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WINTERREISE - coreografia Angelin Preljocaj

Stefania Ballone, Marco  Agostino, Chiara Fiandra e Andrea Risso in “Winterrese”, coreografia di Angelin Preljocaj. Foto Brescia e Amisano, Teatro alla Scala Stefania Ballone, Marco Agostino, Chiara Fiandra e Andrea Risso in “Winterrese”, coreografia di Angelin Preljocaj. Foto Brescia e Amisano, Teatro alla Scala

Coreografia di Angelin Preljocaj
Assistente coreografo: Claudia De Smet
Musica di Franz Schubert
Scene di Constance Guisset
Luci di Éric Soyer
Costumi di Angelin Preljocaj
Con: Antonella Albano, Alessandra Vassallo, Stefania Ballone,
Agnese Di Clemente, Chiara Fiandra, Giulia Lunardi, Benedetta Montefiore,
Marco Agostino, Christian Fagetti, Matteo Gavazzi,
Marco Messina, Eugenio Lepera, Andrea Risso
e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Frédéric Olivieri

Basso baritono: Thomas Tatzl
Pianoforte: James Vaughan
Nuova Produzione Teatro alla Scala
Prima rappresentazione assoluta.
MILANO, Teatro alla Scala, dal 24 gennaio al 9 marzo 2019

www.Sipario.it, 18 febbraio 2019

Lo sconfinato silenzio del tratto malinconico in Winterreise

Come un estraneo sono comparso,
come un estraneo me ne vado.
Maggio mi è stato benevolo,
con qualche mazzo fiorito.

Winterreise, ciclo liederistico su liriche di Wilhelm Müller, Lied 1 "Buona notte"

Il secondo titolo della stagione di balletto del Teatro alla Scala è un nuovo appuntamento del fortunato ciclo di creazioni coreografiche su musica da camera.
Per l'occasione il Piermarini ha accolto la prima assoluta di un nuovo lavoro firmato dal coreografo franco-albanese Angelin Preljocaj modellato sul ciclo di lieder Winterreise di Schubert da cui mutua il titolo. Dopo il debutto nazionale di tre delle sue più acclamate opere (Annonciation, Le Parc e La Stravaganza) Preljocaj, quindi, torna alla Scala con una nuova creazione che si pone in linea con la sua peculiare visione teatrale. I 24 Lieder di Schubert, infatti, si offrono come un'occasione preziosa per il coreografo dal momento che essi divengono territorio privilegiato per uno scandaglio emotivo di approfondimento sull'anima e il tormento romantico: un tema, questo, che si inscrive coerentemente nello sviluppo creativo di un coreografo mai lontano dall'analisi e dall'approfondimento su temi centrali dell'umano esistere.
Un riferimento alla poetica romantica, si diceva, che in questo lavoro emerge nel bilaterale ambito della musica e del testo poetico e che nella prospettiva coreografica guadagna rifrazione e astrazione. Un vettore e una scelta di metodo, quella della rifrazione e dell'astrazione in coreografia, che si apre alla libera interpretazione lungo la graduale, lenta e lacerante via del viaggio d'inverno. Un viaggio che nell'astrattismo romantico non rinuncia a mostrare sulla scena le impressioni e le sensazioni derivate dal continuo senso della morte, della nostalgia, della malinconia e della disperazione che innervano i pensieri affidati ai lieder e recuperati, dunque, anche nel lavoro di Preljocaj.
Su questa cornice drammaturgica Anegl Preljocaj crea un discorso coreografico vissuto in una reiterata modulazione della dinamica del movimento in cui tratti decisi sono alternati a disegni lievi nell'efficace gestione e messa in valore dello spazio scenico. Ad avvalorare tale dialettica coreografica valga il riferimento al placido movimento del sesto lied in opposizione alla vigorosa metamorfosi cesellata sul "chiaro fiume vigoroso" del settimo lied secondo una visione teatrale e coreografica che torna spesso ad impreziosire i cardini della creazione affidata ai dodici danzatori scaligeri.
Un percorso intimo, quello vissuto dal coreografo, strutturato intorno alla suggestione e alla prossimità del dialogo che intercorre fra musica, danza e testo: sotto questo profilo si inscrive, per di più, la scelta del coreografo di adottare la versione originale del ciclo di Schubert per canto e pianoforte. Una versione, questa, che apre nel discorso coreografico irrinunciabili spazi di silenzio incasellati nell'efficace gioco teatrale delle scene di Constance Guissset e delle luci di Éric Soyer.
Impeto, contrappunti e tensione crepuscolare nella scrittura coreografica emergono, dunque, con evidenza nell'intento di manifestare le plurime sfaccettature di quel viandante solitario che alla Scala rivive nei dodici danzatori coinvolti a cui è affidato lo smarrimento esistenziale del protagonista. Un impegno, questo, condiviso e spalmato nella diversità e sensibilità di ciascun interprete nel continuo passaggio di genere dal maschile al femminile.
Cromatismi autunnali, atmosfere cangianti ma accomunate dal nubiloso pensiero dell'amore perduto e l'autenticità di un discorso coreografico vissuto nel turbinio emotivo sono i tratti peculiari di una creazione che si dona al pubblico scaligero come occasione di ascolto, tributo e sguardo sullo sconfinato silenzio del tratto malinconico.

Vito Lentini

Ultima modifica il Lunedì, 18 Febbraio 2019 09:37

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