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WOOLF WORKS - coreografia Wayne McGregor

Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko in "Woolf Works -Becomings", regia Wayne McGregor. Foto Brescia e Amisano Teatro alla Scala Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko in "Woolf Works -Becomings", regia Wayne McGregor. Foto Brescia e Amisano Teatro alla Scala

Regia e coreografia di Wayne McGregor
Musica di Max Richter.
Scene: Ciguë, We Not I, Wayne McGregor.
Costumi: Moritz Junge.
Luci: Lucy Carter.
Film design: Ravi Deepres.
Sound design: Chris Ekers.
Make-up design: Kabuki.
Drammaturga: Uzma Hameed.
Con: Alessandra Ferri, Federico Bonelli, il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Frédéric Olivieri e gli Allievi della Scuola di Ballo dell'Accademia Teatro alla Scala.
Soprano: Enkeleda Kamani.
Produzione del Royal Ballet, Covent Garden, Londra, 2015. Prima rappresentazione italiana.
Orchestra del Teatro alla Scala. Direttore: Koen Kessels
MILANO, Teatro alla Scala, dal 7 al 20 aprile 2019

www.Sipario.it, 14 aprile 2019

"Noi siamo la cosa in sè": le campiture woolfiane nel debutto nazionale di Woolf Works

"Noi siamo la cosa in sé": con questa ardita affermazione - tratta da Moments of Being: a collection of autobiographical writing - Virginia Woolf accenna ad un ampio capitolo di indagine sull'umano che svela un pensiero in cui, in controluce, riecheggia il verbo kantiano di quell'essere intellegibile che è il noumeno (in filosofia il termine intellegibile identifica quell'essere che può essere colto solo dall'intelligenza e non dai sensi; il noumeno nel pensiero di Kant è "la cosa in sé", un essere intellegibile, ndr). Radicalità e problematicità che nelle parole della Woolf si aprono ad una riflessione di confine che tenta di porre in prossimità "la cosa in sé" con la conoscenza sensibile.
Temi, questi, che esulano dal presente intervento ma che danno l'idea dell'irrinunciabile riferimento al vissuto antropologico presente negli scritti di Virginia Woolf e che oggi, alla Scala, trova rifrazione nel debutto nazionale del lavoro firmato da Wayne McGregor nel 2015 per il Royal Ballet di Londra dal titolo, per l'appunto, Woolf Works. Una creazione, questa, che avvalora la peculiare visione teatrale del pluripremiato coreografo e regista dal momento che essa porta in scena il proficuo lavoro di interdisciplinarietà artistica diluito in tre modalità e momenti distinti. Il balletto, infatti, è suddiviso in tre parti che si offrono quale occasione di indagine, rarefatta, del mondo artistico e letterario della scrittrice inglese supportato dell'originale partitura appositamente scritta dal compositore Max Richter.
Un ipotetico viaggio fisico, emozionale ed evocativo segnato dal ritorno al Piermarini di Alessandra Ferri dopo l'unicum della notte di San Silvestro del 2016. Un viaggio, si diceva, creato a Londra per l'amatissima danzatrice milanese, che prende avvio con la sezione I now, I then - dedicata alla genesi di Mrs Dalloway, romanzo di Virginia Woolf pubblicato nel 1925 - in cui è adottato l'escamotage drammaturgico di affidare a due interpreti il ruolo di Clarissa Dalloway. Se Alessandra Ferri è una rapita Clarissa dal tratto solenne, Caterina Bianchi nei panni della donna giovane è la lieve sensibilità inscritta nel flusso temporale. Degno di nota il tessuto coreografico pensato per Septimus ed Evans - ruoli affidati rispettivamente a Timofej Andrijashenko e Claudio Coviello - in cui è concesso ampio spazio "all'irrisolvibile paradosso al cuore dell'esistenza umana - vita e morte, corpo e spirito, granito e arcobaleno" (Uzma Hameed). Con i due primi ballerini è evocata la dialettica del gioco coreografico vissuto nei reiterati abbandoni che palesano la voragine interiore dell'uomo di fronte alla morte.

Becomings, la sezione centrale del balletto, si ispira ad Orlando - romanzo del 1928 - e si impone come una netta ed audace cesura rispetto al momento precedente. Il trascorrere repentino del tempo, il viaggio nella storia, il mutamento di genere e la frammentazione drammaturgica sono vaporizzati, nella creatività di McGregor, con una messinscena da science fiction. I laser che inondano il palcoscenico e la sala del Piermarini sono l'evocazione di un atto coreografico in cui gli scaligeri danno prova di modulare il forsennato movimento nello spazio e nel tempo in bilico tra relativity and plasticity.
L'ultimo segmento - Tuesday - è dedicato a The Waves, il romanzo più sperimentale della scrittrice. Qui infanzia e vecchia, decadenza e rinnovamento vedono il ritorno in scena di Alessandra Ferri in un ciclo vitale che giova della penetrante validità interpretativa di colei che è universalmente riconosciuta come una delle più importanti ballerine drammatiche del nostro tempo. Sullo sfondo di un mare plutonio in questa sezione la coreografia offre spazio alla biografia di Virgina Woolf fino all'evocazione del suo suicidio per annegamento.
Come a Londra anche a Milano al fianco della Ferri troviamo un ballerino d'eccezione: Federico Bonelli, Principal Dancer del Royal Ballet. Alla Scala dà prova di riuscire a modulare sapientemente la vulnerabilità e il lirismo di un ruolo che emerge nell'incessante metamorfosi di una creazione che ha portato McGregor a vincere il Critics' Circle Award come migliore coreografia classica e il suo secondo Olivier Award come "Best New Dance Production".
Alla caducità dell'esistenza umana filtrata dal flusso letterario abbandonato al movimento è dedicato questo lavoro coregrafico che predilige la ricerca della multidisciplinarietà applicata alla sperimentazione nell'arte della danza. Recuperando un breve stralcio tratto dal diario della Woolf si può ritenere che il trittico presentato per la prima volta in Italia - che ha altresì giovato del contributo dei sostenitori della "Fondazione Milano per la Scala, balletto" guidata dal Consigliere Responsabile Margot de Mazzeri - "rende il momento nella sua interezza, qualunque cosa esso includa. Il momento, possiamo dire, è una combinazione di pensiero, sensazione, la voce del mare".

Vito Lentini

Ultima modifica il Domenica, 14 Aprile 2019 21:49

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