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BEGGAR'S OPERA (THE) - a cura di Bruno De Franceschi e Caterina Vianello

"The beggar's opera" a cura di Bruno De Franceschi e Caterina Vianello "The beggar's opera" a cura di Bruno De Franceschi e Caterina Vianello

di John Gay
musiche di Johann Christoph Pepusch
con Francesco Bianchi, Davide Gagliardini, Carlo Galiero, Silvia Lamboglia, Dino Lopardo, Davide Mancini, Michele Mazzone, Eleonora Pace, Gian Marco Pellecchia, Giulia Pizzimenti, Alessio Praticò, Arianna Primavera, Elisabetta Scarano, Carlo Sella, Francesca Tripaldi, Marianna Valentino, Salvatore Iaia (violoncello e banjo)
drammaturgia e libretto Francesco Bianchi, Carlo Galiero, Dino Lopardo, Michele Mazzone
direzione musicale di Bruno De Francesch
a cura di Bruno De Franceschi e Caterina Vianello
esito finale del Corso di Alta Formazione Casa degli Artisti
al Teatro Due di Parma, 14 gennaio 2017

www.Sipario.it, 19 gennaio 2017

Curiose coincidenze. Nel giorno in cui Santa Estasi di Antonio Latella vince il Premio Ubu quale migliore spettacolo della stagione e il cast dei ragazzi della scuola di Alta Formazione dell'Ert si aggiudica l'Ubu come migliore rivelazione under 35, non a Milano, non a Modena, ma a Parma, al Teatro Due andava in scena l'esito finale del Corso di Alta Formazione, La Casa degli Artisti, organizzato da Fondazione Teatro Due. Questa coincidenza e la messinscena della The Beggar's Opera di John Gay come esito di fine percorso cancellano ogni tipo di scrupolo se riferire o meno di uno spettacolo/esito laboratoriale che con tutta la freschezza, ma anche i limiti del 'saggio', ci si passi il termine, merita di essere raccontato, perché ha tutte le potenzialità di acquisire una propria autonomia estetica.
Il gruppo di ragazzi che hanno preso parte alla Casa degli Artisti ha mostrato una rara coesione e forza espressiva, ma soprattutto nella mise en espace curata da Bruno De Franceschi e Caterina Vianello il corpus attoriale e quello canoro sono apparsi un tutt'uno, ciò che ne è fuoriuscito è la forza espressiva di giovani interpreti che hanno saputo coniugare entusiasmo e bravura, ma anche mostrare potenzialità attoriali che meritano di essere coltivate e incoraggiate. Palcoscenico vuoto, da un lato Bruno de Franceschi al pianoforte e all'harmonium e Salvatore Iaia al violoncello e banjo. Una serie di poltrone e divani e qualche tavolo delimitano la scena, sono elementi mobili che si assemblano, compiono e scompaiono a seconda delle necessità. Costumi semplici ed eleganti richiamano un contesto Novecentesco di stile brechtiano, dopotutto L'Opera da Tre soldi ha una sua parentela e riscrittura proprio nella settecentesca The Beggar's Opera di John Gay. Le luci fanno da evidenziatore delle singole situazioni. Tutta la forza e la potenza di una storia che potrebbe parere lontana ed invece è vicinissima è affidata agli attori performer che mostrano una forza canora e un'intensità espressiva che fra qualche ingenuità e inevitabile acerbità incollano comunque lo spettatore alla poltrona per due ore abbondanti. La storia di Peachum, capo di una banda criminale che si destreggia in furti e omicidi e che per sopravvivere vende i suoi compagni a Lockit che li manda sulla forca letteralmente, s'intreccia all'ascesa di MacHeath, aitante criminale di strada adorato da tutti e che tiene in mano e non solo Polly, la figlia di Peachum e Lucy, figlia di Lockit.
The Beggar's Opera di John Gay al di là del racconto – che a tratti si mostra macchinoso e un po' da vaudeville – in questo contesto ha un valore più formale ed estetico che narrativo ed etico. La partitura musicale e canora più che impegnativa coesiste e a tratti prevarica la tessitura verbale e drammaturgica e al tempo stesso chiede a chi l'affronta di provarsi nella recitazione, nel canto e ovviamente nella capacità di disegnare lo spazio. Tutto questo viene messo in atto dagli studenti/attori con professionalità e grande energia. Ed è proprio l'energia e l'entusiasmo che passano da palco a platea e contagiano i presenti, ma danno conto anche di un teatro e fare teatro che sempre più abbisogna di opportunità formative, come quella messa in atto dalla Casa degli Artisti e da Fondazione Teatro Due nel suo articolato e complesso sistema di formazione non solo degli attori e artisti – nel gruppo erano presenti anche musicisti e drammaturghi – ma anche dello spettatore. Quello della formazione è un tratto forte della poetica di Teatro Due come ha più volte avuto modo di sottolineare Paola Donati, direttrice dello Stabile. Insomma assistere a The Beggar's Opera di John Gay ha voluto dire regalarsi un'iniezione di ottimismo nei confronti del teatro e di questi tempi non è cosa da poco. Ma soprattutto la forza e l'entusiasmo dei ragazzi della Casa degli Artisti – ognuno di loro con una formazione pregressa rispetto all'intensivo percorso parmense – hanno mostrato come la generazione di trentenni o giù di lì sappia dare il meglio di sé nel gruppo, sappia essere collaborativa, sappia concentrare e far coesistere le energie individuali con quelle collettive. Tutto ciò è ovviamente cucito addosso al gruppo della Casa degli Artisti di Parma, ma in un certo qual modo non pare dissimile dalla coesione ed esito registrati assistendo a Santa Estasi di Antonio Latella. Una cosa è certa: la possibilità di offrire a giovani artisti occasioni formative continuative ed intensive aiuta, fa crescere e regala al teatro materiale vivo e pulsante che ora aspetta solo di essere utilizzato al meglio. In bocca al lupo ragazzi!

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Venerdì, 20 Gennaio 2017 09:47

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