontro positivo alcuno. Questo allestimento, domenica sera ha avuto invece un pieno consenso anche da quel loggione che ha un vero e proprio doping verdiano.
Di primo acchito non parrebbe facile capirne le ragioni, ma basta rendersi conto del fatto che il pubblico, pur legato a certe sue pietre miliari, è più aperto in generale di quanto non lo siano gli organizzatori, più curioso e certo non atterrito dal timore dell'insuccesso, per poter concludere che programmazioni che escano dal repertorio hanno buone possibilità di essere ben accolte se non s'ammantano di terrorismo ideologico.
Non discuteremo la musica di Schumann, ma dobbiamo renderci conto che comunque il suo nome è accolto nell'empireo dei classici romantici e che ciò ha un non piccolo peso comunque a suo favore. Considerato questo, le due ore di musica delle Scene dal Faust possono ben imporsi anche se il compositore qui non ha una tavolozza timbrico ritmica ricchissima e variata, ma soprattutto, invece, un'articolazione che dipende dal suo naturale sentire contrappuntistico.
A fare spettacolo, cioè a intrattenere con varietà e meraviglia di effetti, ci pensa però Hugo De Ana che, avendo rinunciato a qualsiasi idea di una regia narrativa, si scioglie invece in fuochi d'artificio, proiezioni e colori che catturano e affascinano il pubblico come le più penetranti illustrazioni in un libro pieno di pagine un po' ponderose. Poco conta che ciò sposti alquanto verso luminescenti barocchismi un testo che per la parte verbale sprigiona invece un sogno romantico che pare nasca dalle tenebre alquanto integralistiche del medio evo.
Se può servire scrivere di generi diremmo che questo Faust sia una cantata che rimanda a un dramma cui qui non si assiste. Poco male, anche con Wagner si assiste in genere a ben poco e tutto è narrazione di quel che che ha luogo fuori scena e fuori dal momento rappresentato. Tutto converge sulla scena finale del Faust che è il momento ideologicamente supposto mistico che trascina nell'ascensionale le povere cose della vita. C'è del kantismo, con tanta meraviglia per la natura e in ciò certi tratti delle scene di De Ana funzionano un po' più che non come figure allegate al testo.
Donato Renzetti ha fatto un gran bel lavoro con l'orchestra e il coro del Regio, quest'ultimo accuratamente preparato da Martino Faggiani. Quello che più sorprende, in maniera lieta, è però il coro delle voci bianche, quello dei bambini, preparato da Sebastiano Rolli. Non che emerga dal resto per particolari meriti, ma partecipa con pari valore, il che è sorprendente, perché questi cori infantili in generale e più facilmente in teatro fanno accapponare la pelle.
Otto dei nove cantanti in scena, si assumono più «parti». La parola è fra virgolette perché queste non sono parti drammaturgiche, se non per Faust, Gretchen e Mefistofele, ma fantasmi, voci che vengono dalla mitologia religiosa e profana, spiriti che agiscono dentro le teste e non tra le cose. Markus Werba è il baritono che dà corpo a Faust e voce al Pater Seraphicus e al Doctor Marianus, Daniela Bruera è Gretchen (Margherita), ma anche Una Poenitentium (una delle anime penitenti), Michele Pertusi è Mephistopheles, ma anche Böser Geist e Pater Profundus. Questi sono i protagonisti della situazione narrata, benché figure anche simboliche o esemplari. Gli altri, spiriti vari, elfi, peccatori, farneticanti vaticinatori, sono Richard Decker, Désirée Rancatore, Sabina von Walther, Nino Surguladze, Stefanie Iranyi e Daniel Borowski, in quanto personaggio quest'ultimo definito semplicemente col registro di voce: basso. Se c'era bisogno di una conferma finale della schumanniana irrisolta teatralità delle Scene dal Faust di Goethe, qui la troviamo.
L'assoluto musicale della metafisica romantica, quale pensato all'epoca non soltanto da Schumann, dà comunque in questo testo una gran prova di sé, con una potenza tale che s'è imposta all'intero pubblico, coinvolgendolo completamente e senza riserve, e trascinandolo a decretare un gran successo a tutto lo spettacolo.

Giampiero Cane

Schumann strega Parma con Faust

I grandi del teatro, prima o poi, arrivano a fare i conti con il Faust di Goethe. Per il regista argentino Hugo De Ana, uno dei più raffinati e geniali artisti della nostra scena lirica, il mito dell'uomo che vende l'anima al diavolo è diventato, però, un'ossessione. De Ana da qualche tempo ha deciso di confrontarsi con i capolavori del teatro musicale che hanno raccontato il viaggio di Faust e Mefistofele. Ha scelto come palcoscenico privilegiato quello del Teatro Regio di Parma che domenica sera ha inaugurato la nuova stagione lirica con il terzo tassello della tetralogia progettata dal regista: dopo il Faust di Gounod, la Dannazione di Faust di Berlioz e in attesa del Mefistofele di Boito ecco la proposta che, almeno sulla carta, sembrava essere la più interessante, la prima volta in forma teatrale delle Scene dal Faust di Goethe di Robert Schumann. Una partitura concepita come un oratorio che Parma ha chiesto a De Ana di rendere teatrale. Il regista ha accettato la sfida, vincendola, però, a metà: manca il colpo di genio, l'idea fulminante perché la dimensione allucinata nella quale è immersa l'azione, il vortice di immagini che domina la prima parte dello spettacolo, il montaggio delle scene corali hanno un sapore di già visto, sono le stesse delle precedenti tappe. La musica di Schumann è bella da togliere il fiato, non vorresti finisse mai. E dispiace che lo spettacolo (poco meno di due ore di musica) sia spezzato in due da un intervallo che rompe la concentrazione e interrompe il fiume in piena di emozioni che si riversano sugli ascoltatori. Un po' sommaria la direzione di Donato Renzetti, alla guida di orchestra e coro del Regio Buona la squadra vocale con punte di eccellenza nel Faust del raffinatissimo Markus Werba e nel Mefistofele misurato di Michele Pertusi.

Pierachille Dolfini

Il Faust riletto da Schumann

I rapporti del Faust di Goethe con la musica classico-romantica sono tutto un capitolo storico, tanto il Poema esercitò un fascino meduseo sui compositori. Naturalmente, il centro di tal movimento è l' area tedesca. E qui, se il capolavoro di stringente e geniale sintesi è la Faust-Ouverture di Wagner, l' opera di gran lunga fondamentale sono le Scene dal «Faust» di Goethe che Schumann andò scrivendo sul limitare della sua vita creativa. Carattere centrale ed eccezionale hanno queste Scene poiché, nella storia dei rapporti del Faust con la musica, noi vediamo prevalere l' intreccio naturalmente trasformato in operistico: la seduzione di Margherita da parte di Faust e la tragedia che ne deriva. Si tratta del Faust I, laddove il capolavoro nella sua interezza diviene tale col Faust II, che accompagna gli ultimi anni di Goethe come impressionante, a volte oscuro, freschissimo zampillo artistico. Schumann, e questa è una grande intuizione, comprese che non è dato scrivere un' Opera, e nemmeno un Dramma Musicale, se si considera dunque il Faust nel suo complesso. Andò prescegliendo, appunto, alcune Scene: la gran parte delle quali appartiene al Faust II e precisamente a punti capitali di esso. Le Scene non hanno raccordi l' una con l' altra, onde subitanea è l' accusa d' una mancanza di organicità dell' opera di Schumann. Si potrebbe rispondere per verba generalia che rinvenire un' organicità nel Faust di Goethe (I e II) è impresa disperata; ci limiteremo a constatare che mancanza di organicità non significa non finito, cosa che le Scene di Schumann assolutamente non sono. E che tocchino luoghi capitali del Poema si vede dal loro semplice elenco. Dopo le tre derivate dal Faust I, un tocco di luce elisia è dato dal canto di Ariele e dal risveglio di Faust sull' «amena contrada» alpina. Segue, in fin di vita dell' eroe, il suo dialogo con i quattro incubi e il suo acciecamento da parte dell' Angoscia. Poi il quadro terribile e grottesco dei Lèmuri scavanti la fossa a Faust che li prende per operai intenti a strappare nuove terre al mare. La morte di Faust seguita dal sarcastico commento di Mefistofele e commentata poi da ampie cadenze plagali del coro e dell' orchestra dopo l' empia parodia evangelica di Mefistofele («Tutto è compiuto»). Infine, Schumann osa l' impresa terribile del Finale in cielo che poi, con i reboanti risultati conosciuti, la megalomania di Mahler portò a essere seconda parte dell' Ottava Sinfonia. Ogni momento delle Scene è altissima arte. Si avvicendano uno stile operistico-liederistico ch' è l' anima di Schumann, e nel quale l' autore dona fra le sue prove migliori anche in confronto alla Genoveva, con uno stile sperimentale ma secco e lucido per le scene d' incubo, a luoghi nei quali si avverte l' influenza del pur odiato Tannhaüser, al Finale in Cielo ove Lieder celestiali affidati ai Padri vengon seguiti da fanfare proclamanti la salvezza e da una gigantesca macchina polifonica di canoni che nel suo rotare si fa emblema musicale dell' Armonia delle Sfere. Il Teatro Regio di Parma porta avanti negli anni il polittico musicale dedicato al Faust. La presente stagione s' inaugura, con grandissimo successo, con l' ossimorica ma non impossibile, visto il risultato, versione teatrale delle Scene di Schumann. Le reinventa in quanto immagine e azione la fantasia visionaria di Hugo de Ana. Proiezioni usate con grande arte ci rinviano dal velario e dallo sfondo immagini di cosmi pulsanti od opprimenti riproduzioni di simboli e pagine alchimistici e cabbalistici. Ogni situazione è risolta appropriatamente in uno spettacolo a forte connotazione obbiettiva che vede elegante e naturale recitazione degli attori e le belle coreografie di Leda Lojodice; fino al gigantesco quadro plastico del Finale in cielo. Tra gli artisti di canto, si segnalano Markus Werba, Daniela Bruera, Richard Decker, Stefanie Iràny, Michele Pertusi. Donato Renzetti dirige con grande equilibrio e ottiene dall' orchestra e dal coro surmenagé e tanto più lodevole ottimi risultati.

Paolo Isotta

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 10:40
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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